50. L'inevitabile

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Like a bitter taste on my tongue
Like the storm that I can't outrun
A splinter too deepI can barely breathe

Ruelle & Public Noise - When the Caos Comes


Stropicciai gli occhi; le mani odoravano di coccole. Mi sollevai a fatica, puntellandomi con i gomiti sul letto.

«Nicholas?»

Il materasso accanto a me era vuoto, una mancanza che aveva lasciato dietro di sé silenzio e coperte disfatte. Il sole trapelava dalla coltre di nubi oltre la finestra, lanciando luci grigiastre nella stanza da letto. La sua maglia larga che indossavo era il segno che la notte passata non era stata un sogno.

Inspirai, il dolore delle rivelazioni su mio padre sarebbe rimasto per sempre con me ad adombrarmi l'animo. Ma l'avevo buttato fuori. L'avevo rivissuto dopo mesi in cui vi ero scappata e adesso mi sentivo svuotata. Provavo una profonda calma. Dopo settimane, dopo anni, mi sentivo a mio agio nella mia pelle, tra quelle lenzuola, in quella nuova me.

Un fruscio di vestiti e stoviglie mi colse alla sprovvista. Sulla soglia della porta, tra le pareti antracite della stanza, si stagliò Nicholas: i pantaloni appesi ai fianchi lasciavano le ossa del bacino in vista; l'addome tonico mostrava con cruenza le cicatrici. I suoi occhi mi trovarono, silenti e penetranti. Si sedette sul materasso accanto a me, tra le coperte che odoravano della nostra intimità. Teneva in mano due ciotole fumanti che emanavano un delizioso profumo di cannella.

Me ne porse una. «Buongiorno.»

L'afferrai e la portai in grembo; il cucchiaino rimbalzò sul bordo emettendo un rumore cristallino. Continuai a rivivere tutto ciò che era successo quella notte, chiedendomi se la luce del giorno avesse cambiato qualcosa. Terrore sdrucciolevole, perché sapevo che non avrei più potuto farne a meno, ora che l'avevo vissuto.

«Ti piace?» La voce di Nicholas era raschiante, più marcata del normale.

«Adoro la cannella.» Indugiai, le labbra si incollarono al retro convesso dell'oggetto in metallo. «Ti piace cucinare?»

Bastò quell'accenno di un sorriso, affilato e appena delineato, a spazzare via tutte le mie incertezze.

«Direi che è una necessità. Sono tanti anni che vivo da solo ormai.»

«Perché vivi da solo?»

«Nostra madre è morta quando avevo tredici anni, da allora ognuno di noi ha imparato ad arrangiarsi da sé.»

Appoggiò le nostre ciotole vuote sul comodino e mi si avvicinò, portando con sé l'odore di coccole, reduce della notte.

«E tuo padre?» sussurrai.

Nicholas si toccò in modo distratto le cicatrici sul busto. Qualcosa si accanì contro la colazione nel mio stomaco. Desiderai non averlo mai chiesto, tentai di sviare il discorso.

«Quando sei nato?»

Il suo sguardo scivolò nel mio, indugiante. «Oggi è il mio compleanno.»

«Il venticinque Dicembre? Il giorno di Natale?» Con l'indice gli delineai la forma della clavicola, sotto il suo sguardo cauto. «Buon compleanno, Nicholas.»

Mi accarezzò la fronte, disegnò sentieri di carezze sullo zigomo. «Buon Natale, Sam.»

Ci fu un attimo di incertezza, di tendini tirati, di respiri che si incalzarono. Osservai come i suoi occhi si frantumarono e ricostruirono in quel gesto.

Black Moon ~ Figli della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora