59. Cuori grevi di sbagli

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I want a love that's brave,
can take my tears
I wanna laugh at the dark
like I'm not scared of nothing

Lissie - Blood and Muscle


«Nicholas!»

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«Nicholas!»

Mi aggrappai al bordo del giubbotto che aveva indossato, cercando di attirare la sua attenzione. Ma il suo sguardo sembrava perso oltre la strada innevata davanti a noi, oltre i boschi che lambivano la corsia, oltre le mie parole che lo chiamavano.

Attesi, in quella matassa di panico che aggrovigliava nello stomaco.

Uscimmo dal folto degli alberi, incontrando la periferia di Haywards Heath; case rade e tetti spioventi.

«Passami quel telefono, per favore.» Indicò con l'indice incrostato di sangue la nicchia davanti alle mie ginocchia.

Gli allungai ciò che mi aveva chiesto. Bloccò l'oggetto tra la spalla e l'orecchio, digrignando i denti. Una delle due braccia era mollemente abbandonata accanto al busto, mentre con l'altra teneva saldamente il volante.

«William. Devi andartene, oggi. Subito-»

Delle voci concitate lo interruppero. Non distinsi le parole, solo l'agitazione che ne incalzava il tono. Stava albeggiando, doveva essere molto presto; non vi erano macchine in giro per le strade imbiancate di Haywards Heath di quel ventisei dicembre.

«Devi sapere, quindi stai zitto e ascoltami, Will. Non c'è tempo. Ho ceduto il mio posto al vertice di BlackMoon per farti uscire e rimanere in vita, ma mi si è ritorto contro.» Serrò la mandibola con sofferenza. «Hanno usato Sam come leva, faranno lo stesso con te. Non sei più al sicuro. Nessuno di voi due lo è. Devi andartene. Oggi

E fu spiattellata così la verità.

Serrò la mascella. Ci fu un attimo lunghissimo dove nessuno gli rispose dall'altro lato del telefono, poi aggiunse: «Trevor Black l'aveva rapita.»

Indicò col mento qualcosa ai miei piedi.

Mi chinai verso il tappetino e riconobbi il mio zaino. Lo afferrai, chiedendomi quando lo avesse recuperato. Trovai tutti i miei averi all'interno. Lo schermo del cellulare mi comunicò che avevo diverse chiamate perse da più persone.

«Sta bene, stiamo bene. Ti aspetto davanti a casa tra un'ora. Sii pronto.»

Riagganciò, si allungò verso di me e mi sfiorò il ginocchio, fugace e distratto. Appoggiò le dita sul mio telefono e io mollai la presa, lasciandolo andare. Il dolore era tanto intenso da offuscarmi. Ero esausta.

Digitò qualcosa e poi mi riallungò l'oggetto.

«Che hai fatto?»

«Ho inviato un messaggio. Non cercarlo, l'ho già cancellato.» Non mi stava guardando.

Black Moon ~ Figli della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora