CAPITOLO: 9

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Un fastidioso suono mi fa svegliare, il suono della sveglia. Mi affretto a spegnerla. Giovedì.

Mi alzo dal letto, vado in bagno mi lavo la faccia, mi raccolgo i capelli con una coda. Scendo le scale con ancora addosso solo una maglia.

<< Buongiorno sorellina>> mi saluta Gioel

<< Buongiorno a te tesoro>> li dico scompigliandoli i capelli

<< La mamma?>> chiedo.

<< È già uscita, aveva delle commissioni.>> mi dice e poi aggiunge << come sempre>>

È già, lei non era mai a casa.

Persino Gioel aveva già capito tutto della sua vita.

<< Non vai a scuola oggi?>> chiede curioso.

<< Perché? A te che ti frega?>> e gli sorrido

<< No, era per sapere tutto qui.>> dice con un espressione triste.

<< Moccioso. Io vado a scuola e ci vai anche tu. Non fare la mia stessa fine. Tu mi devi promettere che nella tua vita farai il meglio, okay?>> dico seria

<< okay>> dice lui << telo prometto>>

Apro l'armadietto e prendo un pacchetto di biscotti e salgo in camera. Prendo dall'armadio quel paio di jeans che mi ero presa, insieme alla felpa con la scritta " dote" blu.

Orecchini bianchi a forma di perla. Mi mette mascara, rossetto rosso.

Scendo le scale e vedo Gioel che mi aspetta. << Andiamo?>> mi chiede. Io annuisco un si con un accenno al capo. Prendo le chiavi e la borsa con dentro qualche quaderno. Ancora non ho capito l'orario delle materie. Alle volte ci sta una mentre altre ci sta un altra. Chi capisce i professori è un genio.

Arriviamo davanti alla scuola di mio fratello che dista da casa un quarto d'ora. Lo saluto e si dirige all' interno della struttura.

Io mi incammino verso il mio carcere. Non ho nessuna voglia di vedere Hector. Perché sicuramente mi fermerà per chiedermi il motivo della mia chiamata. E io non li voglio dare una soddisfazione . Lo avevo chiamato apposta per chiarire. Io non riesco ad ammettere i miei errori davanti a lui. Se tra di noi invece ci sta un telefono allora forse riesco a mettere il mio orgoglio da una parte e chiederli scusa. E poi ovviamente sarebbe toccato a lui.

Lui è più bravo di me con le parole. Lui ci sa fare. E poi a lui basta uno sguardo per leggere dentro le persone. Per leggermi dentro. Non ho la minima idea di come faccia, so solo che ci azzecca sempre. Ma stavolta non voglio che mi legge dentro. Vedrebbe solo che mi sono sentita in colpa, e che forse, e dico forse. Vedrebbe in me un pentimento di quello che è successo. Ma quello che sappiamo entrambi è che è stata anche colpa sua.

Arrivo al mio armadietto, lo apro e mi cade un biglietto a terra. Lo raccolgo e leggo: Chiariamoci, ti aspetto in palestra per le nove.
Hector.

Okay alle nove. Ora dovrei avere?

Matematica giusto. Oh merda devo essere interrogata.

Entro in classe e il prof è già li.

<< Oh chi si rivede, buongiorno signorina Mccall>> brusii di classe si alzano.

<< Buongiorno>> rispondo senza guardarlo in viso. Mi affretto a prende il mio posto infondo alla classe.

Causa d'effetto (in fase di correzione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora