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L'opulenza del quartiere divino non finiva di stupire Zadok. 

I palazzi in cristallo a volte erano in forma irregolare, altre a cupola o a punta, e spesso erano collegati tra loro da ponti di cristallo che, se visti dall'alto, avrebbero tracciato sagome di mostri ed eroi. Tra gli edifici più importanti spiccava l'arena: di pianta ellittica, era composta da sei piani - cinque ad arcate e un attico in parete piena - in cima ai quali danzavano gli stendardi divini; veniva poi la meridiana, un gigantesco cerchio sostenuto dalla scultura di una donna dalle ali variopinte.

Erano però poca cosa rispetto alla torre divina, situata al centro del quartiere: copriva un'area più vasta del palazzo e sembrava una gigantesca scultura di cristallo in cui erano state intagliate le sagome di fate, mostri ed eroi. Dal suolo uscivano otto artigli scintillanti che si ricongiungevano in cima per infondere potere a un immenso fiore, sospeso a mezz'aria, che roteava su sé stesso: era composto dai colori dell'arcobaleno, ma non era chiaro dove finissero o dove cominciassero, tanto erano indistinte le sfumature. Da quel gioiello la Dea manifestava la propria forza, capace di garantire l'eterna primavera e scacciare i cociti dall'Impero, almeno fino a quando qualcuno non le avesse recato offesa.

Zadok e Muliphein, quando ci passarono davanti, incrociarono le braccia al petto, toccandosi le spalle con le mani, e le aprirono. Quel gesto simboleggiava il momento in cui la Sacra Fenice aveva spiccato il suo ultimo volo.

Il generale volle allungare il tragitto per attraversare il viale imperiale, costeggiato dalle sculture dei grandi campioni, eroi le cui raffigurazioni erano poste a difesa di quel luogo inviolabile. 

Il sentiero si divideva in tre: la via centrale dava verso il palazzo imperiale, mentre la destra puntava verso due grandi alberi, intrecciati tra loro, sotto cui delle coppie si scambiavano promesse di eterno amore. A Zadok interessava la terza, che conduceva a un grosso blocco di granito, alto come due uomini, sopra al quale era stata scolpita la statua di un guerriero in groppa a un uccello dalle ali spiegate. Il leggendario Cavaliere della Fenice, Ankaa, che con immenso coraggio aveva sconfitto il Serafino.

Zadok congiunse le mani e lo supplicò d'inviargli dei guerrieri degni di tali nomi. Le scoperte, le armi, gli sforzi, tutto sarebbe stato vano, senza dei soldati capaci di reggere la pressione. 

Terminata la preghiera, Zadok e Muliphein tornarono indietro e attraversarono una piazza colma di cittadini di alto rango. 

Le nobildonne sfoggiavano abiti dalle ampie gonne, ricchi di fiocchi colorati e gioielli, mentre tiare scintillanti cingevano le fronti; i ventagli coprivano le loro labbra, troppe volte intente a pronunciare frasi malevole. Gli uomini, invece, erano vestiti con redingote nere che raggiungevano le ginocchia e portavano un bastone da passeggio con in cima una gemma. Nessuno di loro sfoggiava i tipici vestiti dei loro casati, i tre stili erano scomparsi per far largo a uno nuovo. Solo fasce e alcuni gioielli permettevano di riconoscere le dinastie: Drago Celeste per i Mizar, Lumerpa per gli Alioth, Fata per i Megrez.

In mezzo ai giardini in fiore e alle sculture di marmo i nobili facevano largo e salutavano gli ufficiali, ma nei loro occhi si leggevano un odio e una paura che i falsi sorrisi non potevano occultare.

Zadok conosceva le voci sul proprio conto: essere visto come un mostro era solo uno dei fardelli che portava su di sé. Ma se era convinto di meritare il disprezzo della Dea, lo stesso non valeva per quello di molti aristocratici, che degnava a stento di uno sguardo.

Muliphein, che camminava di pari passo con Zadok, manteneva il portamento elegante e rispondeva a quasi tutti. 

I due ufficiali si fermarono di fronte a un cancello blu chiaro, sul quale era inciso, appena sopra il lucchetto, l'emblema di Zadok: la sagoma di un serpente che divorava se stesso. Una creatura capace solo di strisciare, destinata a non volare mai, messa in ombra da uno splendore superiore.

L'avvento dell'ImperatriceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora