9. Fashion blogger

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«Ricordami perchè siamo qui» sussurro a denti stretti, facendomi strada fra la gente, stando attenta a non scontrarmi con nessuno.

«Tanto a casa non avevamo nulla da fare» Genelle mi porge un bicchiere di non so che cosa, credo birra dal colore.

«Che festa di merda che ha organizzato Garett» borbotto, facendo un sorso.

«Guarda» Ginni mi indica con un'alzata di capo un gruppo di ragazze sedute sul divano, «Koreen e le sue stronze non potevano non mancare» mi afferra per un braccio, trascinandomi in cucina.

«Questo è uno dei motivi per cui non volevo venire. Speravo di non rivedere più le loro facce» confesso, appoggiandomi al bancone in marmo.

«Santa Monica è un buco. Saremo costrette a vederle per ancora un paio di mesi» si sistema i capelli, chiedendomi il parere con uno sguardo.
Annuisco, sbuffando leggermente.

Avrei sicuramente preferito restare a casa, a guardare un film e strafogarmi di gelato insieme alla mia migliore amica.

Mi sto guardando attorno quando noto Froy correre nella nostra direzione, «I vicini hanno chiamato la polizia» dichiara con il fiato spezzato dalla corsa.

Mi afferra per un braccio senza nemmeno darmi il tempo di reagire, «È l'ora di andarsene» sussurra, facendo lo stesso con Genelle.

La situazione inizia a farsi confusa. Devono averlo saputo anche gli altri.
Ci muoviamo veloci, schivando persone ubriache che non capiscono che cosa stia succedendo.

Siamo sul pianerottolo, pronti a fare gli scalini, quando il suono inconfondibile della sirena della polizia spezza il rumore della musica, facendomi perdere un battito.
La macchina si ferma davanti al cancello della villa, completamente spalancato e non abbiamo il tempo di realizzare, che le persone iniziano a correre, scappando in tutte le direzioni.
I due agenti avanzano, proprio verso di noi, verso di me, che rimango impalata anche quando qualcuno cerca di tirarmi per un braccio.

Sto per voltarmi, per allontanarmi da loro, quando riconosco una capigliatura fin troppo famigliare, che contorna un viso che ho potuto toccare con le mie stesse dita.
Succede tutto così velocemente che in un secondo mi si para davanti, posando una mano sulla mia spalla scoperta, provocandomi un sussulto.
Stringe la mia pelle tra le dita, con forza, senza però farmi male.

Nei suoi occhi vedo stupore, mischiato alla sorpresa e al disappunto nel trovarmi qui.

«Va' via da qui» ringhia ad un palmo dal mio viso, soffiando forte sulle mie labbra secche, «Hai la macchina?» domanda, guardandosi attorno.

Scuoto la testa in segno di negazione, sentendo il cuore battermi forte nel petto.

Non voglio finire in gatta buia.
Giuro che l'erba non l'ho fumata.

«Che cazzo, Amanda» borbotta, infilando una mano tra i ricci, per tirarli leggermente.

Volto la testa a destra e a sinistra, ma di Genelle e Froy nessuna traccia.
Devono essere stati risucchiati dalla massa.

«Vai sulla decima» lascia la presa sul mio corpo, facendo un passo verso la porta della casa, «Aspettami lì. Ti porto a casa» mi lancia un ultimo sguardo prima di voltarsi completamente e sparire all'interno delle mura.

Muovo i piedi rapidamente, stando attenta a non rotolare per terra per colpa del buio.

Maledetta festa.

Afferro il telefono, notando subito delle chiamate perse da Genelle e un messaggio.

Ci mancava solo il telefono scarico.

PATENTE E LIBRETTO, SIGNORINA.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora