Mike
Sono inginocchiato a terra nella più totale disperazione, ho perso l’ultima speranza che avevo di contattare Undi, è tutto finito. Mi sento malissimo, mi manca il respiro. Se qualcuno mi avesse spezzato in due sentirei meno dolore di quanto ne provo ora, è lancinante.
Perché? Perché a me? Perché mi hanno sempre preso di mira? Cosa vogliono da me?! Io so che si comportano così per sentirsi superiori, ma in realtà sono loro i deboli, che hanno grandi insicurezze psicologiche e tormenti o lotte interiori, però questo non gli dà certo il diritto di comportarsi così con gli altri. Io non gli ho fatto nulla per meritarmi la rottura della mia ultima speranza.
Ora non so più cosa fare, mi sento travolto da un turbine di emozioni, tra le quali non riesco a fare chiarezza. Sento rabbia verso i bulli, tristezza e afflizione dentro di me e paura di non sentire più Undici.
Vorrei solo svegliarmi e scoprire che era un incubo, che nulla è reale, ma sono costretto a riconoscere che è tutto vero. Lei mi ha risposto ed è stata trattata così male da quei prepotenti, chissà cosa avrà pensato, cosa avrà provato, come si sente,…
“Mike che è successo?” mi chiede Dustin arrivando di corsa “Ero andato a prendere uno snack al distributore”.
“Sono arrivati i bulli e-” la voce mi si strozza in gola.
Dustin si siede accanto a me e analizza i frantumi del suo geniale apparecchio elettronico.
“E hanno spaventato Undi, così gli ho detto di smetterla e loro hanno fatto cadere il wolkie tolkie”.
“Mi dispiace tanto Mike” dice Dustin stringendomi in un abbraccio.
“Dispiace a me, ho distrutto la tua invenzione”.
“Non preoccuparti per questo. Come ti senti?”.
“Malissimo”.
“Vuoi parlare?”.
Faccio di sì con la testa e cerco di riprendermi e fermare i singhiozzi per parlare chiaramente.
“Non sono riuscito nemmeno a dirle quanto mi manca”.
“Mi dispiace tantissimo Mike, presto riuscirai a dirglielo di persona”.
“Presto?”.
“Sì, al ringraziamento”.
“Io non riesco ad aspettare fino a fine novembre, vedi come sto?”.
“Posso provare a ricostruirti il trasmettitore ma ci vorrà del tempo”.
“Quanto tempo?”.
“Più di quanto ne passerebbe prima che voi vi rivediate”.
“Grazie davvero Dustin, sei un vero amico, ma non scomodarti per me questa volta”.
“Se hai bisogno sai che io ci sono”.
“Lo so”.
Il pomeriggio passa molto lentamente e finalmente arriva la sera, sto tornando a casa con la bici, sono in ritardo per la cena e probabilmente mi prenderò un rimprovero di mia madre ma non me ne importa nulla, non mi importa più di niente.
Ho perso la persona che amo di più nel mondo, mi sento svuotato, come se si fosse staccata una parte di me, quella che si era attaccata all’amore e l’aveva accolto. Fa male, molto male, questo strappo ha provocato in me una ferita sanguinante.
Mi scende una lacrima ma la asciugo e mi costringo a non farne uscire altre, non posso piangere, non ora, sono quasi arrivato a casa e mi vedrebbero tutti.
Devo rassegnarmi e andare avanti, come mi dicono gli altri, e forse così facendo farei un favore a tutti quelli che mi stanno accanto, immagino di essere un peso per loro ultimamente: si esce meno per colpa mia, spesso mi isolo, si scherza poco,…
Parcheggio la bici in cortile, mi avvicino e apro la porta di casa, sono pronto ad affrontare le urla dei miei e l’atroce sensazione di soffocamento.
“Sono le 20 e 30! Ti sembra questa l’ora di tornare?!” tuona mia madre “Essere al liceo non ti dà certo il diritto di rientrare agli orari che vuoi! Ora basta! Questa storia è durata fin troppo!”.
Mi fa entrare e si sposta velocemente verso mio padre, seduto a tavola insieme alle mie sorelle. La seguo in silenzio, con lo sguardo fisso sulle punte dei piedi.
“E’ arrivato il momento di fare il discorso” annuncia.
“No mamma” la supplico.
“Non si può continuare così Mike! Esci senza mangiare, non parli con nessuno, torni tardi la sera e vai male a scuola”.
“Non voglio parlarne”.
“Dobbiamo parlarne!”.
Mi arrendo, ormai non ho più scelta, sono obbligato a fare quello che mi dicono.
“Solo perché è partita Undici non significa che tu debba smettere di vivere!” inizia mia madre.
Deglutisco, ingoiando il dolore che mi ha provocato la pronuncia del suo nome.
“Hai quasi quindici anni, alla tua età le relazioni non sono definitive, capita di lasciarsi, non devi farne un simile dramma!”.
“Noi non ci siamo lasciati” ribatto, anche se nella mia mente suona più come una speranza che come un’affermazione.
“Non puoi comportarti così per una ragazza, non importa se ti manca, non puoi uscire ed entrare in questa casa come se fosse un albergo!” continua mia madre “Inoltre, da quello che ho capito questa ragazza era strana e non ce l’hai mai presentata”.
“Era speciale!” la correggo infuriato.
Come si permette?! Mi basta la lontananza a spezzarmi il cuore, non mi serve che ci si aggiunga lei. Ora è troppo, me ne vado in camera, salgo gli scalini uno dopo l’altro aspettando che qualcuno mi rimproveri ancora e costringa a restare ma la mia uscita di scena rimane silenziosa. Meglio così, ho proprio bisogno di stare solo.
Sbatto la porta di camera mia e mi rifugio sotto le coperte, le stringo come faccio ogni notte per non scoppiare a piangere ma questa volta lascio libero sfogo alle lacrime e ai singhiozzi. ‘Undi torna da me’ è il mio pensiero fisso. Non riesco a sopportare il fatto che siamo così lontani, ho bisogno di lei, qui ed ora, ad abbracciarmi e starmi vicina. Mi giro nel letto e vedo l’armadio in cui una volta l’ho nascosta da mia madre, in quell’occasione le ho spiegato cos’era una promessa, quanto vorrei prometterle di non separarmi mai più da lei. Mi volto dall’altra parte e vedo la finestra, alla quale tante volte Undi si è affacciata mentre io la ammiravo in silenzio. Chiudo gli occhi e grido. Devo liberare il dolore, devo andare avanti ma è troppo difficile dimenticare, lei rimarrà sempre una parte di me, una parte bellissima e dolorosa allo stesso tempo. Non troverò mai nessuna come lei, Undi è unica e io l’ho persa. Quanto vorrei averle detto qualcosa per convincerla a non partire, una frase, una parola, qualsiasi cosa,…
Toc-toc.
Hanno bussato alla porta.
“Vai via mamma” dico piangendo.
Toc-toc.
“Ho detto che non voglio parlare!” singhiozzo.
La porta si apre nonostante i miei rifiuti ma con mio stupore entra Nancy, che ci fa qui?
“Posso restare?” chiede.
“Sì” rispondo.
Si siede accanto a me nel letto e rimaniamo in silenzio per qualche istante.
“Perché sei qui?” domando.
Lei mi asciuga una lacrima dal viso e poi risponde:”Per starti accanto. So quanto è difficile quello che stai passando, mi trovo nella tua stessa situazione”.
“Ti manca tanto Jonathan vero?”.
“Tantissimo. E a te Undi?”.
“Più di ogni altra cosa”.
“Mike non posso più vederti così: mangi appena, vai male a scuola, urli quasi ogni notte”.
“Mi senti?”.
“Certo”.
“Mi dispiace, non pensavo di svegliarti”.
“Tranquillo, non mi svegli, il più delle volte non dormo”.
In questo momento comprendo che la sua sofferenza è simile alla mia, solo che è nascosta agli occhi altrui, è racchiusa nel profondo del suo cuore e la colpisce in silenzio.
“Ti fidi di me?” mi chiede.
“Certo” rispondo.
“Io ti tirerò fuori da questa situazione” mi promette Nancy.
Prende carta e penna e inizia a scrivere.
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MILEVEN~ Lontani per troppo tempo
Hayran KurguDa quando si sono separati alla fine dell'estate, Mike è precipitato in un vortice di sofferenza e delusioni, Undici si è chiusa in sé stessa, hanno quasi perso le speranze. La lontananza è più difficile di quello che speravano. Riusciranno ad uscir...