25. Sgambetto

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Caught in the in-between
The shadow's disguise
And I don't know why
Nothing is as it seems

Ruelle - Nothing is as it seems





Il bastone scivolò ancora.

Appoggiai la caviglia dolorante a terra, sorreggendomi come meglio potevo.

Sistemai la base del ramo sotto l'ascella, in un premere spiacevole ma necessario. Mi puntellai nella neve fino a quando non trovai la giusta angolazione. La caviglia era ancora un bozzolo dolorante e gonfio.

Avevo esagerato. Lo sapevo. Non importavano le occhiate taglienti di Nicholas a ricordarmelo.

Il suo sguardo era talmente tanto bruciante da marchiarmi in punti che non sapevo potessero essere toccati.

Il freddo era un velo pungente che arrossava la pelle del viso e cristallizzava il fiato. Dei timidi raggi di sole riverberavano sul candore intorno a noi. I cinguettii ci accompagnavano, il rumore delle nostre scarpe che affondavano nella neve era l'unico suono non naturale del sottobosco.

Non mi aveva detto altro se non "Andiamo" e "Muoviti".

Qualsiasi cosa fosse successa quella notte, ci era stata strappata via come un cerotto: rapida e dolorosa.

Non capivo diverse cose.

Ero il compito di Nicholas, mi aveva salvata dal lago perché doveva, non perché voleva. Mi seguiva per lo stesso motivo. Quale fosse il suo obiettivo nello specifico però non lo sapevo. Aveva scoperto il mio vero nome: questo sembrava importargli molto.

Eppure una vocina subdola e impossibile da ignorare mi stava facendo notare alcune sfumature che cambiavano le carte in gioco. Mi aveva imposto di non muovermi per permettere alla caviglia di sostenere il mio peso per tornare ad Haywards Heath. Beh, avrebbe potuto lasciarmi tornare strisciante in città da sola, ci avrei messo ore, certo, ma ce l'avrei fatta. Avrebbe anche potuto legarmi come un mulo da soma e trascinarmi bocca nella neve fino alla civiltà. Molto più semplice, no?

Eppure eccoci lì, lui pochi passi dinanzi a me e io zoppicante dietro a sostenermi col bastone che mi aveva dato.

E c'era un altro pensiero, più insinuante e incongruente di tutti.

Quella passione tanto travolgente quanto irrazionale che mi aveva portato a desiderarlo oltre quei baci che ci eravamo scambiati... faceva parte del suo compito?

La cosa ancora più terrificante di tutte era un'altra però.

A una parte di me non gliene importava un accidenti.

Non avevo mai provato niente di simile. E la parte folle di me voleva solo riprovarle qui e ora. Nella neve, contro la corteccia ruvida, al diavolo il gelo, il dolore.

Possibile che il mio istinto di sopravvivenza fosse andato in vacanza a braccetto con la mia razionalità?

«Muoviti» imprecò con quel tono profondo e caustico.

Accellerai il passo nonostante andassi più veloce che potevo. Appoggiai male il bastone; in un fruscio di abiti, caddi in avanti.

Mi puntellai con le mani, il gelo mi baciò i palmi.

«Dannazione.»

Feci appena in tempo a sentire il graffiare suadente della voce di Nicholas che mi sentii sollevare.

Mi issò sulla sua schiena. «Aggrappati.»

Avvolsi le braccia intorno a lui con tale forza da sperare di fargli male, ma la pelle sensibile dei polsi sfiorò quella del suo collo e un agglomerato di sensazioni brucianti mi irrigidì.

Gli avvolsi la vita sottile con le gambe che lui sostenne con le braccia, stringendole contro le ossa del bacino. La sua tracolla battè contro il mio ginocchio, il mio zaino rimbalzò sulla schiena.

Quando il caos della civiltà ci accolse, mi ripose a terra con poca grazia per poi incamminarsi.

«Aspetta.»

Si voltò nella mia direzione e inclinò il volto con quelle iridi terrificanti rese lattee dai tenui raggi.

«Non hai intenzione di dirmi a cosa ti servo, vero?»

Il suo sguardo guizzò nel mio, obliquo e guardingo. «No.»

«Credi che tutto adesso possa tornare come prima? Che avrò di nuovo paura di te?»

«Perché, cosa credi esattamente che sia successo?»

Nessun graffio a distorcergli il profilo sinuoso delle labbra. Solo iridi di ghiaccio e ombre nei capelli.

«Tu non crederai davvero che-»

«Credo quello che dovresti credere anche tu.»

«Che è successo qualcosa tra di noi vuoi dire?»

Mi spinse all'indietro, mi premette contro un tronco. Gli occhi guizzarono nei miei, furenti, gravosi. Mi incombette addosso, solo lui e nient'altro nella mia visuale.

«Forse hai frainteso. Ho un compito e lo sto portando a termine. Non me ne frega niente di te.» Iridi che trafiggevano e squartavano. «Per essere una che ha difficoltà a rapportarsi, lo stai facendo anche troppo bene adesso.»

Mi mollò di colpo, lasciandomi inebetita e scorticata dalla realtà.

Era vero. Era tremendamente vero.

«Per essere uno che psicanalizza gli altri, sei proprio bravo a non farlo con te stesso.» Fremetti di rabbia, di quel qualcosa di bruciante che non si era ancora assopito in me.

Come immaginai i suoi occhi scattarono con irruenza, scorticandomi dentro. In un passo calcò la distanza che ci separava. Ma la sua assenza di risposta confermò quel muro che si era eretto fra di noi. Niente risposte, niente bugie malcelate, solo la spietata freddezza nel suo sguardo.

Cumuli di neve gocciolavano ritmicamente sulle fronde.

Se ne andò a passo svelto.

Mi sentivo come se fosse cambiato tutto quella notte, eppure non sapevo definire cosa. Chissà se quel qualcosa sarebbe stato lo sgambetto finale alla mia sanità mentale oppure alla mia follia.

 Chissà se quel qualcosa sarebbe stato lo sgambetto finale alla mia sanità mentale oppure alla mia follia

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