Alleanze

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La Luna calante lo osservava come un occhio socchiuso e indagatore. Naos si girò per accertarsi che nessuno lo stesse seguendo.

Il suo corpo e la sua bocca non avevano tradito le intenzioni, ma la mente non era al sicuro. La lettura del pensiero era un sistema comune per individuare i traditori e fruibile a chiunque fosse stato addestrato. 

Nel pomeriggio Lesath lo aveva inviato al quartiere superiore a comprare alcuni ingredienti. Lavoro umile per una fiamma arancione, ma Naos aveva potuto passare di nuovo davanti al bordello Gioielli Incantati. Il nome suscitava in lui disgusto, trattava le donne come se fossero state degli oggetti da esporre per ostentare ricchezza.

La bella fanciulla che gli aveva rapito il cuore non si era esibita. Chiedendo in giro in cambio di qualche soldo aveva scoperto che si chiamava Nashira. "Merce di qualità", l'aveva definita un uomo a cui Naos avrebbe volentieri spaccato la faccia. Per scoprire altro Naos aveva chiesto della danzatrice dalla chioma d'ebano che aveva attirato le attenzioni del responsabile del distretto. In risposta era arriva una risata. "Chiedi a messer Tarazed". Poteva solo immaginare che le avesse fatto quel delinquente.

Gli tornò alla mente l'attimo in cui aveva osato opporsi. La gente attorno aveva sorriso, assaporando con gusto il momento in cui Tarazed lo avrebbe ucciso, o peggio. "Sono tra i pochi a non essere ancora impazzito? Siamo davvero dei simili mostri?"

Avrebbe voluto avere la sicurezza di Ain. Lui si faceva domande, ma trovava in fretta le risposte che cercava.

Il vento ululò, facendo ondeggiare gli steli di grano. Si muovevano armoniosamente sotto il suo comando. Dovunque soffiasse il vento, loro lo seguivano. Privi d'individualità, schiavi di un padrone che decideva per loro. "Io obbedivo per cercare sicurezza. Forse, se scacciassi questi dubbi, mi sentirei capace di decidere per me".

I raggi di Luna illuminarono una figura che lo attendeva. Aveva le braccia distese e le labbra tracciavano un sorriso macabro. «Vieni con me». Era Enif.

Naos fiutò la trappola. «Non sai che è offesa a un superiore dargli ordini?»

«E tu lasceresti indifesa una fanciulla innocente?»

Naos chiuse le mani a pugno. Per sua fortuna non usciva mai senza l'armatura. In silenzio seguì Enif per le vie del distretto, lasciando dietro di sé dei soldati che gettavano occhiate fredde o sospette.

La disciplina era inesistente. Contavano solo forza e crudeltà.

Arrivarono di fronte al campanile, all'interno del cerchio dove si esercitavano i soldati. Erano lontani dalla maggior parte delle abitazioni. Sirrah lo aspettava.

«Dov'è l'ostaggio?»

Sirrah si fece avanti. La sua mano destra tremò. «Allora... Naos».

«Ladro, lui si chiama Ladro» obiettò Enif. 

Sirrah si sforzò di assumere un tono conciliante. «Te la faccio breve. Vai da messer Lesath e informalo che non intendi più essere suo assistente. Tornerà tutto come prima».

«Lo sai che sono io il più alto di grado, vero?» domandò Naos cercando una potenziale prigioniera. Pensò al campanile.

«Grado più, grado meno, la tua parola qui non vale niente. Un comandante deve ottenere il rispetto delle truppe, se vuole essere ascoltato».

Pareva di sentir parlare Wasat. «Ho ottenuto il rispetto di messer Lesath, governatore del distretto e mago giallo a una fascia».

«Con quelle fasce io mi ci pulisco il culo!» si adirò Sirrah. «Ora vai da lui, scusati e non farti più vedere».

«Questo non lo farò».

Sirrah puntò la mano sinistra e urlò. Un globo fiammeggiante volò verso Naos, ma questi la scansò muovendosi di lato e le fu addosso. Un pugno bastò ad atterrarla.

L'avvento dell'ImperatriceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora