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La vita di Taehyung non era mai stata perfetta

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La vita di Taehyung non era mai stata perfetta. Essere un coreano in una cittadina di Napoli sperduta, per di piú in un orfanotrofio, era stato piú duro del previsto.

Kim Taehyung era un bambino di nove anni quando venne finalmente accudito. La guerra aveva portato via i suoi genitori, il suo paese. Come c'era finito in Italia restava solo un mistero. Fin dalla nascita gli avevano detto che fosse orfano é che i suoi genitori erano morti combattendo la guerra contro i nazisti.

Taehyung ben presto, venne adottato da una famiglia di mafiosi siciliani. Una madre, siciliana, con dei boccolini e gli occhi rotondi circondati da lacrime. La donna non poteva avere figli, sperduta dalla disperazione si era ritrovata a farsi tutti gli orfanotrofi del paese fino ad arrivare a Napoli. Non c'era nessun bambino che urlava di essere suo, ma quando vide Taehyung, un bambino con gli occhi a mandorla, muto, se ne innamoró a prima vista.

Ma la vita della donna era complicata. Sposata per beneficenza, usata come un giocattolo, non potendo procreare era stata lasciata bellamente sul marciapiede. Quando poi, gli venne diagnosticato il cancro, sapeva che doveva mettere alla prova il suo ultimo desiderio: Quello di adottare un bambino. Sentire per la prima volta cosa significasse avere un bambino nelle sue braccia, cullarlo e dargli amore.

Quando ella venne a mancare, Taehyung finí in mano a quella che era una popolare famiglia ricca di mafiosi. La donna aveva avuto rapporti sessuali con uno dei tanti boss che conosceva, tutto per dare un futuro a Taehyung. L'uomo all'inizio era contrario, ma quando vide gli occhi nocciola del bambino, non riuscí a fermare le sue pretese.

Taehyung fú cresciuto come un uomo, presto avrebbe preso il posto di "suo padre", sarebbe stato lui il nuovo boss. E non c'era d'aggiungere che Taehyung fosse piú emozionato.

•••

Napoli era una cittadina bellissima da guardare. Aveva cosí tanti posti che era quasi impossibile dire quale fosse il piú bello. Jungkook aveva avuto la benedizioni di nascere in quel paese, in una piccola stradina del quartiere. La mamma di Jungkook era una napoletana con i fiocchi, mentre il suo papà era un soldato coreano. I due si erano incontrati alla fine della guerra.

Il sogno di Jungkook all'inizio era quello di diventare un soldato esattamente come suo padre, ma dopo aver sperimentato la vita da militare si retrasse. Cosí, scelse di diventare un carabiniere.

La vita di Jungkook non era cosí speciale come vi aspettate che descrivi, era un semplice uomo di vent'otto anni sposato con una bellissima ragazza di nome Rosè.

proprio questa al momento si stava pettinando i capelli.

«Amó, ma aró hai messo la mia divisa?»

parló Jungkook, con un tocco di dialetto. Sua moglie ridacchió per poi parlare.

«É nella cesta dei vestiti puliti. L'ho stirata!»

Il biondo, Jungkook, vide la divisa e sorrise. La indossó e si aggiustó allo specchio. Si accarezzó i capelli biondi per poi coprirli con il cappello. Diede un bacio alla foto di suo padre e uscí dalla stanza per andare a ringraziare sua moglie per il lavoro.

Rosè, o Rosa, si incamminó verso Jungkook che l'ammirava oltre lo specchio come pettinava i capelli castani, Rosè ridacchió arrossendo.

«Non guardarmi cosí, Jungkook.»

Jungkook, incantato rispose.

«Non riesco.»

Rosa si alzó dalla sedia e corse nelle braccia di Jungkook. Il biondo la prese dai fianchi portandosela vicino e gli diede un bacio sul naso per stuzzicarla.

Rosè, impaziente qual'era fece scontrare le sue labbra con quelle di Jungkook che mugoló al contatto. Jungkook era sempre stato il marito rispettoso, non era uno di quei mariti violenti, non poteva immaginare la sua figura far del male a Rosè.

«Sei sempre meraviglioso con la divisa, mi viene voglia di strappartela via.»

Jungkook ebbe i brividi nel momento che sua moglie gli bació il collo e fece una risatina.

«D-Devo andare a lavoro, amore.»

Rosa mugoló contrariata ma lasció comunque andare via suo marito.

«Yeontan, vieni qui salutami!»

urló Jungkook al loro cane, un cucciolo di pomeriana abbastanza pigro. Jungkook mise il broncio quando Yeontan non si smosse.

«Yah! Yeontan amore!»

Urló invece Rosè e il cagnolino corse subito tra le sue braccia. Jungkook sbuffó.

«Aspetta che arriva l'ora della pappa.»

Rosè ridacchió, poi il biondo uscí di casa chiudendo il portone, SeokJin, il suo migliore amico romano, sbucó dall'altra parte della porta. Jungkook si mise una mano sul cuore e Jin ridacchió.

«Buongiorno Jungkook! dopo ceni da me vero?»

Jungkook sbuffó.

«Jin, ogni volta che si mangia da te devo chiedere aiuto alla madonna dell'arco. Non cucinare troppe portate che lo sai che sono a dieta!»

SeokJin alzó gli occhi al cielo.

«Per un pó di carbonara stai facendo tutto questo casino. Facciamo una genovese leggera?»

Jungkook si mise una mano nei capelli.

«La genovese? leggera?»

«Preferisci la pizza fatta a mano?»

Chiese Jin con gli occhi luccicanti e Jungkook scosse un sorriso.

«Fai quello che desideri. Non ti prometto nulla peró.»

«Si, si, dici sempre cosí e sei quello che mangia come un bufalo!»

Jungkook non stette neanche a replicare che si mise nell'auto per andare a lavoro.

•••

«Jeon abbiamo una comunicazione, telefono 2.»

Jungkook alzó la testa dai fogli e annuí, prendendo poi il telefono. Dall'altra parte parló l'ospedale.

«Ehm mi scusi é il signor Jeon con cui parliamo? Sua moglie é finita in un incidente stradale e purtroppo non ce l'ha fatta. La preghiamo di venire qui al piú presto.»

Disse il telefono, e Jungkook rimase lí fermo alla notizia. Jungkook non si condegió neanche di rispondere, chiuse il telefono correndo all'auto.

All'ospedale Jungkook era seduto in sala d'attesa, con le lacrime agli occhi. Si torturava le mani coprendosi gli occhi con il cappello, i pazienti lo guardavano un pó dispiaciuti mentre altri si chiedevano cosa facesse un carabiniere nell'ospedale.

L'infermierà uscí dall'ospedale avvicinandosi a Jungkook.

«Signore abbiamo fatto tutto il possibile ma la ragazza non ce l'ha fatta. Prima di morire ha donato i suoi occhi.»

Jungkook si morse il labbro, torturando il cappello tra le sue mani. Annuí lievemente volendo fermare le lacrime.

«Grazie.»

L'infermiera annuí comprensiva e stava per andare via, cosí da donare spazio personale al carabiniere.

«Oh e, non voglio saperlo.»

L'infermiera si giró.

«Non voglio sapere a chi andranno gli occhi di mia moglie.»

L'infermiera annuí, per poi lasciare il posto.

Jungkook si mise il cappello, con viso basso affrontando il vento forte di Napoli, che quella sera, aveva deciso di soffiare piú forte del dovuto.

Green Eyes. | TAEKOOK ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora