Chapter fifty-five

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Ho un ritardo!

Cammino all'indietro, cercando con le mani qualcosa a cui aggrapparmi. Tocco la parete fredda del bagno e mi ci appoggio con le spalle, scivolando giù sul pavimento. Lascio cadere la testa all'indietro, pensando a come sia potuto accadere. Improvvisamente una lampadina si accende nella mia testa. Le ultime volte che io e Travis abbiamo avuto rapporti, non ha mai indossato il preservativo... perché? Ma soprattutto, perché solo ora me ne rendo conto?

Mi passa tutta la mia vita davanti agli occhi, al solo pensiero di essere incinta. Trascorrerò i prossimi anni a cambiare pannolini, preparare pappine e a non chiudere occhio la notte, a causa dei lamenti del neonato. Tutti i miei progetti futuri sono spariti in un attimo, lasciando il posto a responsabilità troppo grandi per me che, però, ho voluto io stessa. È mai possibile che siamo stati così incoscienti? Come abbiamo fatto a sottovalutare una cosa così importante?

Una lacrima bagna il mio viso, immaginando la delusione che procurerò alla mia famiglia quando saprà la notizia. Non voglio già pensare al peggio, però. Si tratta di una settimana, è vero, ma non è detto che io sia incinta. La prima cosa da fare ora è dirlo a Travis e subito dopo compare un test di gravidanza.

Recupero la crema che mi era scivolata dalle mani e mi ricompongo per ritornare dai ragazzi. Ho il cuore in gola e le gambe che sbattono tremolanti una contro l'altra, mentre provo a farmi coraggio per uscire dal bagno. Faccio un respiro profondo e abbasso la maniglia. Non appena apro la porta, però, sento i ragazzi parlare a bassa voce. Mi sporgo in avanti, senza uscire, per sentire meglio.

«Ci ho provato Jack, ma non ha voluto dirmi niente» spiega Travis e dal tono della sua voce capisco che è agitato «Gli ho esplicitamente detto che l'ho sentita vomitare e mi ha rifilato una stronzata per chiudere la discussione».

Smetto di respirare all'istante, sgranando gli occhi incredula per ciò che le mie orecchie stanno ascoltando. La preoccupazione di poco fa, sparisce come per magia.

«Merda Travis, così non va bene» questa volta a parlare è mio fratello, che dà un pugno contro qualcosa «Dobbiamo farla parlare e prendere in mano la situazione prima che sia troppo tardi!»

«Ma tu sei sicuro che si tratti di quello? Non potrebbe essere altro?» prova a chiedere il mio fidanzato.

«È quello, fidati!» esclama esasperato Jack «Ci siamo già passati, finirà per autodistruggersi».

Non ci voglio credere, non può essere vero. Per tutto questo tempo loro due sapevano tutto e stavano agendo alle mie spalle. Le loro voci diventano sempre più lontane, mentre la mia testa inizia a collegare tanti piccoli particolari, arrivando ad una triste consapevolezza. Ora, tutto mi è più chiaro. È questo l'accordo di cui parlava Travis. Hanno entrambi fatto pace con me per compassione, per provare a darmi un aiuto che non ho chiesto, ma che soprattutto non voglio.

La tentazione di vomitare tutto il dolore che sto provando in questo momento è forte, ma allo stesso tempo combatte contro qualcosa di più potente che non riesco a domare: la rabbia. Una rabbia intensa, accecante, che incendia tutto il mio corpo. Sono stata tradita, ancora una volta, dalle due persone che sono più vicine a me. Credevano di essere più furbi e astuti, ma hanno giocato male le loro carte.

Con una sicurezza che non credevo di possedere, spalanco la porta del bagno ed esco battendo teatralmente le mani, mentre li raggiungo. Si voltano entrambi verso di me, visibilmente preoccupati.

«Avete messo su un bel teatrino, lo sapete?» domando, emettendo una risata amara «Credevate davvero di riuscire a prendermi per il culo?» continuo, non lasciandogli il tempo di replicare.

Take me homeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora