Capitolo 5

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Mike

Sono passati due giorni da quando Nancy mi ha promesso un cambiamento nel mio stato d’animo e non ci sono state novità, immagino che me lo abbia detto come solitamente si fa per tirare su di morale qualcuno ma non ci si crede davvero.
Mi si prospetta una giornata molto monotona, mi alzo a fatica dal mio comodo letto, vorrei restare qui tutto il giorno, devo andare a scuola anche se non ne ho voglia.
Scendo in salotto per fare colazione, al tavolo c’è la mia sorellina più piccola e mio padre, mia madre sta armeggiando in cucina, mi siedo e mi limito a dire ‘buongiorno’. Da quando mia madre ha fatto quella scenata non abbiamo più parlato, giusto il minimo indispensabile, come salutarsi e dirsi due frasi in croce, ha esagerato e lo sa anche lei.
Mangio con calma visto che sono in anticipo. A un certo punto sento che qualcuno mi ha scompigliato i capelli con la mano, appositamente.
“Buongiorno Mike” dice raggiante Nancy.
“Buongiorno” rispondo.
E’ davvero strana oggi, chissà che le prende.
“Se vuoi ti accompagno a scuola in macchina” mi propone.
“No grazie, vado in bici”.
“Come vuoi, puoi venire a parlare un momento allora?”.
“Va bene” rispondo titubante.
Che ho combinato ora? Che mi vorrà dire?
Mi alzo e la seguo in camera sua, mentre saliamo le scale nostra madre grida, per farsi sentire:”Non la fate colazione?”.
“Tra un attimo mamma” risponde Nancy.
Appena siamo dentro la sua stanza chiude la porta. Mi guardo intorno e noto solo ora alcuni cambiamenti nei poster alle pareti e nella disposizione di alcuni mobili, non entro qui da molto tempo, sembrava meno, mi piace.
Mi sorride raggiante, esattamente come a tavola, inizio a spaventarmi e lei pare notarlo, poiché dice:”Tranquillo, va tutto bene, ho un’ottima notizia per te”.
“Ne dubito” ribatto io.
“Ricordi che ti avevo chiesto di fidarti di me?”.
“Sì”.
“Sei troppo giù ultimamente, non posso più vederti così. Ho scritto una lettera a Jonathan in cui gli ho annunciato che andremo a trovarli questo weekend”.
“COSA?!” gioisco.
Devo ancora realizzare quello che ho appena sentito, queste parole si ripetono nella mia mente alla velocità della luce! Andremo a trovarli! Questo weekend! Non posso crederci! Rivedrò la mia Undi!!! Potremo stare insieme per qualche giorno! E’ incredibile! Ho aspettato questo momento per tanto tempo, mesi che sono sembrati anni, e finalmente è arrivato, sono al settimo cielo per la notizia. Mia sorella ancora sorride, non resisto più, tutta l’emozione che ho dentro deve uscire in qualche modo, la abbraccio e stringo forte.
“Grazie grazie grazie, sei la sorella migliore del mondo” le dico.
“Ti voglio bene”.
“Anch’io”.
Salto di gioia per qualche altro minuto e poi, quando mi sono leggermente ripreso, le dico:”Ma domani è venerdì, tu hai detto che saremmo andati da loro per il weekend”.
“Infatti partiremo domani”.
“Siii!!”.
Sono troppo felice, potrei saltare all’infinito per la stanza, una scarica di adrenalina mi avvolge come non mai, devo controllarmi o potrei esplodere.
“Mamma e papà lo sanno?” domando poi.
“No e non devi dirglielo”.
“Afferrato”.
“Domani mattina gli dirò che ti accompagno io a scuola, tu salirai in macchina con me e partiremo per andare dai Byers, salterai un giorno di scuola, dal momento che il sabato non ce l’hai” mi spiega lei.
“Ottimo piano”.
“Grazie, non resta che metterlo in pratica. Non devi dirlo a nessuno”.
“Nemmeno ai miei amici?”.
“Sarebbe meglio di no”.
“Solo a Dustin?”.
“Va bene, a lui puoi dirlo, è il più affidabile”.
“Grazie davvero per tutto”.
“Figurati, torniamo giù ora”.
Se vado a far visita a Undici sarebbe carino portarle qualcosa, magari un piccolo regalo, così potrei anche distrarmi oggi, senza impazzire per la gioia. Sì, le comprerò qualcosa, ma dove? In centro città non se parla, mi vedrebbero, chiederebbero spiegazioni e il piano salterebbe. Andrò al centro commerciale, sì, lì è perfetto. Ma con chi? Da solo non ce la farei, non ci capisco molto di vestiti, trucchi o gioielli. Potrei chiedere a Dustin di venire con me, ma che cosa ne ricaverei? Lui ne capisce quanto me, se non di meno, sugli oggetti da donna, comprerei sicuramente qualcosa che mi farebbe fare una figuraccia. All’improvviso mi balena l’idea giusta nel cervello e vedo la risposta al mio quesito di fronte a me.
“Che fai oggi pomeriggio?” domando veloce a Nancy prima che esca dalla stanza.
“Nulla di che” risponde.
“Ti va di accompagnarmi al centro commerciale?” chiedo rapidissimo.
“Vuoi comprare un regalo per Undi, vero?” indovina lei.
“Sì”.
“Certo, ti accompagno”.
“Grazie”.
“Ora andiamo a mangiare però”.
“Sì”.
Mangio con gusto, assaporando gli squisiti pancake che ha preparato mia madre, bevo la mia tazza di latte e mi alzo raggiante dal tavolo. Oggi la colazione era particolarmente buona, sarà che sono di ottimo umore e per una volta da tanto tempo non vedo tutto nero.
Prendo il mio giubbotto e mi fiondo sulla bici, passo lentamente una mano sul manubrio e prometto a me stesso che ci farò risalire Undi, la riporterò sulla mia bici e le farò fare un giro da qualche parte, senza essere inseguiti da nessuno questa volta.
Arrivo a scuola e parcheggio affianco a Dustin, che è appena arrivato.
“Ciao Mike” mi saluta.
“Rivedrò Undi!” esulto.
Non sono riuscito a trattenermi, mi è scappato di bocca senza che mi controllassi, non l’ho nemmeno salutato, avevo troppa voglia di annunciargli la mia buona notizia, era tanto che non ne avevo una.
“Ma è fantastico!”.
“SII! Ed è tutto merito di Nancy”.
“Cosa ha fatto??”.
“Ha scritto una lettera a Jonathan in cui gli ha annunciato che saremmo andati a trovarli questo weekend, partiremo domani”.
“Wow, sono molto felice per te, te lo meriti. Agli altri lo hai detto?”.
“No, mia sorella mi ha chiesto di non spargere la voce, l’ho detto solo a te e vorrei che rimanesse tra noi, a Lucas e Max lo dirò quando torno”.
“Certo, tranquillo, lo terrò per me”.
“Grazie”.
Andiamo in classe e ci sediamo vicini, oggi ho il compito di matematica, devo assolutamente passarlo, ne ho già bucati parecchi. Leggo le consegne e provo a ragionare, una di esse mi chiede di semplificare la radice quadrata di 18, ricordo che l’insegnante l’aveva spiegato ma cosa aveva detto di preciso? Quella mattina non ero molto attento, a cosa pensavo allora? Ah sì, ricordavo quella volta in cui io, Undi e i nostri amici abbiamo fatto un pic-nic in un prato qui vicino, ci eravamo divertiti tanto, avevamo anche giocato a obbligo o verità e siamo crollati dalle risate.
Devo concentrarmi, possibile che mi ricordi quello a cui stavo pensando quel giorno e non la spiegazione della professoressa?
Alzo lo sguardo verso l’orologio della classe. 10:22. Sono già passati venti minuti! Accidenti! Di questo passo consegnerò in bianco, devo sbrigarmi, ma non sono preparato. Qualcuno bisbiglia, mi volto e scopro che è Dustin, lo guardo perplesso, non capendo, poi realizzo che ha sporto il suo foglio verso di me. Mimo con le labbra la parola ‘Grazie’, poi inizio a scrivere, ogni tanto lui ritira il foglio perché la professoressa gira tra i banchi, poi lo riavvicina. Come farei senza di lui? Anche se è l’amico del gruppo che ho conosciuto dopo, al momento è quello con cui mi trovo meglio.
L’ora finisce e possiamo uscire a fare ricreazione, una volta lontani dall’aula mi rivolgo a Dustin.
“Sono in debito con te” dico.
“Ma figurati. Ora però parlami di come ti senti per il viaggio”.
“Sono al settimo cielo!”.
“Poi mi devi raccontare tutto. E salutami Undi e Will”.
“Certo”.
“Anch’io ho buone notizie” annuncia poi “Ricordi che l’antenna che ho costruito per contattare Suzie si era fusa?”.
“Sì”.
“L’ho aggiustata, oggi proverò a chiamarla”.
“Per una volta le cose stanno andando bene! Sono molto felice per te”.
Suona la campanella.
“Solo io ho l’impressione che l’intervallo sia durato troppo poco?” domando seccato.
“A me sembra passato un secondo da quando è iniziato” risponde Dustin.
Rientriamo in classe, seguiamo il resto delle lezioni e ci fermiamo a parlare con Lucas e Max all’uscita da scuola. A un certo punto guardo il mio orologio. 13:38. Cavolo! Devo scappare! Mia madre mi metterà in punizione se non torno per le 14.
“Devo andare, ciao ragazzi” saluto.
Prendo la bici e volo a casa alla velocità della luce, sono così felice che non mi sembra nemmeno di faticare, vorrei saltare!

13:59. Scattano le 14:00.
Appena in tempo. Entro in casa e mi siedo a tavola, alla quale non è ancora arrivata Nancy. Eccola che entra.
“Com’è andata l’interrogazione di inglese?” le chiede nostra madre.
“Bene, ho preso otto” risponde lei mentre si toglie il cappotto.
“E a te Mike? Com’è andato il compito?”.
“Bene, era difficile”.
Mia sorella mi guarda sospettosa, lei capisce sempre tutto, ma io ignoro le sue occhiate e osservo il cibo invitante nel mio piatto.
Dopo pranzo salgo in camera mia e aspetto che Nancy mi venga a chiamare per andare al centro commerciale. Cosa dovrei comprare a Undici? Un gioiello? No, non li indossa, non sarebbe un regalo gradito per lei. Allora un vestito? Sì, mi piace l’idea, le prenderò un vestito, ma quale? Mi farò ispirare al negozio.
Non mi sono mai preoccupato tanto, perché ho tutta questa ansia?
Fortunatamente Nancy entra in camera mia e mi distrae dai miei interrogativi.
“Andiamo?” mi chiede.
“Sì” rispondo.
Balzo giù dal letto e la seguo fino alla sua auto.
Il tragitto in auto è per lo più silenzioso ma quando manca poco all’arrivo Nancy mi domanda:”Chi ti aiutato al compito?”.
“Dustin”.
“Immaginavo”.
“Ma come fai a saperlo?”.
“Ho più esperienza di te in ambito scolastico e so come funziona. Non avevi studiato e dicendo che il compito è andato bene mi hai fatto intuire che qualcuno ti avesse dato una mano”.
“Chiaro”.
“Ci può stare, ma non prenderci l’abitudine, okay?”.
“Okay”.

Il centro commerciale è immenso, non so da dove cominciare, meno male che Nancy ha un’idea a quanto pare, si dirige verso un negozio di abbigliamento e io la seguo.
Prende in mano alcuni vestiti, li analizza, rimette giù, ne prende altri, tiene alcuni,… Faccio lo stesso ma con scarsi risultati visto che non ci capisco niente di moda.
“Tutto bene?” mi chiede Nancy.
“Sì, io...” tento di iniziare ma lei mi precede.
“Prendi quello che ti sembra carino” dice.
Ci provo, osservo delle camicette e ne trovo una che mi piace, è bianca, lenta, con una fantasia rossa disegnata e con le maniche lunghe.
“Bella” commenta mia sorella “Dovresti abbinarci una gonna”.
Prendo in mano un attaccapanni con una gonna lunga e grigia, a tinta unica.
“No, quella è orribile” commenta ridendo.
“Hai ragione” riconosco.
“Che ne dici di questa?”.
E’ una gonna lunga fino alle ginocchia, rossa e ha delle pieghe che la farebbero gonfiare se venisse fatta girare, mi piace.
“Approvata”.
Ci dirigiamo alla cassa e paghiamo.

MILEVEN~ Lontani per troppo tempoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora