Capitolo 6

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Undici

“Mike” sussurro.
“Mike dove sei?”.
Non lo vedo e ho paura che gli sia successo qualcosa. Davanti a me vedo solo nero, nessuno si aggira per questo vuoto e non è presente alcun oggetto. Che ci faccio io qui? Cammino ma ogni passo che faccio mi sento risucchiata dal pavimento, è una sensazione orribile. All’improvviso precipito, mi manca il fiato e la voce mi è quasi andata via del tutto.
“MIKE DOVE SEI?!” grido prima di sparire nel nulla.
Sobbalzo. Scatto a sedere e respiro profondamente, ho il fiatone. Stringo le coperte in cui sono avvolta, guardo la finestra, il sole sta tramontando. Era solo un incubo, un brutto e terribile incubo. Certo non è una novità fare brutti sogni ultimamente ma questo è stato uno tra i più spaventosi, mi sono sentita così vuota e sola, come se mi avessero privata di tutto: degli altri e di me stessa. Una sensazione terribile.
Mi accorgo solo ora che la signora Byers è seduta sul mio letto, mi chiedo da quanto tempo mi stia osservando in silenzio.
“Hai fatto un incubo?” mi chiede.
Come fa a saperlo? Oh no, la mia mente fabbrica un’ipotesi terribile.
“Ha sentito….” inizio.
“Le tue grida?” completa lei visto che mi sono bloccata “Sì, non preoccuparti, capita a tutti”.
Divento letteralmente un peperone. Mi imbarazza l’idea che abbia sentito la mia disperazione senza Mike accanto. Tuttavia mi chiedo perché non mi abbia svegliata, forse è arrivata appena mi ha sentita urlare e poco dopo mi sono svegliata o forse voleva farmi terminare il sogno, questo quesito rimarrà senza risposta, almeno per ora. E’ tardi e devo scendere per cena. Ho fatto un pisolino oggi pomeriggio, visto che la scorsa notte l’ho passata quasi in bianco, per il solito motivo ovviamente. Guardo l’ora nella mia sveglia. 19:32.
Mi alzo, infilo i piedi nelle mie ciabatte morbide e calde e mi avvolgo nel poncho che mi ha dato Joyce, la quale è ancora seduta sul letto.
“So che per te è particolarmente dura”.
Mi fa piacere sapere che mi comprenda ma queste parole mi ricordano il dolore e cerco di scacciarlo ingoiando la saliva come se fosse l’afflizione, che nascondo dentro di me.
“So quanto tieni a Mike ma devi continuare a vivere, non puoi buttarti giù così, ti fa troppo male”.
“Non posso dimenticarlo”.
“Non devi” dice alzandosi e mettendomi dolcemente una mano sulla spalla, come per darmi conforto.
“Cosa intendi per ‘andare avanti’ allora?”.
“Uscire e conoscere qualcuno”.
“Ci proverò” dico ma senza promettere.
“Brava”.
Mi lascia ed esce dalla stanza dicendo che tra dieci minuti la cena sarà pronta, quindi di scendere tra poco.
Non so per quale ragione precisa, perché proprio ora, senza nessun evento particolare,… mi metto a piangere. Le lacrime mi rigano il viso e scendono veloci, qualche singhiozzo qua e là si fa sentire e il calore del pianto mi travolge il viso, sono tutta rossa. E’ successo all’improvviso, è stata come una scarica di dolore che mi ha attraversata alla velocità della luce e mi ha buttata giù.
Prendo in mano la fotografia di me e Mike da sotto il cuscino, la stringo al petto, ma questo non fa altro che peggiorare i miei singhiozzi.
Mi manca tantissimo, la verità è che non voglio andare avanti, perché tutti insistono?! Non sanno come mi sento, non possono saperlo, altrimenti non mi chiederebbero un tale sforzo, saprebbero che non sono in grado di dargli quello che mi chiedono, è più forte di me. Non mi sono mai sentita così prima, ho sofferto più volte in vita mia ma mai così, fino a poco tempo fa non sapevo nemmeno cosa fosse l’amore, ora ho conosciuto il suo lato più doloroso.
Voglio dimenticare la sofferenza ma non lui, non so come fare, è terribile, sono in un vicolo cieco. Mike non lascerà mai il mio cuore, sono tutti convinti che si tratti solo di un amore estivo, passeggero, ma si sbagliano, Mike è molto più di questo. Non ho intenzione di ascoltarli in questo caso, Mike resterà per sempre in una parte del mio cuore, anche se lontano o non più… Non ci riesco, non riesco a immaginarlo come non più il mio ragazzo.
Mi lancio nel letto e premo un  cuscino sulla faccia, nella speranza che mi liberi dai brutti pensieri ma non ferma le sensazioni che mi attraversano e aumentano di secondo in secondo. Ormai non cerco più nemmeno di fermare il piano, gli ho dato libero sfogo.
Ci sono alcune cose che, pur volendo, non si possono controllare e ciò che provo per Mike è una di queste. Io…
Vengo riportata alla realtà da dei tocchi timidi e di forza varia sulla porta, sposto il cuscino e vedo Jonathan.
“Posso entrare?” chiede, anche se la porta è aperta.
Annuisco. Lui entra e chiude la porta alle spalle. Ha un foglio in mano.
Si siede accanto a me e si guarda i piedi. Mi rendo conto solo ora di quanto debba essere impresentabile, ho persino pianto, mi asciugo le ultime lacrime e mi soffio il naso.
“Va meglio?” mi chiede.
“Sì, grazie” rispondo.
Anche se parliamo poco mi sento compresa da Jonathan più che da chiunque altro, penso che anche lui si senta come me per Nancy, lui può capire.
“Tieni bevi un po’ d’acqua” dice passandomi un bicchiere “Ti farà bene”.
La mando giù lentamente ed effettivamente placa del tutto il pianto.
Gli sorrido come per ringraziarlo e lui fa lo stesso per dire ‘prego’.
Mi piace il fatto che stia spesso in silenzio, a volte non serve che le persone parlino tanto, vorresti semplicemente un loro sincero ‘Ti capisco’.
“Nancy mi ha scritto una lettera” annuncia a un tratto.
Lo guardo curiosa ma perché me lo sta dicendo? Dovrebbe essere una cosa privata.
“Ti va di leggerla?” mi chiede poi.
Sono al massimo dello stupore, non solo mi racconta di cosa gli ha mandato la sua fidanzata, ma vuole anche che io la legga? E’ forse impazzito? Mi sta confondendo molto, non comprendo davvero cosa centri io in questa faccenda.
Prendo la lettera che mi porge, la apro e inizio a leggerla.

Caro Jonathan,
Innanzitutto ci tengo a dirti che mi manchi tanto, vorrei con tutto il cuore rivederti, abbracciarti e stare con te.
Ma conto di fare presto queste cose e tanto altro, ci sarà tempo per parlare di persona.
Ti scrivo per parlarti di mio fratello Mike.

Sento un tuffo al cuore leggendo il suo nome.

Sta molto male ultimamente, in termini psicologici è a pezzi, da quando Undi è partita è scontroso, grida di dolore ogni notte (io lo sento perché sono anch’io sveglia a pensare a te), va male a scuola, non parla quasi mai con nessuno e verso la famiglia è molto chiuso, penso lo sia anche con i suoi amici.
Ho l’impressione che pensi sempre a Undici, nostra madre gli ha detto proprio l’altro giorno che deve superarla ma lui ha reagito male, gli ha risposto che non può farlo e quelle parole non hanno fatto altro che acuire la sua sofferenza.
Vorrei tanto aiutarlo, ho provato a parlarci ma ho capito che non basta, lui ha bisogno di rivedere Undi, non l’ho mai visto così e temo che se non faccio niente per aiutarlo possa peggiorare fino a uno stadio da cui è difficile uscire.
So che capirai, ti conosco, per ciò ti annuncio che questo weekend verremo a trovarvi, partirò venerdì mattina con Mike e staremo da voi fino a domenica.
Ti chiedo di non dire nulla a tua madre, la nostra non sa niente e sono sicura che Joyce chiamerebbe sicuramente Karen, la quale non ci lascerebbe partire, Mike ne ha bisogno.
Non vedo l’ora di rivederti, mi manchi tantissimo, ti amo.
A presto.
Tua Nancy Wheeler.

Il mio cuore fa una capriola. Mi ci vuole un attimo per realizzare tutto. Rivedrò Mike… rivedrò Mike!!! Inizio a saltare per la stanza, senza preoccuparmi della presenza di Jonathan, è troppo bello per essere vero, mi do un pizzicotto sulla guancia per accertarmi di non star sognando e constato che è tutto splendidamente reale.
Potrò finalmente stringermi di nuovo tra le sue braccia e averlo accanto a me, potremo parlare e raccontarci tutto quello che abbiamo provato e che ci è successo.
Un momento, venerdì è domani! Faccio altrettanti salti per la stanza e non mi fermo nemmeno quando a Jonathan scappa una risata per la mia contentezza e per la sua.
Ripensando alla lettera però mi rendo conto che Mike è stato molto male, come me in fondo, mi preoccuperei tanto se non sapessi che domani lo rivedrò, chissà come si sente ora.
Domani lo saprò, domani saremo di nuovo io e lui.
“Io non so come ringraziarti” dico a Jonathan restituendogli la lettera.
“Figurati, io ti ho solo passato questa, dobbiamo ringraziare Nancy”.
“Già, non posso crederci!”.
“Anch’io, non sto nella pelle!”.
“E’ un sogno” commento “A Will lo diciamo?” domando poi.
“Meglio di no, meno persone lo sanno meglio è, lo saprà domani, sarà una sorpresa”.
“D’accordo”.
“So che è chiederti tanto ma cerca di mostrarti normale a cena”.
“Consideralo fatto”.
Questo ed altro per rivedere Mike.
Ora però non riesco a controllare la mia gioia e abbraccio Jonathan, che ricambia pur non aspettandosi questo gesto. L’allegria e l’adrenalina mi scorrono nelle vene al solo pensiero di ciò che mi aspetta domani, dopo tanto, sono felice.
Non desidero altro che arrivi domani, perché il tempo improvvisamente sembra passare lentissimo? Andiamo lancette fatelo per me, accelerate il ritmo. Per non parlare di come farò sta notte, non dormirò nulla, già lo so, eppure dovrei, altrimenti domani sarò in coma ed è l’ultima cosa che voglio.
Devo pianificare le cose da fare. Punto primo: calmarmi, respirare e aspettare pazientemente. Punto secondo: non far trasparire nulla. Punto terzo: dormire, in modo tale da essere riposata e da non impazzire per la contentezza.
Domani. Devo aspettare fino a domani. Posso farcela. Se sono sopravvissuta fino ad ora nella sofferenza, ci riuscirò egregiamente fino a domani nella gioia suppongo.
“Sei felice di rivedere Nancy?” chiedo a Jonathan.
“Molto” risponde.
“Non l’ho mai conosciuta bene ma mi è sempre sembrata fantastica”.
“Lo è”.
“Ne sono sicura, guarda cosa ha organizzato”.
“Già. Anche Mike è un bravo ragazzo”.
“E’ così giusto”.
Già, ecco come definirlo in poche parole, lui è giusto per me.

MILEVEN~ Lontani per troppo tempoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora