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"Non posso crederci che tu mi stia dicendo questo".

Il tono di voce di Claire era alterato mentre percorreva velocemente i corridoi del 36esimo piano per arrivare al suo ufficio; alterato come quando una persona vuole disperatamente urlare e si trattiene con tutte le sue forze.

"Smettila di giudicarmi e cerca di capirmi".

La voce dall'altra parte della telefono era fredda, distaccata. La stessa voce che solo pochi giorni le aveva promesso amore eterno.
Claire entrò nell'ufficio e chiuse la porta alle sue spalle con troppa forza, provocando un rumore sordo.

"Non ti sto giudicando! Sto cercando di capirti, ci sto provando Aaron!! Ma tu...".

Dall'altra pare del telefono, Aaron la interruppe, sovrastandola con un tono di voce apatico che non gli apparteneva.

"A me sembra di no. Continui a volere spiegazioni che non so darti adesso. È così e basta".

Claire restò in silenzio, immobile al centro del piccolo ufficio. Chiuse gli occhi per qualche secondo cercando di metabolizzare quelle parole e reagire in maniera matura.

"Lascia perdere, Aaron. Fa quello che vuoi" rispose, con tono di voce fintamente pacato. Poi butto giù il telefono prima che il ragazzo dall'altra parte della cornetta potesse ribattere qualcosa.

Claire si sentiva esausta, aveva passato le ultime due ore a cercare di comprendere qualcosa di incomprensibile.
Aaron, dopo due anni di relazione aveva deciso di prendere una pausa da lei. E l'aveva fatto come un ragazzino di 12 anni: senza affrontarla, con un bigliettino lasciato sul tavolo da pranzo la notte prima della sua partenza per San Francisco.

La verità è che per Claire la notizia era stata un vero fulmine a ciel sereno. Nemmeno un mese prima Aaron aveva firmato il contratto con una nota società informatica della Silicon Valley e si sarebbe trasferito lì per lavoro. Lei aveva accettato la cosa con tranquillità, era il suo sogno ed era entusiasta per Aaron. Inoltre, era sicura che sarebbero riusciti a trovare un equilibrio. Nei giorni prima della partenza, lui le aveva giurato amore eterno, aveva pianto e si era disperato. E invece quella mattina Claire si era svegliata ed aveva trovato un biglietto striminzito in cui lui la chiedeva una pausa con tre parole.

Claire mosse qualche passo verso la sua scrivania.
"Fanculo" mormorò a se stessa, restando in piedi e poggiando entrambe le mani sulla scrivania per sostenersi.

Pochi istanti dopo, sentii bussare alla porta.

"Non ora" disse con tono deciso, senza alzare lo sguardo.

"Già non sono abituato a bussare, figuriamoci se puoi impedirmi di entrare".

Claire riconobbe la fastidiosa voce di Harry senza dover alzare lo sguardo su di lui. Socchiuse gli occhi lentamente e sospirò.

"Harry, non è davvero momento".

"Questo l'ha capito tutto il 36esimo piano e forse anche su al 37".

"Eppure tu sei qui e mi stai importunando" rispose inacidita, alzando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto mentre restava in piedi dall'altra parte della scrivania.

Harry ignorò la sua espressione e il suo tono poco ospitale ed entrò nell'ufficio. "Sono venuto a vedere contro chi urlavi".

"Non ti interessa".

"Non puoi saperlo".

"Invece lo so, non ti interessa" ribatté lei, sostenendo il suo sguardo.

"Mettimi alla prova".

Claire lo osservò per qualche istante, indecisa su come comportarsi. "Il mio fidanzato stanotte mi ha chiesto una pausa" disse sicura, senza dare un reale tono alle sue parole.

"Non vedo nessun anello al tuo dito" commentò Harry, indicando con il capo la mano sinistra della ragazza.

"Il mio ragazzo" si corresse, alzando gli occhi al cielo.

"Monogamia... che noia mortale". Harry sbuffò, incrociando le braccia al petto.

"Appunto, non ti interessa, adesso puoi per favore...?".

Ma Harry la interruppe prima che potesse invitarlo a lasciarla sola in modo antipatico. "E perché ti ha chiesto una pausa?".

"Era questo che cercavo di capire mentre urlavo per i corridoi" borbottò lei. "Beh... se dovessi tirare ad indovinare: perché ha appena firmato un contratto di lavoro a San Francisco e prima ancora di partire ha capito che non vuole gestire una storia a distanza".

"Se dovessi tirare ad indovinare: a me sembra un coglione questo tipo" commentò Harry con espressione contrariata.

"Grazie, il tuo parere mi è davvero molto d'aiuto" esclamò Claire ironica, lasciandosi cadere sulla sedia alla sua scrivania e rivolgendo lo sguardo al pc.

Harry restò in silenzio a fissarla per qualche istante, poggiato con una spalla allo stipite della porta. Claire cercava di ignorare il fatto che lui fosse ancora li, senza proferire parola, con lo sguardo puntato su di lei. Si sentiva troppo nervosa per essere razionale e la sua presenza le metteva ulteriore agitazione.

"Vorresti migliorare la tua giornata venendo a prendere un caffè con me? O forse meglio una camomilla". Harry prese una pausa per osservare la reazione della ragazza alla sua richiesta.  Claire stacco gli occhi dal pc e gli lanciò un'occhiata di fuoco.
"Guarda che offro io" aggiunse il ragazzo, umettandosi le labbra prima di mostrare un sorriso divertito.

"Grazie, come se avessi accettato, Harry. A differenza tua qui dentro qualcuno deve lavorare" rispose la ragazza, tornando a fissare il pc indispettita.

"Antipatica" mormorò sottovoce lui, in risposta, alzando gli occhi al cielo. "Beh allora ciao".

Si voltò per andarsene pensando che quella ragazza era davvero impossibile. Neanche quando provava a fare qualcosa di minimamente gentile, senza doppi fini e senza malizia, riusciva a comportarsi naturalmente.
"Claire?" mormorò Harry di impulsi, richiamando l'attenzione della ragazza mentre aveva già un piede sulla soglia della porta. Lei si voltò verso di lui, con una smorfia annoiata sul viso e notò che Harry aveva assunto una espressione stranamente seria. "Non sono certo un esperto di relazioni sentimentali, tanto meno a distanza ma... direi che uno che ti lascia con un bigliettino, senza neanche provarci... forse non ne vale la pena".
Ed uscì, prima che Claire potesse ribattere qualsiasi cosa.

***

Mezz'ora dopo, qualcuno bussò nuovamente alla porta dell'ufficio e Claire sbuffò sonoramente.
Non riusciva minimamente a concentrarsi, stava fissando il foglio davanti a se da almeno 10 minuti buoni, rileggendo sempre lo stesso periodo senza comprenderne il senso.

"Avanti" bofonchiò con malumore.

Una ragazzina minuta faticò ad entrare dalla porta spingendo un enorme carrello in acciaio.
"Signorina Brooks? Devo consegnare la colazione".

Claire la guardò interdetta, fece il giro intorno alla scrivania e si avvicinò a lei. "Ci deve essere un errore. Io non ho ordinato..." mormorò, con espressione accigliata.

"Signorina Claire Brooks, stanza 16, piano 36?".

Claire annui distrattamente, mentre fissava il suo sguardo sul carrello che la ragazza trascinava. Era una colazione per almeno 10 persone: Claire contò almeno 4 tipi di caffè, un cappuccino, succhi, del the, forse una camomilla e qualsiasi cosa un bar potesse proporre da mangiare, dal dolce al salato.
Al centro del vassoio, poi, spiccava un bigliettino ripiegato in due, con una frase scritta a penna.

Il messaggio recitava:
Con i bigliettini si inviano le colazioni
H.

THE APPLE OF MY EYES [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora