Capitolo 14.1

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            Viaggio

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            Viaggio

La macchina di Mirko profumava di pino silvestre e sapone. Era un profumo di libertà, che rievocava sconfinate distese verdi e corse a perdifiato nella natura. Eravamo diretti al nord da due ore, ma ancora non mi ero abituata a sentirlo come se fosse una parte nuova di me.

Lui aveva lo sguardo fisso sulla strada, e solo ogni tanto, si voltava di lato per vedere se ero sveglia o se riposavo.

A causa della disattenzione di mia sorella, eravamo partiti nel pomeriggio, più tardi di come ci eravamo accordati. Giulia avrebbe dovuto venire a pranzare da noi, invece non si era presentata, e non aveva neanche avvisato. Ero stata io a cercarla al telefono, e da come mi aveva risposto, avevo avuto la sensazione che se ne fosse dimenticata.

Il mio cellulare era intasato dai messaggi di Nadia, l'ultimo dei quali affermava: "Ormai tu e Mirko state insieme". Rialzando gli occhi sul ragazzo, sghignazzai all'idea, e scrissi: "Non ce lo siamo ancora detti". La sua risposta arrivò subito: "Non prendermi in giro, fate pure i weekend romantici".

Avrei trascorso la domenica e parte del lunedì con un ragazzo per cui avevo un'attrazione corrisposta, in un posto a quasi duecentosettanta chilometri da Milano, su quello non potevo più ribattere, per cui mi limitai a scrivere: "Incrocia le dita per me".

Il cielo era una distesa blu scuro puntellata di luminose stelle, quando arrivammo a Ville D'Anaunia, il comune sparso in cui erano stati accorpati alcuni piccoli paesi, tra cui Tuenno.

Case moderne e antiche erano allineate in un solitario borgo montano, rifugio per turisti ed esploratori, che per la sua posizione nella valle e il suo modesto numero di abitanti dava l'impressione di essere sospeso nel tempo.

Fuori dall'auto, l'aria era gelida, di sicuro sotto lo zero; portai la valigia fino alla porta d'ingresso, inspirando l'odore di mucche e di erba falciata mista a ghiaccio.

Il tetto della baita era coperto da uno strato di neve, doveva aver fioccato giorni prima, ma il viale era stato ben pulito e sgombrato.

Mirko si girò verso di me e senza preavviso, mi baciò con un calore che mi fece sciogliere tra le sue braccia, anche se non eravamo ancora al caldo di un camino.

«Questo per che cos'era?» sussurrai.

«Per il nostro primo soggiorno fuori città», rispose, facendomi il segno di entrare prima di lui.

«Grazie.»

Accese la luce e io mi guardai intorno, entusiasta come una bambina alla vista di un ordinato salone con divano e poltrone chiare, parquet, e pareti in pietra, con altre tre stanze, cucina, bagno, camera da letto, e dentro a essa, una rampa di scale a chiocciola che portava al piano superiore.

«E' stupenda», dissi, osservando nel dettaglio quel confortevole ambiente.

«E' piccola, ma ha tutto il necessario», disse, in tono modesto. «Mia madre abita con il nuovo compagno in un'altra casa dalla parte opposta del paese, ma sapendo che ti ho invitato qui, ha pulito e sistemato un po' di cose, tra cui il frigo.»

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