13# Cleistocactus strausii

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Scarlett POV:
Ero al poligono come anticipato ai ragazzi quella mattina e nel mezzo della simulazione mi arrivò una chiamata da Hotchner.
«Pronto?» dissi mentre poggiavo la pistola nella fondina.
«Scarlett, ho bisogno che tu venga in ufficio, il prima possibile!» mi disse Aaron.
Accettai, mi cambiai e mi avviai subito verso l'ufficio.
Quando arrivai, entrai in sala e tutti mi guardarono in maniera sospetta. Cosa stava succedendo?
Dopo qualche minuto di silenzio entrò in sala il direttore dell'FBI, Erin Strauss. Non l'avevo mai conosciuta in persona, ma avevo sentito dire che se voleva, poteva essere molto problematica.
Rivolsi uno sguardo in cerca di spiegazioni ai miei colleghi. Capii che probabilmente dovevo fare rapporto riguardo l'accaduto con Marco, ma non capivo perché non avessero aspettato il mio rientro, in fin dei conti ne avevo già mandato uno preliminare.
«Agente Rodriguez, è un piacere incontrarla. Sono la direttrice Erin Strauss.» mi disse porgendomi la mano. Ricambiai il saluto.
«Suppongo si starà chiedendo perché questa convocazione così repentina!» continuò.
«Si signora!» risposi incuriosita.
«Come ben sa, qualche giorno fa grazie al suo aiuto e al lavoro della squadra è stato arrestato, quello che risulta essere il suo ex fidanzato, Marco Guitierrez, per il suo tentato omicizio e stalking e per l'omicidio della sua partner Jennifer e di suo marito Sam.» iniziò ad introdurre la motivazione della mia chiamata, nonostante avessi già immaginato che riguardasse lui.
«Si signora!» risposi ripetendo sempre le stesse parole. Onestamente finchè non avevo tutto chiaro non sapevo che dire.
«Bene, risulta che sull'arma del delitto non siano state trovate le sue impronte digitali.».
In quel momento mi crolló il mondo addosso. Cercai di ricompormi o almeno non darlo a vedere e continua ad ascoltarla. «Ora.... so che abbiamo abbastanza materiale per arrestarlo, ma non per tutti i delitti da lui commessi.»
iniziò a spiegarmi ma poi prese una pausa.
«Dove vuole arrivare?» le chiesi.
Reid si avvicinò a me e mi prese la mano. Subito dopo si avvicinò Derek e mise la sua mano sopra la mia spalla.
«Il signor Guiterrez ha patteggiato di confessare solo e soltanto se è lei a parlarle e se gli concede una chiacchierata!» concluse. Fu il colpo di grazia  per me quella frase detta della Strauss.
Strinsi la mano a Reid, lo guardai e lui non mosse ciglio, semplicemente ricambió lo sguardo. Mi girai verso Derek e fece la stessa cosa.
«Entro quando devo darle risposta?» chiesi alla direttrice.
«Entro un'ora!» rispose.
«Entro un'ora?!» risposi infuriata.
«Signorina si calmi, e si ricordi che in questo caso prima di essere una vittima lei è un agente di questa unità!» rispose a tono la Strauss.
«Vorrei parlare con la mia squadra se non le dispiace!» le dissi a mia volta io con un tono rigido e autoritario.
Andò via.
«Cosa pensate debba fare?» chiesi non appena la Strauss uscì dalla porta.
Tutti, con parole diverse mi dissero di fare quello che mi sentivo. Tutti, tranne Reid, lui non disse niente.
«Scendo fuori a fumarmi una sigaretta e a schiarirmi le idee.» dissi agli altri avvertendoli che sarei stata fuori per un po'.

Uscii ed andai ad un parco subito dietro il Bureau in cui mi sedetti ad una panchina, mi accesi una sigaretta e iniziai a fumare. Non stavo realmente pensando perché non riuscivo a concentrarmi, consapevole che da lì a cinquanta minuti avrei dovuto dare una risposta.
«Posso?» disse qualcuno alle mie spalle.
Era Reid.
Mi tolsi gli auricolari per rispondergli ma nel mentre lui ripetette la domanda: «Posso sedermi?».
Non gli risposi, ma gli feci semplicemente spazio sulla panchina.
Lo guardai fisso aspettando che mi dicesse qualcosa, supponevo fosse venuto lì al parco appunto per questo. Lui tolse fuori un libro dalla tracolla di pelle color cammello, e iniziò a leggere.
Io lo fissai per qualche altro secondo e poi ripresi ad ascoltare musica. Stemmo ognuno per le sue per circa quaranta minuti.
«Sai cosa è una Cleistocactus strausii?» mi chiese Spencer interrompendo il silenzio.
«So che è un pianta, ma non di più. Durante scienze dormivo in accademia!» gli risposi sorridendo.
Sorrise!
«Mi ricorda te!» aggiunse al sorriso.
«Ti ricorda me?» chiesi incuriosita.
«É originaria della Bolivia e Argentina, come te, ed è conosciuta anche come cactus lanoso, per la "chioma" argentea, costituita in realtà da sottili spine biancastre. Può sembrare strano, ma questa pianta del deserto sopravvive anche a temperature rigide, fino a -10 gradi centigradi.» mi spiegó.
«Perchè ti ricorda me?» lo interruppi.
«Perché tu stai affrontando i tuoi -10 gradi in questo momento. Ma la cosa più bella è che la Cleistocactus strausii cresce fino ad una altezza di tre metri, e a fine estate si adorna di cilindrici fiori rossi..» mi sorrise e terminó dicendo: «... non puoi lasciare che Marco non ti lasci crescere. È quello che sta facendo. Affronta questi -10 gradi e continua a crescere e germogliare.» concluse.
Lo abbracciai! «Condurrai tu l'interrogatorio finché non mi sentiró sicura abbastanza?» gli chiesi.
«Certo!».
Ritornammo in ufficio. Durante il ritorno avevo pensato di abbracciarlo più e più volte, ma mi ero trattenuta.
Era una persona costante, di poche parole. Ma non c'era bisogno di nessuna parola perché per tutto questo percorso mi aveva tenuto la mano, non andando mai via, come tutta la squadra.
«Deciso?» mi chiese la Strauss appena rientrammo.
«Portatelo qui!» risposi.

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