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E' la seconda volta in tre mesi che Francesco si trova di fronte ad un campanello, senza avere il coraggio di suonarlo. Questa volta è tutto diverso, però, perché sono le undici di mattina, Francesco indossa una maglietta a maniche corte di Tommaso e, nel tragitto da Milano a Bergamo, non ha fatto che ripetersi nella testa il discorso che si è preparato, anche se già sa che poi lo cambierà completamente perché finisce ogni volta per improvvisare. Anche quando conduce, la maggior parte delle battute che fa non se le è preparate prima, ha sempre preferito la spontaneità alla recita – il che è abbastanza buffo, visto che ha recitato un copione per praticamente tutta la sua vita.

Sono state quarantotto ore semplicemente assurde, questa è la verità. Prima le parole di sua madre, il coraggio di rivelarle finalmente la verità, il loro abbraccio sentito e vero. Poi Tommaso, le cose che si sono detti, le promesse che si sono fatti solamente guardandosi negli occhi. Anche il bacio che non si sono dati è stato paradossalmente perfetto, perché è stato la dimostrazione che vogliono entrambi fare le cose per bene e costruire davvero qualcosa di bello.

Francesco sfiora la maglietta che indossa, che ha rubato dall'armadio di Tommaso quella mattina. Hanno dormito nello stesso letto, senza sfiorarsi nemmeno per sbaglio, perché entrambi sapevano che non sarebbero più riusciti a fermarsi, se solo si fossero toccati. Ma va bene così, perché hanno parlato tutta la notte, di tutto, hanno riso, si sono scambiati altri pezzetti delle loro vite.

Ed è assurdo come sia stato Francesco Oppini per trentotto anni della sua vita e poi, in quarantotto ore, abbia deciso di essere semplicemente Francesco, quel Francesco dal sorriso un po' storto, libero, leggero, spiritoso, se stesso. Quel Francesco che non riesce a nascondere l'affetto e il sentimento che lo lega a questo giovane uomo, che occupa i suoi pensieri ventiquattro ore al giorno, così piccolo e così grande allo stesso tempo. Quel Francesco che merita di essere mostrato a tutti, che merita di esistere, semplicemente.

Quel Francesco che anche Cristina deve conoscere.

Così respira a fondo e suona il campanello. Cristina lo stava probabilmente aspettando, dal momento che Francesco le ha scritto verso le sette del mattino che sarebbe passato da lei per parlare, perché apre il portone senza nemmeno chiedergli chi è.

E' un po' un déjà-vu, Francesco ha il cuore che batte a mille e le gambe che tremano, mentre sale le scale.

Cristina ha socchiuso la porta, Francesco la spinge in avanti e si trova improvvisamente dentro all'appartamento di lei. I ricordi gli piombano addosso di colpo: il divano dove si sono detti ti amo per la prima volta, la foto appesa all'ingresso che hanno scattato in Sardegna, due estati prima, la piastrella rovinata a causa di quel vaso che si era rotto, mentre cercavano di indietreggiare verso la camera da letto, al buio.

Non è mai facile lasciare qualcuno che ha fatto così tanto per te, qualcuno a cui vuoi comunque un bene dell'anima, nonostante tutto.

Dopo aver fatto scorrere gli occhi su tutto il salotto, Francesco li posa su Cristina, che è appoggiata allo stipite della porta della cucina. Lei lo stava già fissando, con gli occhi attenti messi in risalto dal mascara. E' vestita come se stesse per uscire.

"Ho fatto il caffè" è quello che lei gli dice, senza nemmeno salutarlo. "L'hai già bevuto stamattina?"

"Sì" le risponde Francesco, seguendola in cucina. "Ma sai che ne bevo volentieri un altro."

Lei gli dà le spalle, versa il caffè in due tazzine, poi glielo mette di fronte. Si siede davanti a lui, la testa alta, i capelli sciolti. Francesco la guarda e le sembra una sconosciuta: è possibile condividere anni della tua vita con una persona e poi sentirsi come se nemmeno la riconoscessi più?

Sempre un po' di me su di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora