Stephen, se penso a lui non posso neppre adesso fare finta di non sentire nulla per lui. L'ho amato. É stato il mio primo grande amore: un amore che mi ha distrutto e che ha risucchiato fino all'ultima goccia ogni mia speranza di un futuro migliore. Quel giorno non andai a scuola; andai con il mio angelo protettore a prendere un frullato e per la prima volta dopo anni mi concessi mezzo frullato alla vaniglia. Ovvero tutto quello che poteva contenere il mio stomaco di anoressica. Con lui al mio fianco non mi sentii in colpa e non stetti a calcolare per quanti chilometri avrei dovuto correre per bruciare la bibita; mi sentivo bella e apprezzata per la prima volta. "Perché l'hai fatto?" gli chiesi ma lui non mi rispose mai a questa domanda, neanche ora, con il senno di poi so con certezza perché lo fece. Ma qualunque fosse la ragione mi devastò completamente. Passammo tutta la notte insieme, abbracciati nel suo letto e solo ora mi chiedo con quale stupidità lo feci. Non lo conoscevo minimamente eppure mi gettai tra le sue braccia come una stupida bambina che é stata senza affetto troppo a lungo. Non tornai a casa per tre giorni, non andai neppure a scuola e cominciai a vivere in funzione diStephen. Passavamo le giornate a conoscerci, il poco tempo che passavo a casa stavo attaccata al cellulare e l'unica cosa di cui posso veramente ringraziarlo é quella di avermi fatto ricominciare a mangiare. Con le settimane cominciai a prendere peso e fiducia in me stessa, Stephen fu la mia prima volta. In tutti i sensi: aveva pieno potere su di me e sul mio corpo. Io gli lasciavo fare qualunque cosa di me, mi sentivo la sua ombra. Tutto quello che faceva mi sembrava oro colato, quando parlava sputava perle e non normali parole. Una notte però mi portò in un locale, mi ubriacai per la prima volta e stetti così male che giurai di non farlo mai più. Ma la cosa cominciò a ripetersi; ogni sera io e Stephen giravamo per locali e piano piano ci feci l'abitudine a bere fino a non ragionare più e cominciai a non vomitare più tanto spesso. Non mi sembrava più tanto bruciante la vodka, il gin era solo gazzosa e il rhum scendeva nel mio stomaco senza lasciare traccie. Passavo tutta la notte a ballare e man mano che passavano i mesi l'alcol non mi bastava più; non riuscivo più a sballarmi con le semplici bevande alcoliche e chiesi a Stephen se sapesse procurarmi qualcosa di forte. Lui mi sorrise e mi spiegò che il suo lavoro era quello di vendere droga e che non aspettava altro che io mi aggregassi a lui. Provai la prima volta con dello scoop. Se lo prendessi adesso, dopo che il mio corpo si é abituato a molte altre cose, probabilmente riuscirei a rimanere sobria. Ma a quel tempo lo scoop mi fece andare fuori di testa: mi scopai almeno quindici ragazzi di cui alcuni mi pagarono anche. Lo scoop é infatti conosciuto come una droga sintetica che annulla ogni freno inibitorio; non ricordi neanche più se sei maschio o femmina quando non ci hai ancora fatto il callo. E così il mio modo per pagare le bollette e aiutare la mia famiglia a sopravvivere divenne quello di lavorare come prostituta. Stephen non si oppose, "Non sono una persona gelosa" disse. In realtà ogni volta che io finivo a ruzzolare con un ragazzo quello poi si rivolgeva a lui per qualche droga sintetica. Non era neppure un grande spacciatore: dava solo delle schifezze chimiche, la roba importante non la teneva. Era troppo pericolosa.
Purtroppo dopo alcuni mesi mi resi conto che queste porcherie che Stephen mi rifilava non mi facevano quasi più effetto, mi ero troppo assuefatta e quindi gli chiesi di procurarmi qualcosa di pesante: eroina, cocaina...volevo qualcosa di forte e che mi facesse dimenticare persino il mio nome. Stephen mi procurò della cocaina. Inizialmente anche questa droga mi fece sentire benissimo; ma ogni volta che non ne avevo un po' sotto mano davo di matto. Ho quasi ucciso un uomo perché non mi voleva vendere della coca, l'ho data via ad un altro per una dose. Avrei fatto qualunque cosa per la mia tirata.
Dovevo sniffare ogni mezz'ora per poter sopravvivere; mi arrabbiavo e mi facevo venire delle crisi isteriche se non ne avevo un po'. Una sera in cui non ne avevo trovata mi venne una crisi e caddi stesa per terra con la schiuma alla bocca. Stephen si arrabbiò con me.
"Non credevo potessi diventare una merda umana del genere! Non puoi vivere senza coca, sei più una spesa che altro per me!" io semplicemente abbassai la testa e gli chiesi se ne aveva un po' con sé da darmi. "Solo una sniffata, sennò muoio, ti prego!" gli urlai a mia volta con gli occhi bassi. "Col cazzo che te la do! Tu non mi paghi nemmeno, sei solo una perdita di soldi enorme!" piansi gettandomi a terra presa dagli spasmi. Quella notte stessa mi cacciò da casa: avevo diciotto anni. Decisi che la mia famiglia non andava coinvolta in tutta la mia merda e così pur di non stare senza coca quella sera mandai in coma un uomo. Non era neanche un uomo: era solo un ragazzino di dodici anni...non avrei mai voluto mettergli le mani addosso. La sua postazione era la parco dietro la quercia secolare; quando andai da lui per chiedergliene un po' lui semplicemente mi rispose che Stephen gli aveva detto di non vendere più nulla a me: la sua puttana. Io senza neanche pensarci, presa dalla rabbia gli misi le mani intorno al collo cercando di strozzarlo. Non ragionavo, non ero io. Era solo la droga. Era la droga che parlava al posto mio, che si era completamente impossessata del mio corpo di nuovo magro e rovinato. Gli scagliai una pietra in testa e lui rimase lì, mezzo morto, mentre io scappavo. Decisi che da quel giorno non avrei mai più toccato neanche una goccia, un grammo di quella schifezza. La coca aveva finito di esistere per me.
Purtroppo non fu tutto facile, anzi, senza la protezione di Stephen e non volendo mettere in mezzo la mia famiglia mi toccò dormire sotto ponti e coperta da scatolini di cartone per almeno un mese. Ogni giorno qualche amico del ragazzo che avevo quasi ucciso tentava di stuprarmi o di uccidermi. Volevano la vendetta ovviamente, avevo visto mentre stavo con Stephen mille volte la vendetta. Le bande si segnavano ogni singolo sgarro e ognuno di questi era punito più o meno severamente. Mi salvai la pelle per caso, ricadetti molte volte nell'alcolismo ma tentai in ogni modo di evitare le droghe. Ricominciai a farmi delle canne per calmare i nervi tesi: sempre meglio che sniffare. Ripetevo a me stessa. Ero distrutta, non avevo nulla eppure ogni giorno perdevo qualcosa: ogni giorno un pezzo della mia vita volava via. Tentai tre volte il suicidio, fallii tre volte. Un giorno decisi che non ne potevo più di vivere come una barbona: mi lavai in un bagno pubblico e fuggii a New York. Fuggi nella città dei sogni e piano piano tutto prese una piega migliore anche grazie all'aiuto di Mike. Era un volontario della guardia medica, che appena conobbe la mia storia semplicemente decise di aiutarmi e lo fece veramente. Mi aiutò tantissimo, ma un giorno come un altro si sposò. Non sapevo neanche che fosse fidanzato e se ne andò a Seattle; non lo rividi mai più.
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"Da qui in poi la storia un po' la conoscete...Ho preso un appartamento nel Bronx e ho trovato un lavoro presso l'hotel dove ho incontrato Jace. Fine" dissi con un peso in meno sul cuore, dopotutto avevano il diritto di sapere perché le avevo abbandonate. "Vi avevo scritto una lettera da New York, ma evidentemente non l'avete ricevuta..." sospirai triste. Mi ero negata per tutto quel tempo l'affetto della mia famiglia per paura del loro giudizio, del loro rifiuto, mentre invece loro si chiedevano solo perché me ne fossi andata via. Perché la loro Demi avesse deciso di scappare via, per sempre.
"Se solo l'avessimo saputo, Demi..." sussurrò mia mamma quasi spaventata da cosa le avevo appena detto. Anch'io mi sarei spaventata se mia figlia fosse fuggita da un giorno all'altro senza lasciare tracce. "Mi dispiace, non sapevo proprio come avreste potuto reagire...mamma tunnon stavi molto bene in quel periodo, non volevo darti ulteriori pesi.." "Sei stata una brava sorella." mi disse senza vergogna Dallas "Mi hai fatto da madre, ti sei presa cura economicamente di noi due e non possiamo fare a meno di esserti grata per tutto questo." sorrisi loro grata. Ora avevo solo più una persona a cui raccontare il mio oscuro passato: Jace.
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Shakespeare Theatre// Demi Lovato !IN STATO DI REVISIONE E CORREZIONE!
Fanfiction"Finalmente avevamo trovato il nostro angolo di infinito da cui guardare le stelle. " Demi é una donna libera ed indipendente che vive a New York, la città dei sogni, dove cerca di ricostruire una vita che le era stata portata via. Imposta la sua n...