Guerra

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La sala del trono era stata concepita dai Dubhe come una cripta in cui conservare morti e tesori. Abbastanza ampia da poter ospitare gigantesche creature, aveva tre ingressi principali presieduti da una statua femminile: un'infante che esibiva un globo candido, una donna con una falce e un'anziana con una sfera nera. I tre volti della Luna protendevano i doni verso la volta. Dove prima c'era il re dei Dubhe era stata ritratta una donna con una spada fiammeggiante in mano, la chioma dorata e grandi ali argentee. Era la Prescelta destinata a liberare il potere dello Zaffiro Lunare, spezzare la maledizione delle empuse e abbattere gli dèi oppressori.

Selene batté un piede per terra, a disagio in quella cacofonia che aveva riempito la sala. Erano state convocate d'urgenza e non aveva visto una sola bambina. Le sei aspiranti regine che avevano almeno raggiunto i diciotto anni si erano disposte sul palco. Vestite di tuniche blu, portavano al collo una collana di denti di barghest e dei bracciali in legno di frassino. Due notti prima, al sorgere della Luna Blu, avevano tentato di attingere alla forza della gemma. Avevano fallito.

La loro classe sociale era guardata con paura. Le empuse comuni erano state messe in ombra dall'Empusa Rossa: le sue gestazioni erano più rapide, le nate, in forma umana, di rado avevano qualcosa in comune col padre ed erano immuni ai veleni che rivelavano la loro natura. Erano una generazione più forte, destinata a soppiantare la precedente. Le figlie della Blu avrebbero fatto altrettanto.

Perseide, di un anno più grande di lei, era l'unica che potesse avvicinare. Quando le aveva parlato delle ricerche sulla magia della vita, la sorellastra aveva manifestato evidente interesse e quel progetto era l'unico motivo per cui potessero vedersi ancora. Tuttavia Perseide lo vedeva come un sortilegio che avrebbe eliminato i problemi logicisti degli eserciti. 

Selene la considerava leale e fedele, pronta ad ascoltarla, seppur incapace di capirla davvero. Sperava di correggerla, come se ci fosse qualcosa di sbagliato nel voler evitare la guerra.

Le porte dietro al palco iniziarono ad aprirsi. Le sei aspiranti regine si divisero in due gruppi e s'inginocchiarono. «Salutate tutte la Grande Madre!»

Dodici occhi, sottili e dorati, si accesero. Sei ululati assalirono le orecchie delle empuse, anticipando i barghest: simili a lupi neri ma grandi come cavalli, avevano il pelo ispido, zanne affilate e gengive scoperte. Il loro morso rompeva il metallo, la loro furia non si arrestava dinnanzi ai draghi e il loro manto li difendeva anche dai proiettili. Una creatura dalla volontà debole, all'incrociare il loro sguardo, sarebbe rimasta paralizzata. 

I barghest si posizionarono di fronte alla folla. Qualche empusa indietreggiò e Perseide fremette.

Dei battiti d'ali giunsero e dodici civette volteggiarono sopra le teste delle streghe. I loro squittii portavano più paura che gioia. Se il loro sguardo si posava su qualcuno, significava che era nelle grazie della regina oppure che i suoi intrighi erano stati scoperti e che presto sarebbe scomparso.

Un breve frullare d'ali e gli uccelli si misero sugli archi degli ingressi. Da lassù potevano vedere tutto.

Una falce vermiglia fendette l'oscurità e si piantò nel palco. Una figura, talmente imponente da far sembrare i barghest dei cuccioli, si levò, mirevole. L'esoscheletro della Grande Madre avvolgeva tutto il corpo, compreso il viso, e rifulgeva come rubino; il volto somigliava a una maschera scintillante, e il torace, a sua volta rivestito, sfoggiava seni floridi. In proporzione, era più massiccia delle figlie, le falci erano spesse e seghettate e il capo si ampliava in una cresta da cui uscivano grossi spuntoni adornati con fiori e viticci di aconito.

Selene sentì la gola bruciare: sapeva percepire i sentimenti di chiunque, ma la sovrana era un enigma che non sapeva risolvere.

Le streghe s'inginocchiarono all'unisono. «Che la Luna torni a brillare!» salutarono.

L'avvento dell'ImperatriceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora