Capitolo 6

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"Scusami, veramente, io amo il teatro. Ma ci vorrano un sacco di soldi ed energie per rimettere in piedi questa catapecchia." la mia voce si é addolcita dopo che l'ho sconvolto con le mie frasi dure, non volevo rinfacciargli il suo cambio d'umore e lui sembra essersi ripreso dalle mie offese. " I soldi non sono il problema e neanche le energie, so che ami il teatro e che lo faresti. C'é qualcosa che ti blocca, anche se non so cosa sia." 

Forse il fatto che non ti conosco,  genio?

"Beh, non capisco perché tu debba fare questo per me..." "Non é per te." mi interuppe "Ma per la nostra società." Lo guardai  alzando un sopracciglio,  e contorcendo il viso in una smorfia.

"La nostra società?" "Sì.  Sai quando uno mette i soldi e l'altro la forza lavoro..." "So cosa significa societá, ma perché qualcosa di così grande?"

Io faccio questo per te e tu dovresti fare una cosa per me..." Ora i suoi occhi color acquamarina non sono più tanto spavaldi e preferiscono guardare le sue scarpe piuttosto che il mio viso.

"Lo sapevo che c'era la fregatura!" esclamo felice come Sherlock Holmes dopo che ha scoperto l'assassino.  "Non è esattamente una fregatura, anzi potrebbe essere un vantaggio per entrambi..." sospiro, forse é veramnete una buona causa.

Non giudicare un libro dalla copertina. Ti ha già dimostrato che ha un cuore. Continuavo a ripetere a me stessa.

"Facciamo così,  io ascolto i tuoi accordi e poi decido se mi vanno bene." lui mi sorrise e propose "É l'una passata però,  potremmo discuterne a casa mia." Scossi la testa "Preferirei farlo in un bar. Ce n'é uno carino qui vicino aperto tutta la notte."  Lui acconsentì e io lo condussi fino al bar. Il priprietario, Marco, era un mio amico d'infanzia e sapevo di potermi fidare di lui a pieno. Il locale si chiamava 'Rossella' in onore della figlia di Marco ed era un piccolo bar rustico in cui veniva servito cibo italiano squisito.

Prendemmo posto ad un tavolo indicatoci da Marco che mi strizzò l'occhio credendo che Jace fosse il mio fidanzato. Ordinai una pastiera napoletana e un marocchino per entrambi senza che Jace opponesse resistenza, probabilmente lui non conosceva questi meravigliosi dolci ma si era fidato di me.

"Allora, mettiamo in chiaro subito le cose: io ti propongo questo accordo per bisogno, non per altro. Chiaro?"  "Chiaro." dopo aver sentito il mio assenso continuò  " Io ho comprato il teatro e ho già avviato le pratiche perché risulti legalmente tuo. Ti lascio libera scelta su qualunque cosa: gestione, ristrutturazione,  attori e spettacoli. Ma ho bisogno di una cosa..." Avevo i nervi a fior di pelle, volevo assolutamente sapere cosa avrei dovuto fare in cambio. Avevo promesso a me stessa che non mi sarei più umiliata e non l'avrei fatto per nessun motivo. Neanche per Jace e tutti i suoi 'regali'.

"Su parla!" dissi con foga " Tu mi devi..." seguivo con il cuore in gola ogni sua parola e lo vidi trarre un profondo respiro.

"Tu mi devi sposare, Demi." 

"Cosa?" urlai in preda allo stupore, mi sarei aspettata ogni genere di cosa, ma non mi aspettavo una richiesta di matrimonio. Tutti i presenti della sala si gurarono verso di noi e lui mi fulminò con un' occhiataccia. "Vuoi che mi metta in ginocchio?" sibilò a denti stretti spaventandomi un po'.

"No, vorrei solo sapere perché mi vuoi sposare."  dissi più pacata. Lui sembrò quasi sollevato, sembrava che il fatto che io chiedessi spiegazioni gli fosse rassicurante.

"É complicato..." "Credo di avere il diritto di sapere." lo interruppi sempre parlando pacatamente. "Promettimi che ascolti senza dire nulla fino alla fine?" "Ok. Parla però." dissi perdendo un po' la calma, mi dava sui nervi.

" Se non mi sposo entro un mese la mia ex moglie può farmi causa e portare via mio figlio per sempre da me." Ok é una buona ragione, non dovevo giudicare. "Quando ci siamo separati, mia moglie ha detto che mi lasciava il bambino se poteva avere alcune cose come la macchina, la casa in Italia e altri privilegi finanziari così." feci una smorfia disgustata, quale madre lo farebbe?

"Io ovviamente ho accettato e lei mi ha fatto causa, ha detto che non volevo lasciarle vedere Chris e che avevo tentato di corromperla. Il giudice ha detto che solitamente un bambino piccolo viene lasciato alla madre, ma Margaret non ha soldi, né un lavoro e sinceramente non ha le capacitá mentali di badare nemmeno a se stessa." sorrisi dispiaciuta per lui, non dev'essere una bella situazione. "E io cosa centro?" " Ci sto arrivando, bimba." mi disse sorridendo e calcando il nomignolo. Avevamo avuto una discussione sul fatto che io non fossi una bambina, ma non era servito assolutamente a niente. "Dato che un bambino piccolo non può essere lasciato ad una depressa senza un centesimo, il giudice me l'ha affidato a patto che entro tre mesi mi fossi sposato, per garantire al bambino una madre a posto. Ne sono passati più di due." disse l'ultima parte della frase in modo sconsolato facendo capire quanto realmente tenesse a Chris. "Ma avresti potuto sposare una persona qualunque." "Sì,  ma io avevo bisgno di qualcuno di cui potessi fidarmi. Non mi servono altre sanguisughe,  voglio proteggere mio figlio e tu mi sei sembrata quella...quella giusta." sorrisi questa volta più apertamente e domandai: "Ma verranno a controllarci? Cioè se io ti sposassi, dovrebbero fare dei controlli no?" "Quindi mi sposerai?" chiese Jace con un sorriso da bambino stampato in faccia, alzai gli occhi al cielo. "Non ti fare strane idee, mi hai fatto pena!" dissi ridendo, ora di nuovo come la prima volta che ci eravamo incontrati  i nostri occhi erano incastrati gli uni negli altri e sembrava che non potessero essere disincastrati. C'era come un legame che intercorreva tra noi e nessuno dei due si sentiva di spezzarlo. "Verranno due assistenti sociali a parlare con Chris più che altro e poi faranno qualche domanda a noi due; niente di che, le solite cose." sorrisi più sciolta annuendo e stringendogli una mano domandai:

"A quando le nozze?"

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Mi accompagnò fino a casa e mentre stavo per scendere mi prese per un polso facendomi girare verso di lui. "Grazie Demi." "Di nulla, Jace." provai a dire il suo nome, era la prima volta in assoluto che lo dicevo prima era il signor Andersson e nulla di più. "Mi piace come pronunci il mio nome." sorrisi  genuinamente, mi aveva fatto veramente pena e ora capivo anche il suo comportamento in macchina. Odiava dovermi chiedere di fare questo, si sentiva impotente e forse si aspettava anche un mio rifiuto. Non so neanche perché lo feci ma avvicinai il viso al suo e poi, con leggerezza gli lasciai un bacio. Un bacio lieve, ma che mi fece battere il cuore, non so per quale motivo. Non saremmo stati male assieme, affatto.

Shakespeare Theatre// Demi Lovato  !IN STATO DI REVISIONE E CORREZIONE!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora