Le fate

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Zadok era sdraiato sul letto della stanza che Bellatrix gli aveva fatto preparare. Era a struttura circolare, con lanterne a forma di frutto che pendevano da rami intagliati e su un tavolo erano stati poggiati un candelabro che richiamava la testa e le corna di un cervo, una grossa bottiglia di vino al basilisco e una coppa smeraldina.

Era stata una serata faticosa. Bellatrix gli aveva parlato dei vari, noiosi impegni di cui si era dovuta occupare. Due vassalli avevano rivendicato la proprietà di una miniera che si trovava sotto alle terre di entrambi, così, dopo aver ascoltato le parti, aveva stabilito che un suo reparto personale di minatori - un modo elegante per definire i detenuti - avrebbe scavato per loro e gli introiti sarebbero stati equamente divisi: metà per lei, metà per loro. Il pomeriggio, invece, aveva trovato dei volontari in una sollevazione popolare che l'aveva accusata di essere in combutta con le empuse.

Bellatrix gli aveva detto che la libertà senza limiti era caos. Il popolo poteva stampare ciò che voleva, a patto che fosse conforme alle leggi, altrimenti gli idioti ci avrebbero messo poco a seguire un folle che avrebbe destabilizzato il regno. Era ironico: per preservare delle libertà, dovevano reprimerne altre.

I giovani Megrez, invece, si erano dimostrati molto più piacevoli. Nessuna critica velata alle sue origini o denigrazioni degli altri casati. Bellatrix aveva istruito le nuove generazioni a trovare il proprio talento. C'erano rivalità e conflitti, ma erano amichevoli, un incentivo a dare il massimo.

Molti erano guerrieri, ma anche se tutti si erano dichiarati entusiasti all'idea di partire per il fronte, nei loro occhi Zadok aveva visto la menzogna. Non che li biasimasse.

Li rivide: guerrieri senza volto, coperti di stracci e coperte rattoppate, sotto la pioggia scrosciante. Uno di loro incideva le sue memorie in una tavoletta. Il freddo penetrava nelle loro ossa, ma Zadok non lo sentiva.

Vivevano in quella trincea da mesi, ogni giorno un occhio era rivolto al nemico e un altro agli alleati, pronti a ucciderli se fossero indietreggiati di un solo passo.

L'attesa uccideva più della battaglia: le ore di veglia a cui seguivano i collassi, i piedi che, inzuppati di fango e avvolti dal freddo, venivano colpiti da un morbo che saliva per tutta la gamba, la disperazione che spingeva a togliersi la vita per far cessare quel tormento.

Poi cominciava: il corno che suonava, i tamburi che rullavano. La carica partiva, si veniva trascinati in un turbine di metallo e fango. Chi portava gli stendardi era il primo a morire.

Sopra alla testa tuonavano i cannoni e fischiavano i proiettili: trasportati dalle arche o nascosti nelle trincee, i loro colpi attraversavano la volta come comete e si schiantavano sulle fila nemiche, oppure detonavano per liberare decine di proiettili appuntiti.

Corri e non guardarti indietro, chiudi gli occhi per nascondere la paura. Zadok li aveva chiusi poche volte, perché i suoi riflessi inumani gli avevano permesso di schivare dardi, macigni e incantesimi. Ma quando si era spostato era stato colpito chi era appena più indietro.

Benché avesse provato a salvarne qualcuno, per ogni morte evitata ne aveva permesse cento.

Zadok aveva corso decine di volte e aveva incontrato quelle creature di metallo e fuoco che avevano ben poco di umano. Alcune volavano, altre camminavano, tutte uccidevano. Non provavano dolore se ferite, non soccorrevano i loro compagni e non si ritiravano mai. Zadok si era più volte domandato se non fossero macchine, perché tali abomini non potevano essere creature viventi.

Le battaglie si susseguirono nella sua mente: angeli e guerrieri si confondevano, le magie s'intrecciavano, cielo e terra venivano sconvolti. Da quella devastazione sorgeva il Cherubino, un mostro con quattro volti e tempestato d'occhi. La formazione si sfaldava, i soldati esitanti, il fuoco amico che si univa a quello nemico. Quattro lance, però, affondarono nei quattro volti, facendo zampillare il metallo fuso che scorreva nelle vene.

L'avvento dell'ImperatriceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora