37# Chiavi di casa

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SPENCER REDI POV:
Il viso di Scarlett divenne cupo non appena mise la lettera sul tavolo.
«Non ti ho mai parlato della mia infanzia, vero?» disse Scarlett.
Risposi di no con il capo.
«Come sai sono nata e cresciuta in Italia. Mio padre era Argentino, mia madre invece italiana. Del sud Italia!» iniziò a raccontare Scarlett.
«Calabria, vero?» risposi io.
Lei annuì e continuò a raccontare.
«Esatto! Ho un fratellastro in Argentina e due bellissime di nipoti di 18 e 15 anni. Sono il tesoro più grande della mi vita. Ma non è questo il punto. Mio padre andò via di casa quando avevo dieci anni, persi i rapporti con lui e alle porte dei miei 18 anni morì. Mio padre non rese la vita facile ne a mia madre, tanto meno a me. Veniva da una realtà difficile, ed era affetto da disturbo da stress traumatico. Ovviamente ai tempi non lo sapevano ne io e mia madre, e il suo atteggiamento era semplicemente quello di un padre assente e spesso ubriaco. Mio padre si ammalò... cirrosi epatica. Karma oserei dire. Poco prima di morire mi scrisse questa lettera!».
Lo sguardo di Scarlett era triste, nostalgico e fissò la lettera per tutto il tempo.
«Questa lettera arrivò in Italia qualche anno fa, suppongo si fosse persa e la spedirono soltanto quando la ritrovarono. Mia madre decise di non aprirla e la spedì direttamente a me in Messico. Il rapporto con mio padre da quando andò via fu sempre più marginale, finché durante la pubertà non iniziai ad odiarlo. Sai come funziona, 16 anni, sembra che il mondo sia contro di te in tutto e per tutto. Creai una sorta di rifiuto soltanto all'idea di avere un padre, nonostante mia madre dopo tutto ciò che aveva affrontato a causa sua, mi esortava di tanto in tanto di dargli modo di spiegarsi, di parlare. Non gli diedi mai modo!».
Il viso di Scarlett era rigato dalle lacrime che non riuscì a trattenere.
Decisi quindi di prenderle la mano, farla alzare e interrompere per un momento il discorso.
«Balliamo?» le chiesi.
«C-cosa?» rispose accennando un sorriso tra le lacrime. Si alzò, mise una canzone sudamericana, credo fosse cumbia, e iniziammo a ballare. La canzone era ritmata, bella, ti lasciava immaginare i bellissimi colori della natura del Sudamerica, ma i nostri corpi invece decisero di non seguire il ritmo.
Eravamo semplicemente in piedi, abbracciati a muoverci su noi stessi.
«La ballavo quando ero piccola con mio padre!» disse Scarlett spezzando il silenzio di quel ballo.
Allontanai il mio viso dalle sue spalle, la guardai, le spostai il ciuffo di capelli che le copriva il volto delicatamente e la baciai.
«Mi insegnerai a ballarla, vero?» le dissi sorridendo.
Le strappai un sorriso e mi sentivo soddisfatto, come se avessi raggiunto la mia missione.
Alla fine della canzone lei mi prese la mano, con la sinistra prese la bottiglia di vino e i due calici e ci dirigemmo verso il divano.
Riempì i calici e riprese il discorso.
«Questa lettera arrivò in Messico, solo che non lo sapevo!» continuò.
Istintivamente il mio sguardo espresse confusione.
«Marco l'aveva presa è nascosta! Quattro giorni fa sarebbe stato il nostro anniversario. Me ne ero totalmente dimenticata, come mi sono dimenticata di lui in questi mesi. Al tornare da San Francisco dopo un caso, mi sono trovata questa lettera all'interno di una busta per lettere del carcere penitenziario in cui si trova Marco. Sopra la busta c'era scritto "Buon anniversario!". Non era firmata, quindi non capivo. Capii solo quando aprii la lettera!» disse. Prese una pausa di qualche secondo e poi esclamò: «È per questo che voglio cambiare casa. Con il tempo avevo fatto pace con me stessa per non aver perdonato mio padre, con il tempo avevo imparato a convivere in quattro mura che mi ricordavano di essere responsabile per la morte di Jennifer. Ma dopo questa.. io.. io..» Scarlett scoppiò a piangere.
L'abbracciai forte a me.
«Ho una settimana per trovare casa, e.. con il lavoro.. non riesco a trovare il tempo!» disse riprendendosi dalle lacrime.
«Trasferisciti nel frattempo a casa mia!» risposi.
«Cosa?» rispose incredula Scarlett.
«Io starò via per altri 45 giorni, poi tu verrai qui per due mesi. Sono 105 giorni di tempo per trovare casa!» le spiegai mentre cercavo le chiavi di casa nella tracolla.
Gliele porsi e aggiunsi: «Quando torno guadagneremo tanto tempo insieme tra l'altro!».
«Sei consapevole che dovrò portare scatoloni su scatolone e che non troverai niente come prima quando tornerai?» rispose Scarlett mentre aveva le chiavi di casa mia in mano.
«Si, e appena torno metterò a posto!» le risposi sorridendole.
Lei era così incredula che rimase a fissare le chiavi di casa in mano per cinque minuti senza fiatare.
Poi d'un tratto chiuse la mano con dentro le chiavi e se le porto al cuore.
Quello era un "Grazie", ma non aveva molte parole.

Tutto d'un tratto spinse il mio torace verso lo schienale del divano, si alzò e poi si sedette sopra di me a cavalcioni.
Prese il mio viso tra le sue mani e mi baciò appassionatamente.
Io incrociai le mia braccia dietro la sua schiena per tenerla stretta a me.

«Dr. Reid, lei è il miglior ragazzo di tutti i tempi!» esclamò Scarlett.
La guardai per qualche secondo e perdendo il controllo di ogni parte del mio corpo la baciai nuovamente.

Ciao raga, mi scuso tantissimo per non aver postato in questi giorni ma ho lavoratoooo ed é stato súper impossibile per me pubblicare!
Spero capiate e che vi piaccia questo capitolo.
Il prossimo sarà un po' 🔞🔞🔞🔞🔞

Let me know cosa ne pensate! Ciao ❤️

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