Sogni

305 30 373
                                    

Un arazzo di nubi avvolgeva il sentiero di Mintaka.

Le due guardie arcigne che l'accompagnavano non avevano spiccato più di qualche risposta secca nonostante i tentativi d'intavolare una conversazione.

I magnifici qulin che cavalcavano non avevano allietato il viaggio. Erano bestie con testa di drago, corna di cervo, coda e criniera che parevano composte da fiamme. Un po' meno veloci di un unicorno, ma molto più potenti.

Mintaka tirò le redini: dopo una cura alle mani ustionate e un altro incubo, aveva chiesto alla sorella il permesso di visitare l'Altura dei Grandi, dove riposava la loro madre. Alnilam lo aveva sbrigativamente concesso.

In prossimità di quel luogo sacro, le guardie si tradirono con sguardi e tremolii.

La collina era attraversata da una scalinata costeggiata da numerosi kodama: le cortecce delle piante tracciavano i lineamenti di volti umani imprigionati in un sonno eterno, i tronchi assomigliavano a busti e i due rami principali ricordavano delle braccia. La storia voleva che, nutrendosi delle ceneri, il seme accogliesse in sé l'anima del morto e che questa offrisse conforto e consigli a chi fosse abbastanza arguto da udire la sua voce. Spezzare un solo ramo era peccato, ma distruggerli non avrebbe arrecato danno alle anime. In attesa dell'ascesa, l'albero era un rifugio temporaneo.

Mintaka aveva sentito altre voci. Testimoni riferivano di aver visto farfalle dalle ali trasparenti volare attorno alle piante e dissolversi appena venivano sfiorate, oppure parlavano di pianti improvvisi e di urla di guerra che avevano fatto fuggire i sacerdoti.

La sua preferita era la leggenda del Fantasma delle Brine, che si tramandava da oltre un secolo. Era la storia di una bellissima fanciulla, il cui uomo era stato insidiato da una strega e divorato. Piena di collera e dolore, la lady si era lanciata alla ricerca dell'assassina. Entrambe erano cadute nel feroce scontro. Mentre la strega era stata data in pasto ai maiali, la fanciulla era stata cremata e le sue ceneri avevano dato vita a un albero dalla lunga e florida vita. Il suo spirito, aveva fama di danzare ancora tra gli alberi, attendendo il giorno in cui le empuse sarebbero state sterminate e il compagno sarebbe tornato.

Ad accogliere i tre viaggiatori furono dei sacerdoti dalle vesti bianche. «Salute a voi, giovane lady Mintaka. L'Imperatore vi attende».

Gli accompagnatori si agitarono sulle selle. Acrux era una leggenda vivente.

Il suo potere divinatorio lo aveva spinto a lasciare l'Impero alla testa di cento uomini che aveva affascinato. Per mesi aveva vagato alla ricerca del nemico: quando lo aveva trovato la Luna si era nascosta dietro alle nubi. 

Mintaka avrebbe dato un braccio per poter forgiare una simile leggenda.I bardi narravano che gli occhi di Acrux fossero mutati in quelli di un drago e che lo spirito del primo Mizar fosse apparso al suo fianco. Centinaia di parricidi erano stati spazzati via da un solo incantesimo e decine di streghe erano cadute ai suoi piedi. Con un sortilegio aveva squarciato le ali dell'Empusa Albina, fuoco e ghiaccio si erano dati battaglia e avevano scatenato uragani e piogge torrenziali. Dopo un lungo scontro la strega aveva fatto una mossa falsa e Acrux aveva mirato al cuore. "Lunga vita e gloria eterna all'Imperatore!" lo avevano omaggiato i soldati prima ancora che conseguisse il titolo. 

La sua fama aveva riempito perfino i Cento Regni: il predecessore del Re Drago lo aveva guardato con ammirazione e i paesi che erano diventati le colonie Mizar si erano inginocchiati al suo cospetto.

Tornato vittorioso in patria, era divenuto collaboratore di suo zio, generale di confine e aveva favorito l'ascesa di Zadok.

Pochi anni dopo aveva duellato nell'arena col suo rivale, Sirius. Era stato lo scontro più rapido che la storia ricordasse: uno scambio di incantesimi combattuto a una velocità impercettibile a un comune mortale e Sirius era stato sconfitto. 

Solo una chiazza scura macchiava la sua carriera: non era riuscito a uccidere l'Empusa Rossa, che era fuggita sacrificando la propria figlia. 

Vile creatura! Nel salire le scale, Mintaka pensò che sua madre avrebbe potuto essere la prima donna a fregiarsi del titolo d'Imperatrice, se non fosse stato per quella strega. 

L'avvento dell'ImperatriceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora