Capitolo 23.1

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Seguii Giulia sulla passerella dell'Highline, camminando, estasiata, sui tetti della Galleria Vittorio Emanuele II.

Si vedeva la città dall'alto lì, si percepiva il suo trambusto, senza venirne disturbati. Era un percorso panoramico, per trascorrere una mattina diversa.

A un certo punto, Giulia si appoggiò alla ringhiera e guardò il cielo sopra di lei, azzurro, immenso.

«Infinito», disse, di getto, quasi si sentisse poco a suo agio con quella parola.

«Sì, il cielo oggi pare infinito», concordai, fermandomi al suo fianco con la testa in su, a guardare le poche nuvole bianche su Milano.

«Infinito», ripeté ancora a sé stessa, e io spostai lo sguardo su di lei, vedendola persa in riflessioni.

«Come il bene che ti voglio.» conclusi apertamente, con un largo sorriso che cercava di mettere da parte le difficoltà tra noi.

Giulia trasalì, e si voltò verso di me con un'espressione stupita.

«Che cosa hai detto?»

Io rimasi sulle mie alcuni istanti, incerta, poi le risposi: «Ho detto "come il bene che ti voglio".»

«Sofia, credo... credo di ricordare qualcosa», disse, portandosi le dita alle tempie.

La speranza si riaccese in me come una scintilla dalla più totale rassegnazione.

«Che cosa?» le chiesi, palpitante. «Che cosa ricordi?»

«Io e te che parliamo», rispose subito. «Ti sto per salutare, perché...perché credo che mi sto per trasferire a Torino.»

Sapevo a che cosa si stava riferendo, ma non riuscii a far altro che annuire, con le lacrime che iniziavano a pungere gli occhi.

«Tu sei preoccupata, ma io ti dico che non devi esserlo», la lasciai proseguire. «Non devi esserlo, perché per me non fa differenza se abitiamo in città diverse. Il bene che ti voglio è infinito. Infinito!» Si fermò un istante, poi si accertò: «È... è vero?»

«Sì.»

Un bene infinito.

«Ora me lo ricordo», rimarcò, tornando a guardare il cielo sereno, più rilassata.

Feci crescere quella piccola speranza, e Milano dall'alto della sua più famosa Galleria mi sembrò all'improvviso il tetto del mondo. Un tetto incastonato d'oro e di diamanti, sul quale due sorelle avevano appena iniziato a ritrovare loro stesse.

Vagai con lo sguardo, e sulla passerella dietro di noi notai due visi conosciuti che prima non c'erano. Due giovani orientali ci fissavano a distanza, tra i vari turisti.

Miri e Shian Zhao.

Sorrisero, amichevoli, ma il loro sorriso ebbe lo stesso qualcosa di inquietante.

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