Crollo

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I giorni senza Daniel mi scorrono davanti come una cronaca di telegiornale, sembro essere diventata una macchina programmata per fare movimenti.
Mangio solo per nutrirmi, dormo solo per riposarmi senza più provare emozioni per le cose belle della vita.
Daniel aveva lasciato la scuola da due settimane ormai, con la promessa di starmi accanto lo stesso, ma non è stato così.
Credo abbia perfino cambiato numero di cellulare.
A scuola tutti mi tengono a distanza dopo aver saputo di me e Daniel mettendo addirittura in dubbio le mie capacità da surfista.
L'unica cosa che mi tiene ancora in vita è il surf, vivo solo per le onde affrontate con la mia tavola. Dovevo fare di tutto per mantenere il mio posto qui, per arrivare al titolo mondiale e avevo bisogno di uno sponsor per poterlo fare.

Sophie mi aveva dato un mese di tempo e io mi ero iscritta a tutte le gare di surf della zona, ottenevo sempre ottimi risultati ma ad oggi nessuno sponsor e per di più ero talmente stremata dalle gare che non riuscivo a rendere durante gli allenamenti.

Chiamavo Daniel ogni giorno ma trovavo sempre il suo cellulare spento, era svanito nel nulla portando con se tutto il mio amore.

Sono in camera mia a sistemare le mie nuove mute da surf quando Albert bussa alla mi porta

«Sophie vuole vederti» scatto immediatamente e mi dirigo nel suo ufficio, erano trascorse due settimane, non era scaduto ancora il termine e non avevo idea di cosa volesse

«Siediti Amanda» mi fa segno di sedermi

«Cosa è successo?» chiedo impaurita

«Ho buone notizie, uno sponsor ha chiesto di te e sembrano anche parecchio interessati e a dire il vero quando ho sentito il loro nome non mi sono meravigliata» mi dice porgendomi avanti un foglio con lo sponsor.

Alkay è il nome dello sponsor, trattano per lo più articoli sportivi e ultimamente articoli per il surf.

«Si sono offerti di pagare tutte le tue spese, per le trasferte, per le gare... pare che addirittura vogliano accollarsi la tua retta mensile» resto sbalordita.
Da quando mio padre è morto avevo serie difficoltà a pagare la retta alla Surfrider, mia madre continuava a pagarla con i loro risparmi, ma sapevo che le costava molto.

«Non dici niente Amanda?» mi chiede

«Non so cosa dire...» rispondo

«Dovresti essere contenta, ti sei assicurata il futuro alla Surfrider o meglio, qualcuno te lo ha assicurato. Sono sicura che c'è lo zampino di Daniel» appena pronuncia il suo nome sento il mio cuore perdere un pezzettino

«Che c'entra Daniel?» chiedo

«Suvvia Amanda! Alkay è stato lo sponsor di Daniel fino alla fine della sua carriera, pendono praticamente dalle sue labbra. Sono sicura che li abbia convinti lui» capisco solo ora che sarebbe stato questo il modo di starmi accanto nonostante la distanza.
In effetti, non sapevo neanche dove fosse in questo momento, non potevo aspettarmi altro.

«Come sta?» chiedo a Sophie sperando in una risposta concreta

«Ah non ne ho idea. Daniel Wash non è più un mio problema. Conoscendolo sarà da qualche parte a immergere il suo dolore nell'alcol.
Tipico di Daniel, hai conosciuto solo il suo lato buono ma credimi Amanda, ne ha anche uno oscuro» abbasso il capo provando a trattenere le lacrime senza riuscirci

«Capisco perfettamente quello che provi Amanda, ma devi pensare alla tua carriera»

«Voglio solo sapere se sta bene, non voglio sapere altro»

«È adulto, sa badare a se stesso. Domani incontrerai questi dello sponsor, verranno qui per farti firmare un contratto» mi dice alzandosi e facendomi segno di uscire.

Torno in camera mia frastornata e trovo Liam fuori la mia porta

«Cosa ci fai qui?» chiedo infastidita

«Ti stavo aspettando» lo scavalco chiudendo la porta alle mie spalle e lasciandolo fuori ma lui entra

«Liam va via!»

«Volevo chiederti scusa» mi dice

«Ah questa è bella. Prima mi rovini la vita e poi mi chiedi scusa?»

«Non volevo arrivare a tanto ma l'ho fatto per te, Daniel ti avrebbe rovinato la carriera è tuo padre non avrebbe voluto questo» sento la rabbia bollire nelle vene e provo a mantenere la calma fin quando posso

«Non osare nominare mio padre! Neanche lo conosci, come diavolo ti permetti?»

«Sto solo dicendo che devi pensare alla tua carriera»

«È io ti dico che devi pensare agli affari tuoi. Esci dalla mia camera e non entrarci mai più!»
Sbatto Liam fuori dalla mia camera senza pietà fiondandosi sul mio letto e affondando nelle mie lacrime.
Come aveva potuto Daniel lasciarmi così, sola e abbandonata senza sapere come affrontare tutto questo.

Provo a chiamarlo ancora, senza risposta.
Gli scrivo una serie di messaggi, senza risultato. Era completamente sparito nel nulla.

Decido di provare a sentire ancora delle emozioni, doveva trovare un'onda capace di farmi sentire viva. Decido così di tornare sulla spiaggia di Half Moon dove le onde superano i 20 metri di altezza.

Esco di casa di nascosto, prendo la mia tavola da surf e rubo l'auto di Albert.
Mi fermo a comprare una bottiglia di gin, avevo voglia di distrarmi e non pensare.

Scendo dall'auto una volta raggiunta la spiaggia, inizio a buttare giù del gin sentendo l'amaro in bocca.
Dove diavolo sei Daniel, perché non sei qui con me?
Prendo la tavola e entro in acqua, l'oceano è abbastanza agitato e noto delle onde mostruose.

Il surf non è uno sport come tutti gli altri: nulla ti può aiutare se non la capacità tecnica maturata, la profonda conoscenza dell'oceano e dei fenomeni naturali. Non ci sono tecnologie che aiutino la vita di un surfista. Nulla di nulla.
L'onda si blocca nella mia testa, tutto si ferma per un secondo e come un fulmine che mi attraversa, ho bisogno di adrenalina, di dimostrare a me stessa che sono ancora capace di provare emozioni.

Si alza una mostruosa onda davanti a me, ad occhio e croce direi che sono più di 24 metri, non ci penso due volte, mi ci immergo alzandomi di scatto sulla tavola entrando nel tubo d'acqua.
Non credo di essere abbastanza lucida per mantenere l'equilibrio, me ne accorgo quando non riesco a tenermi in piedi sulla tavola.
Il gin mi faceva girare la testa e l'oceano agitato non mi aiutava.

Cado dalla tavola in un attimo di distrazione, affondando nella mostruosità dell'onda, provo con le poche forze che ho a risalire a galla ma la mia tavola si incastra in qualcosa.

Non sono mai stata un granché a trattenere il respiro, non sono mai stata una fan dell'apnea, mio padre e lo stesso Daniel mi avevano ripetuto spesso che dovevo lavorarci di più per un eventuale incidente.
Avevo una resistenza di 60 secondi, i quali molto probabilmente a causa del gin ingerito sarebbero stati di meno.
Smetto di nuotare, smetto di dimenarmi con le braccia per risalire, mi lascio risucchiare dall'oceano il quale mi aveva sempre accolto come una figlia ma che questa volta sembrava volermi inghiottire senza pietà.

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