Capitolo 19

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Due giorni dopo

Quando mi svegliaii provai una fitta alla testa, cercai di mettermi a busto eretto; ma delle corde mi tenevano ferma contro uno scomodo letto. Non capii subito dov'ero e dovetti fare mente locale quando improvvisamente mi tornarono alla mente le immagini sconcertanti di poco tempo prima. Non sapevo se avessi dormito giorni o ore, ma sospirai sapendo la mia famiglia al sicuro: Jace non si era avvicinato e Chris era a casa.  Ricordavo quasi tutto quello che mi era successo e cominciai a piangere lacrime amare. Con il poco coraggio che ancora avevo in corpo gridai.

Andy corse nella mia stanza con un sorriso smagliante, o almeno con un sorriso che avrebbe voluto essere smagliante: avea i denti gialli e la pelle grigiasta. Gli occhi, crechiati di rosso, erano di un azzurrino spento e tutto il corpo era ricoperto dal lerciume di qualche settimana.  Mi chiesi dove eravamo:   non ero una sequestratrice di persone, ma immaginai che rinchiudere in casa propria una persona fosse una mossa stupida. É il primo posto dove chiunque andrebbe a guardare: non potevamo essere nel suo appartamento di Harlem.

"Ti sei svegliata amore." disse passandomi una mano sulla guancia: puzzava di fumo.  Provai ribrezzo a sentirmi chiamare con un nomignolo tamto intimo: noi due avevamo smesso di essere in intimità da molto, moltp tempo.

"Come stai? Non vorrei essere costretto a legarti: ma non devi scappare." solitamente era molto taciturno, ma questa volta le parole sembravano aver preso piede.

Cominciai a piangere e lui si sedette sul letto vicino a me. Mi facevano male i polsi che si stavano scorticando e le caviglie, anch'esse legate erano imbrattate di croste e sangue secco.

"No no no..." disse preoccupato Andy e mi slegò un polso "Non piangere, mia piccola principessa. Non voglio farti male." Provai un moto di disgusto verso colui che consideravo un mio amico. Gli sputai in faccia tutto l'odio e la mia saliva colpì perfettamente il bersaglio.

Andy si pulì riluttante dai miei enzimi che speravo gli avrebbero bruciato la pelle; purtroppo, nonostante avessi un sacco di veleno in corpo, il mio era un semplice gesto di rabbia e lui ne uscì -ovviamente- illeso.

"Perché mi fai questo, principessa?" non gli risposi guardandolo con odio "Perché mi odi?" sussurrò arrabbiato "Cos' ha Jace che io non ho? É più bello di me? É più ricco di me? É più intelligente? Cos' ha lui, che io non ho?" Era sull'orlo delle lacrime mentre mi esponeva il suo monologo interiore con rabbia.

"Lui mi rispetta. Ecco cos' ha lui, che tu non hai. Lui non mi avrebbe mai rinchiuso in una lurida stanza! Non mi avrebbe mai..." non riuscii a finire la frase poiché venni interrotta da un sonoro schiaffo. "Ah sì?" urlò "Io non ti rispetto? Adesso te la farò pagare, principessa." vidi un bagliore di cattiveria nei suoi occhi e benché sperassi che non fosse così sapevo cosa sarebbe successo e ricominciai a piangere: non c'era motivo di mostrarsi forte.

Jace's POV

L'avevo sentita urlare il mio nome, mentre quel pazzo la chiudeva nella sua macchina e un irrefrenabile impulso di corrergli addosso si era impossesato di me. Volevo riportare a casa la mia bambina, mia moglie, l'unica donna  che mi avesse mai amato veramente. Corsi verso di loro ma Andy si accorse di me e con un gesto fulmineo mi sparò: ricordo solo il dolore lancinante sparso per tutto il corpo, non in un solo punto preciso. Vidi delle luci azzurre ma sentivo tutto ovattato;  forse stavo per andarmene. Avrei voluto piangere ma il dolore era troppo anche per un semplice gesto come quello. Vidi molti uomini e donne intorno a me, mi stavano soffocando con le loro urla: per fortuna dopo pochi secondi, il buio.

Quando mi risvegliai ero in una stanza bianca, mi faceva male il petto e notai che ero collegato a numerosi fili e tubicini. "Demetria..." sussurrai con la.gola secca. La donna seduta vicino a me si alzò: era bionda e non era la mia bambina,  dov'era la mia piccola? Dov'era mia moglie?

La donna disse di chiamarsi Rosalie, era un'infermiera e mi aveva accudito per le diciotto ore durante le quali avevo dormito. "Ricorda qualcosa?" mi domandò gentilmente Rosalie porgendomi un bicchiere d'acqua. Bevvi piano con un grande sollievo e poi chiesi "Dov'è la mia famiglia?" "I suoi genitori sono...." "Dov'è la mia vera famiglia, intendo. Mio figlio e Demi, dove sono?" Rosalie sospirò e poi uscì facendo risuonare le ciabattine di gomma sul pavimento. Nella mia camera c'era una finestra enorme, si poteva vedere gran parte di New York. Doveva essere mattina presto, al lerte preferita della giornata di Demi.  Avrebbe detto 'Dio, guarda che splendore. Vorrei essere là' e poi avrebbe indicato il punto dove sorgeva il sole, le avevo già detto che non sarebbe stato possibile; ma lei aveva scrollato le spalle. Inguaribile sognatrice.

Immaginai la mia dea qui vicino mentre mi accarezzava la fronte delicatamente come sapeva fare solo lei; vidi i suoi capelli lunghi e scuri cadere in avanti mentre si chianava a baciarmi e sentii il fresco della sua pelle contro la mia bollente.

"Come stai ?" mi risvegliai dal mio sogno ad occhi aperti: quella non era Demi. Cercai di mettere a fuoco la figura mastodontica che mi si era presentata davanti, sorrisi vedendo mia madre. Non era Demi, ma era comunque mai madre. Qualcuno che mi voleva bene.

Sorrisi e annuii, non avevo abbastanza forze per parlare ma sapevo che non  ce n'era bisogno. Mia madre avvicinò una sedia al mio letto e io le domandai

"Come state voi?" "Bene, siamo solo tutti preoccupati per te e per tua moglie. Chris voleva vederti, ma non lo hanno lasciato entrare..." il fiume di parole di mia madre mia avvolse,  ero preoccupato per Demi e volevo vedere mio figlio. "Non si sa ancora dove sia Demi, vero?" "Non l'hanno ancora rintracciata. " sospirai amaramente, chissà cosa poteva farle quel pazzo mentre io dovevo restare a letto e affidare tutto alla polizia.

"Può entrare Chris?" domandai a Rosalie che era rientrata per cambiarmi l'acqua della flebo. Vidi l'infermiera tentennare, ma poi sussurrò "Solo dieco minuti però. "

Chris mi corse addosso e neanche sentii il dolore che mi aveva provocato schiacciandomi le bendesul torace: ero vivo e volevo stare con mio figlio. "Papà!" urlò lui mentre  io lo accoglievo a braccia spalancate. Gli baciai la piccola testolina bionda e lui sorrise "Nonna ha detto che stai male, ma che tra poco torna tutto a posto." sussurrò nel mio orecchio per non farsi sentire da mia madre; gli sorrisi dolcemente annuendo. "Invece mamma dov'è? " questa domanda mi colpii nel petto e colpì anche mia madre che si stupì che Chris chiamasse Demi mamma.  Non sapevo cosa dire e per fortuna intervenne proprio mia madre dicendo "Chris, andiamo a comprarci un

gelato. Così lasciamo riposare papà,  va bene?" il bambino fece segno di no con la testa e mia madre lo tirò via da me con la forza: quando se ne andò cominciai a piangere.

Avevo sempre creduto di essere il re del mondo e ora, che avevo perso tutto, mi sentivo un povero uomo sfortunato a cui la Dea Bendata aveva voltato le spalle.

Shakespeare Theatre// Demi Lovato  !IN STATO DI REVISIONE E CORREZIONE!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora