XV.

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Erano trascorsi ormai cinque giorni dalla morte di Nancy, e nessuno di questi aveva rilevato qualcosa di particolarmente interessante.

Era notte fonda. Il castello era silenzioso e buio. Si udiva solamente il continuo stillicidio delle goccioline di piogge penetrate dal soffitto di legno della camera di Thom. E lui era a letto, sveglio naturalmente. Osservava l'oggetto trovato nel pugno di Mrs Clark.

L'aveva già visto. Stava cercando di fare mente locale. A chi apparteneva quel gingillo? Non era certamente di Nancy, era fatto d'oro e sicuramente valeva una cifra esorbitante.

Un lamento lo riscosse dalle sue riflessioni. Pensò di essere impazzito, ma poi eccolo di nuovo. Si vestì e accese una candela. Esaminò le varie stanza del castello, ma non trovò nulla. Accostò anche l'orecchio alle camere da letto degli altri ospiti, magari qualcuno stava poco bene e necessitava un aiuto. Dall'uscio di St. Cleeve si udiva solo un leggero russare, ma le stanza delle signore erano particolarmente silenziose.

Eppure il lamento continuava, era un pianto sommesso. Non si doveva perdere tempo.

Thom varcò la soglia della sala da gioco e lo percorse un brivido. La sala da gioco. Dove tutto ebbe inizio.

Poi gli si accese una lampadina. Si recò nella biblioteca, collocata accanto a quest'ultima. Appoggiò la candela sul camino e si guardò attorno. Strano, ma nessuno aveva mai notato questa enorme sala. Al centro della stanza si trovava un lungo tavolo di mogano con una catasta di libri impilati su di esso. Vedeva candelabri d'oro zecchino altissimi appoggiati quasi dappertutto. La libreria era immensa, scomparti e scomparti di volumi riccamente decorati lo guardavano dall'alto in basso. Ogni mensola era dedicata a un genere preciso. La grandezza di quella stanza metteva Thomas in soggezione, facendolo sentire l'uomo più piccolo della Terra. Poi guardò attentamente la terza fila di libri. Osservò un volume in particolare, dalla sua spina lesse il titolo:" Il segreto di Lady Audley". Represse una risata, un nome davvero azzeccato e che si confaceva perfettamente alla sua situazione. Magari avrebbe pututo scrivere un romanzo un giorno, intitolato:" Il segreto di Lord McGrey.", chissà.

Scacciò dalla mente quei pensieri inutili.

Esercitò una leggera pressione sul volume sopraccitato. La libreria si spostò e proprio come succede nei romanzi, Thomas si trovò davanti a un passaggio segreto.

Il lungo tunnel era buio, aveva minuscole finestre rinchiuse da inferriate di ferro apparentemente indistruttibile. Sembrava una prigione. L'aria era impregnata di un odore metallico, era stantia e quasi irrespirabile. Thomas avanzò. Inciampò in un aggeggio. Lo prese in mano, poi lo lasciò subito cadere. Fece un rumore estremamente forte per un oggetto di così piccole dimensioni, e Thom temette che il rimbombo si fosse propagato anche nei piani superiori del castello. Osservò la causa di tanto baccano: era un semplice pugnale d'argento, tutto incrostato di sangue.

I lamenti si facevano sempre più potenti. Thomas si ritrovò davanti a una porta. Tirò un bel sospiro, poi la aprì. Davanti a lui c'era una scala a chiocciola tutta irrugginita che creava una spirale infinita. Cominciò a salire i gradini di pietra, e arrivato alla fine della scala temette seriamente di cadere perché gli ultimi scalini si sgretolarono poco prima che appoggiasse il piede su di essi. Perciò fece un piccolo salto, e giunse alla fine della scalinata. Davanti a lui si estendeva una piccola finestrella, guardò fuori e vide la scogliera quasi a 360 gradi. A questo punto comprese di non trovarsi nei sotterranei del castello come aveva originariamente supposto, bensì in una delle due alte torri dell'edificio.

Si girò, e trovò un'altra porta, questa volta chiusa a chiave. Pensò a cosa fare. I lamenti provenivano proprio dal suo interno. Cercò di forzare la serratura, che però era stranamente in ottimo stato. Il ferro sembrava quasi nuovo, a parte un po' di ruggine.

Perciò Thom prese una rincorsa e si scagliò sulla porta con tutte le sue forze, abbattendola. Si guardò intorno, l'ambiente era molto grande e oscuro, il pavimento era grigio e sporco, goccioline d'acqua cadevano continuamente dal soffitto, formando un'enorme pozza di umidita su di esso. La temperatura era bassissima, si gelava. In un angolino, notò un uomo disteso supino, che si lamentava e contorceva in preda al delirio. Si avvicinò lentamente a lui e quale fu la sua sorpresa, quando riconobbe Mr Clark.

Il suo volto era pallido, quasi trasparente. Tuttavia possedeva anche un colorito tendente al verdognolo, in cui il colore giallo si fondeva conferendogli un'aria decisamente spaventosa. Thom lo sollevò e lo portò in sala da gioco, distendendolo sul divano. Sembrava in punto di morte, ma all'improvviso parlò.

"Cibo..." sussurrò. Thom accostò il viso a quello del maggiordomo.

"Cosa, Mr Clark? Parlatemi, forza!" disse lui.

"Cibo..." continuò a dire il poveretto. Thomas corse  in cucina e tornò con un vassoio pieno zeppo formaggio, pane, latte, acciughe fritte e pasticcio di carne.

Mr Clark si scagliò sul cibo con occhi avidi, lampeggiavano in modo alquanto inquietante. Divorò tutto in meno di cinque minuti. Thom era molto stranito, quell'uomo si trovava sicuramente alla fine della maratona comunemente definita vita, aveva subito probabilmente dei maltrattamenti fisici e non si nutriva da una settimana, dove trovava la forza anche solo di avventarsi su quegli avanzi con tale voracità? Alla fine questa era la domanda meno importante. Thomas continuava fissarlo attentamente. Non gli dava nemmeno un giorno ancora su questo mondo. Proprio per questo era necessario farlo parlare.

"Mr Clark, ascoltatemi. Chi vi ha ridotto in questo stato?"

Il maggiordomo, un tempo così robusto e gioviale, fissò Thomas con gli occhi fuori dalle orbite come se si fosse accorto solo in quel momento della sua presenza.

"Mr Clark! Mi capite? Cosa vi è accaduto? Vi supplico, siete la nostra ultima possibilità! Potete fidarvi di me! Vendicherò voi e vostra moglie, ve lo giuro solennemente. Sarà fatta giustizia. Ma vi prego, serve un solo sforzo. Uno solo. Non vi chiedo nient'altro." Richiese Thomas speranzoso, come poteva un discorso del genere non scuoterlo minimamente? Eppure era così.

Mr Clark poi aprì la bocca, ma non per parlare. Iniziò a respirare affannosamente, gli occhi erano annebbiati. Poi perse i sensi.

Thom lo portò in camera e lo fece sdraiare. Tra poco sarebbe morto. Non poteva perdere quest'occasione. Sperò che Mr Clark almeno si svegliasse, se fosse morto nel sonno non avrebbe potuto estorcergli alcuna informazione. Una sola parola, una parola significativa, concisa e precisa sarebbe stata determinante. Ma ormai sembrava troppo tardi. Il respiro si stava facendo irregolare, il cuore piano piano stava cedendo, i suoi tessuti si stavano man mano raggrinzendo per lasciare spazio alla consolazione della morte dopo tanta sofferenza.

Dopo un'oretta però, il maggiordomo si svegliò. Thom era seduto alla scrivania, si stava per assopire, ma vide le lacrime che rigavano il volto dell'uomo. Provò una compassione indescrivibile. Chissà cosa gli era stato fatto, pover'uomo. Nessun essere umano merita una morte così lenta e dolorosa. Thomas provò una tremenda tentazione.... Poteva mettere lui fine a quella sofferenza. Ma allo stesso tempo non poteva farlo. Si avvicinò lentamente a lui, senza più alcuna pretesa. Capiva il disagio e il dolore di Mr Clark. La morte della moglie, le torture subite. Perché adesso si doveva aprire proprio con lui? Lasciagli passare i suoi ultimi minuti in pace, si disse Thom. Ma non ce la fece. Doveva sapere la verità.

"Mr Clark" gli chiese dolcemente "Vi prego, aiutatemi. Una sola parola, quella che volete e che ritenete più giusta. Chi vi ha fatto questo? Chi ha ucciso vostra moglie?"

Il maggiordomo tentò di parlare. Un flebile suono gli uscì dalla gola.

"Lord McGrey." Disse.

Poi spirò per sempre.

Il segreto dei McGreyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora