Capitolo 11

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Questa sera Jace mi avrebbe chiesto 'a sorpresa' di sposarlo e io mi sarei dovuta fingere ovviamente stupita, dopo tutto quello lo facevamo per i giornali che non dovevano sospettare del nostro accordo. Mi ero preparata piuttosto bene, se fossi finita sulle pagine di qualche rivista scandalistica avrei almeno voluto farlo in grande stile: indossai un abito rosso, il mio colore preferito,lungo fino ai piedi con degli altissimi tacchi. "Pronta madame?" mi domandò George mentre indossavo la mia giacca bianca da cui non ero riuscita a separarmi.  "Prontissima." "Il signor Andersson mi ha detto di dirle che ci saranno anche dei fuochi d'artificio." Sorrisi, non credevo prendesse alla lettera quello che avevo detto. Dicevo talmente tante cavolate... "Bene, dove andiamo?" "Mi é stato detto di non anticiparle nulla." "Me l'aspettavo..." annuii io salendo in macchina,  ovviamente non avrei saputo nulla fino alla fine: odio le sorprese, ma Jace non sembra capirlo.  Percorremmo le rumorose strade della città che non dorme mai, le luci si susseguivano alla velocità delle auto che correvano sempre di fretta. Poche persone erano in grado di godersi la bellezza delle luci che raddoppiavano riflesse dal fiume, mentre in lontananza alcuni palazzi più alti di altri si innalzavano prepotenti e le piccole persone stavano festeggiando forse compleanni, forse matrimoni, forse piangevano la fine di un amore o la fine di una vita. Per la prima volta nella mia vita guardai a tutta la vita che ruotava attorno a me chiedendomi quante persone stessero in quel momento ridendo, mi sentii completa per un attimo. Capii di fare parte di qualcosa di più grande, qualcosa che involontariamente avrebbe sempre accolto tutti, anche chi non voleva essere accolto. Sorrisi realizzando quanto la vita fosse meravigliosa, nelle sue mille sfumature e io ne avevo sprecata fin troppa inseguendo prima l'alcol, poi la droga. Avevo sprecato anni bellissimi della mia vita rifiutando il cibo e me stessa, gettandomi sulla cocaina e sulla vodka in un cocktail micidiale. Avevo martoriato il mio corpo, l'avevo tagliato e picchiato, umiliandomi da sola per quello che non riuscivo a fare. Invece dovevo solo trovare qualcuno che mi amasse, qualcuno che curasse le mie ferite.  L'amore non sbaglia mai, ti porta ad un livello migliore, sulle nuvole, sopra ancora alle stelle. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno é amore. Quanta verità in quella frase...

Quando la macchina si fermò svegliandomi dai miei pensieri vidi all'entrata un Jace apparentemente a suo agio nello smoking mentre aspettava l'arrivo della sua fidanzata, della sua futura moglie.  "Amore mio..." mi accolse Jace tendendomi una mano, non aveva nulla dell'uomo che mi aveva squadrato con occhi di ghiaccio all'hotel. Nulla dell'uomo che aveva comprato la mia compagnia rapendomi dalla mia serata, quella in cui ero la regina. Nei suoi occhi azzurri potevo vedere uno strano calore, una sorta di rete che intrappolava tutta me stessa dentro quegli occhi e non la lasciava andare. "Entriamo?" chiesi sorridendo vedendo una piccola folla ormai poco lontana da noi, non volevo dare spettacolo.  Non ancora, volevo ancora godermi per un po' quei profondi occhi azzurri tutti miei. Solo miei. Stranamente tutta la sala era deserta, mentre aleggiava intorno a me uno strano profuml di dolci e zucchero. Mi feci condurre con gli occhi bendati da Jace, stando attenta a non inciampare né nei miei piedi né nel pavimento un po' scivoloso. "Apri gli occhi amore mio." quando li aprii quello che si parò davanti a me era una cosa che mi mozzò il fiato. Ci trovavamo su una veranda completamente rivestita di lastre di vetro lucide con visuale a tutto tondo sulla città che mi aveva fatto innamorare, tutto intorno a noi era illuminato da lanterne di carta pallide e composizioni floreali di rose e gigli erano disposte in ordine che voleva apparire casuale. Avevo detto a Jace che non mi sarebbe piaciuta una dichiarazione ad una cena e infatti non c'era un tavolo dove mibsarei aspettata di mangiare e neanche una sedia. Solo fiori, lanterne e due cieli stellati: uno sulle nostre teste e uno intorno a noi. "Lo so che fa freddo, ma usciresti con me un attimo dalla serra?" io annuii prendendo la sua mano e facendomi condurre verso l'aria che non era più fredda come poco fa; con Jace vicino anche l'aria dei primi giorni di marzo era un po' più calda e sopportabile. Non appena uscimmo una cascata di scintille ci accolse, il cielo venne spezzato da stelline colorate e fischianti. Un milione di scintille scesero dal cielo e non potei fare a meno di sorridere poggiando la mia testa sul petto di Jace che mi diede una sensazione di sollievo e familiarità. "L'hai fatto veramente, non ci credo..." continuavo a sussurrare più a me stessa anche se sapevo che Jace non stava perdendo una parola di tutto quello che stavo dicendo. I fuochi finirono e quando rientrai sentii la mia canzone preferita di  Einaudi suonata da un egregio pianista. Era una balata bellissima sull'amore e la ballai con Jace. E più ballavo e più avevamo voglia di stringerci uno all'altra. E più ci stringevamo più ci mangiavamo con gli occhi, con le labbra, con le mani. "Adesso se mi per mette madame, mi lasci fare." "Certamente..." dissi ridendo e staccandomi a malavoglia da lui. Non si inginocchiò davanti a me, la nostra relazione doveva essere paritaria e il fatto che il nostro matrimonio iniziasse con una proposta ginocchioni mi avrebbe dato fastidio oltre a mettermi in imbarazzo. "Demi, ho pasato un mese intero a pensare a noi due. Sinceramente neppure ora so cosa siamo, ma su una cosa ho fatto chiarezza. Ho fatto chiarezza su quello che tu sei per me: io mi sono innamorato di te e voglio che tu rimanga con me per ancora molto, molto tempo. Quindi, Demetria, adesso te lo chiedo come uomo e non come socio o qualunque altra cosa. Bambina, mi vuoi sposare?" Non risposi neanche, mi buttai addosso a lui baciandolo. Credo che come risposta sia abbastanza chiara da capire.



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