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Claire aveva preso il primo taxi per tornare a casa in fretta, liquidando Matt con un messaggio che vantava un improvviso malessere. Tanto Matt era nel meglio della sua ubriacatura, gli avrebbe spiegato
tutto il giorno successivo.

E poi non era una bugia, lei il malessere ce l'aveva sul serio: era alto, riccio e aveva due occhi verdi magnetici. E dopo quello che aveva visto, non voleva restare a quella festa un secondo di più, soprattutto se ciò significava osservarlo strusciarsi addosso a qualche altra ragazza come quella Aurelie come cazzo si chiama - pensò Claire.

Ore 01:10
Da: Harry
Dove sei?

Lèsse il messaggio quando era già nei pressi di casa e lo ignorò.

Ore 01:15
Da: Harry
Claire

Ore 01:15
Da: Harry
Dove cazzo sei?

Immaginava che Harry potesse continuare tutta la notte così spense il telefono. Arrivò a casa e gettò scarpe e borsa in aria, si sentiva così frustata che voleva urlare dalla rabbia.

Lo odiava e odiava ancora di più se stessa per quella reazione sconsiderata che aveva avuto. Scappare da li, scappare da lui era stato da vigliacchi, lo sapeva. E ancora di più spegnere il telefono e sparire in quel modo ma... Era troppo arrabbiata per ragionare e prendere scelte ponderate.

Pochi minuti più tardi - non aveva neanche fatto in tempo a togliersi io vestito e mettersi il pigiama - qualcuno bussò con insistenza alla porta di casa. Claire guardò rapidamente l'ora, erano l' 01:30 del mattino. Intuì all'istante chi potesse essere a quell'ora di notte. Prese un profondo respiro, socchiudendo gli occhi e cercando di recuperare una certa lucidità mentale; poi si avvicinò alla porta d'ingresso senza aprirla e restando in silenzio.

Harry, come se avesse percepito la sua presenza, parlò. "Claire apri". La sua voce era decisa, arrabbiata, impaziente. Senza guardare dallo spioncino, Claire poté immaginarlo distintamente nella sua testa: il completo perfetto che aveva indossato per la serata un po' sgualcito, la cravatta allentata, i capelli arruffati sulla fronte nella quale si passava nervosamente una mano, la mascella contratta, gli occhi rossi di rabbia.

"Claire apri questa cazzo di porta prima che la sfondi a calci" continuò.

"No. Va via, Harry" disse con calma, quando si decide a parlare, chiudendo gli occhi e restando immobile.

"Giuro su Dio che sveglio tutto il condominio se non apri immediatamente questa porta".

"Non mi importa, sveglia pure tutta New York se vuoi, non ti aprirò".

Claire lo sentii distintamente prendere un respiro profondo e sospirare. A quel punto si decise a guardarlo attraverso lo spioncino. Era in piedi con i palmi premuti contro la porta per sostenersi e aveva la testa bassa; con quella posizione non poteva vedere i suoi meravigliosi occhi verdi, ma forse era meglio così, era una vera fortuna - pensò tra sé e sé Claire.

"Mi spieghi perché sei scappata?" disse con tono più calmo, come se fosse sceso a patti con se stesso e avesse capito che urlando non avrebbe ottenuto niente da lei.

"Non sono scappata" mentii. "Ero stanca, volevo andare a casa".

"Non te ne puoi andare mentre parliamo, Claire. Questa cosa mi manda in bestia".

Claire ammise a se stessa che aveva sbagliato. Era stata presa dal nervoso ed aveva agito di impulso. Sarebbe dovuta restare lì a discutere, litigare e urlarsi addosso e invece aveva scelto la via più facile. "Parla adesso".

Harry alzò la testa per fissare la porta chiusa dinanzi a sé. "Così? Attraverso una porta?".

"Si, così".

Sospirò pesantemente, scuotendo il capo e si rimise perfettamente in piedi. "Sei gelosa perché ho passato tutta la sera con Aurelie e abbiamo ballato insieme". Harry pronunciò quelle parole con lentezza, fissando lo spioncino come se fosse l'occhio di Claire. Era una domanda ma l'aveva posta con tono fermo, senza l'inclinazione interrogativa. "Rispondi per favore" aggiunse, non ricevendo senni di assenso dall'altra parte.

Claire si morse il labbro nervosamente, pensando a alle parole da pronunciare. "Si" disse in fine. Essere nascosti dall'altra parte della parere era in qualche modo confortante. Lui non poteva vederla, non poteva scrutarle l'anima con quei due fari luminosi che aveva sul volto. E così Claire poteva arrossire e mangiarsi le mani in libertà senza sentirsi dilaniata in due.

"Perché non me l'hai semplicemente detto?".

"Cosa dovevo dirti?".

"Che ti dava fastidio".

"Mi da fastidio. Contento ora?".

"Avremmo potuto evitare gran parte di queste stronzate se l'avessi detto prima".

"Le avremmo evitate anche se tu non avessi strusciato i tuoi genitali contro il culo di quella francese".

Harry sorrise divertito mentre ascoltava le sue parole taglienti. "Ok. Touché". Alzò le mani in senso di difesa. Effettivamente doveva ammettere a se stesso che si era comportato in quel modo senza un reale motivo. Quella Aurelie gli stava sempre appiccicata ad ogni evento in cui la incontrava, se la ritrovava ovunque, con le sue gonne troppo corte e i suoi modi disinvolti. A Harry non piaceva nemmeno particolarmente perché era evidente che lei volesse solo farsi fotografare in giro con lui e far chiacchierare qualche settimana i giornali scandalistici su una loro presunta storia. C'era stato un periodo della sua vita - quando era più piccolo e più inesperto - durante il quale quelle circostanze gli erano piaciute molte e aveva sfruttato il suo nome e la sua popolarità a suo vantaggio: non era mai tornato a casa senza una ragazza e di solito erano sempre diverse.

In parte era ancora così, adorava la sua popolarità e ne faceva sfoggio ma aveva capito che era più divertente la caccia, il rischio, il mettersi in gioco, piuttosto che trovare il piatto servito caldo in tavola in attesa di un fotografo che immortali il tutto. Aurelie - assieme alle tante altre che lo circondavano a quegli eventi mondani - era quello; Claire era tutto il resto.

Decise che valeva la pena ammettere i suoi errori con una come lei. "Mi dispiace. Non mi sono... reso conto. Non sono abituato a queste cose ok?" ammise lui, continuando il discorso dopo una pausa di riflessione. "Adesso puoi aprire la porta, Claire? Per favore".

E Claire lo fece. Aprii la porta e lo fissò severa, tenendo le braccia incrociate al petto. Indossava ancora il vestito per la serata ma era scalza e aveva sciolto i capelli sulle spalle. "Intendi dire che non sei abituato a non strusciarti contro il culo di ragazze a caso alle feste?".

"Anche" rise lui, umettandosi le labbra con fare lascivo. "Ma principalmente intendevo dire che... non sono abituato a dovermi preoccupare di ferire una persona con questo mio gesto".

"Non mi hai ferito" ribattè Claire, piccata.

"Stai zitta, vieni qua". Harry la tirò a sé e la baciò, era stanco di tutti quei giochetti. L'aveva desiderata tutto il giorno e la desiderava ora più che mai, soprattutto vedendo quella espressione accigliata che non vedeva l'ora di far sciogliere in un grido di piacere.

"Sono ancora arrabbiata" mormorò lei, contro le sue labbra. Ma in verità non lo era più. Sentiva solo il cuore battere ovunque nel suo corpo, dalla testa ai piedi.

"Vediamo come posso farmi perdonare". Harry chiuse la porta alle sue spalle con un calcio, senza separare i loro due corpi.

THE APPLE OF MY EYES [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora