XVII.

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Thomas si precipitò nella sua stanza. La sua mente lavorava incessantemente. Aveva un'idea. Sentiva il sapore dolce che accompagna il boccone della vittoria, della verità e soprattutto della giustizia. Lui sapeva. Prese un foglietto con mano tremante, rischiando di rovesciare anche il calamaio colmo di inchiostro per l'agitazione.

Disegnò due colonne separate, poi scribacchiò freneticamente:

Lady McGrey Lord McGrey

Capelli 1. Veleno?

Ritratto 2. Cascara?                                                                   

Gingillo trovato nel pugno di Nancy Mr Clark

Queste parole erano estremamente importanti. Termini chiave.

Thom sospirò. Ce la stava facendo. Stava riuscendo a districare un groviglio apparentemente inestricabile. Era sempre più vicino alla verità... eppure dei pezzi mancavano. Non poteva perdere tempo. Si precipitò in corridoio e si recò in cucina. Quello che un tempo era il regno di Nancy. Al centro della stanza si trovava un grande tavolo da lavoro, pentole e ancora pentole di rame erano sparse da ogni parte. Thomas aprì la dispensa e trovò una boccetta contenente della foglioline quasi impercettibili, erano state triturate davvero minuziosamente. Le annusò, ma non riuscì a identificare la loro natura. Non doveva far altro che rischiare in tutto e per tutto.

Bollì del latte, ci fece sciogliere del miele per dolcificarlo e poi aggiunse un po' del misterioso contenuto dell'ampolla.

Thom tirò un interminabile sospiro, poi si accinse a bere. Esistevano due opzioni: la sostanza che si stava facendo strada nel suo esofago era velenosa, oppure poteva essere semplicemente cascara, come lui aveva supposto. Ergo, si potevano prendere in considerazione due possibilità soltanto: Thomas sarebbe morto, oppure sarebbe stato malissimo per poi ristabilirsi completamente più tardi.

Subito dopo aver ingurgitato la bevanda preparata, seppellì il viso tra le mani. Si era preso un rischio davvero enorme. La notte porta consiglio, come si suol dire. E fu appunto la notte a comunicargli se la sua supposizione era stata corretta oppure un enorme e irreparabile errore.

                     


A cena Thom non toccò cibo, adottando la scusa di aver fatto un abbondante spuntino pomeridiano. Era importante mantenere lo stomaco vuoto per la riuscita dell'esperimento. Giunto il momento di coricarsi, si preparò. Posizionò una grande ciotola di rame accanto al letto e attese. Se stava attendendo la morte, travestita di nero e con un sorrisetto arcigno sul volto bianco, non lo sapeva. Respirò, immagazzinando più aria possibile. Se si era ingannato, se quelle foglie non erano di cascara, l'impareggiabile sensazione di aria fresca nei polmoni non l'avrebbe provata mai più. Non era molto avanti con gli studi di medicina, inoltre non aveva una conoscenza molto profonda delle erbe curative e velenose. I suoi pensieri raggiunsero Grace, lei era veramente esperta di queste sostanze, visto il possesso di suo padre della bottega a Edimburgo. Un dubbio gli invase la mente. No, non poteva essere.... No. Proprio no.

Passò qualche ora, e Thomas stava perfettamente bene. Poi le sue palpebre iniziarono a chiudersi quasi spontaneamente, così cadde in sonno abbastanza profondo.

Nel cuore della notte si svegliò, non riusciva a respirare, sembrava che una morsa gli attanagliasse lo stomaco e glielo strappasse via. Si sporse dal letto e vomitò tutto ciò che aveva ingerito quella mattina e anche nei giorni precedenti. Non era mai stato così male in vita sua. Iniziò a tremare, la vista si fece annebbiata. Poi, il buio.

                       


Il mattino seguente, Thom si svegliò grazie al sole che entrava prepotentemente dalla finestra. Aprì gli occhi, si mise a sedere sul letto e si guardò intorno. Era vivo. Vivissimo. E stava anche molto bene. Esultò, aveva indovinato. Quella era proprio cascara. Adesso doveva fare solo un'ultima cosa. La più importante, quella che sarebbe stata determinante per sapere se le sue supposizioni erano giuste e sensate.

Scese le scale, sperando di non incontrare nessuno. Ma purtroppo, Grace gli venne incontro porgendogli la mano.

"Thom! Cosa hai fatto ieri sera? A cena non hai mangiato nulla, e poi sei andato a letto prestissimo. Avevo preparato la pepata. Di solito ti piace tanto."

"Ero un po' indisposto ieri, Grace." Rispose lui. Poi si morse il labbro. Avrebbe voluto aggiungere qualcosa... qualsiasi cosa. Ma per la prima volta non aveva la risposta pronta.

"Mi stai nascondendo qualcosa." Disse Grace socchiudendo gli occhi fino a farli diventare un'impercettibile fessura "Sei strano in questi ultimi giorni. Qualcosa non va? Sai benissimo che a mu puoi dirlo."

"Va tutto bene, non farmi l'interrogatorio." Rispose lui gelido. Perché utilizzava questo tono con lei?

"Tu in passato mi hai fatto vari interrogatori, ricordi? E ora non posso farli io a te? Comunque non importa. Tieniti pure i tuoi preziosi segreti. Non insisterò più. Però dimmi solo una cosa, una sola. Dove stai andando adesso? Non sei nemmeno venuto a colazione."

"Ti ho già detto che non ho fame. Ora lasciami passare. Vado in cucina a preparare un the."

Lui la spinse via dalla porta. Lei rimase ad osservarlo. I suoi capelli castano chiari si muovevano al passaggio della brezza proveniente dalla finestra aperta. Grace si strofinò gli occhi. Lo amava. Lo aveva realizzato fin dal giorno in cui l'aveva salvata e l'aveva riportata al sicuro sulla scogliera. Ripensò al tocco fra le loro mani, alla sensazione delle braccia di lui che la stringevano delicatamente... una scossa elettrica la percorse da capo a piedi. St. Cleeve aveva ancora ragione. Lei sapeva amare perché Thomas gliel'aveva insegnato. Era un ottimo maestro, pensò.

                       


Thomas tornò nella biblioteca. Si intrufolò nel passaggio segreto, salì di corsa la scala a chiocciola e poi si fermò di colpo. Si trovava davanti alla stanza in cui aveva ritrovato il povero Mr Clark in punto di morte.

Entrò, guardandosi intorno. Notò un enorme arazzo che oscillava avanti e indietro, come se una corrente d'aria lo muovesse. Si avvicinò ad esso, lo sollevò e vide una piccola porticina di legno semichiusa. Era alta più o meno 160 cm. Thom appoggiò le mani a terra, mettendosi a quattro zampe. Gattonò fino alla fine del tunnel, che pareva interminabile. Giunto sul fondo, davanti a lui addocchiò un altro minuscolo uscio. Sembrava molto fragile. E infatti lo era. Si lanciò su di esso con forza e lo abbattè con estrema semplicità. Chiuse un istante gli occhi. Quando li riaprì, vide ciò che cercava. O meglio, vide chi sperava di trovare. Fissò con sguardo divertito la figura accovacciata per terra, che lo fissava sbalordita. Aveva la bocca spalancata per lo stupore, le guance si faceva pallide e purpuree ad intermittenza. Era circondata da un cesto di frutta, pane, latte e una brocca d'acqua.

"Lo spettacolo è terminato, Lord McGrey. E' ora di chiudere il sipario. Se permettete vi do una mano, cosa ne pensate, milord?" chiese Thomas.

Poi aggiunse:" E' stata una tragedia, o commedia –dipende sempre dai punti di vista- alquanto divertente. Facciamo così: domani sera verrò a liberarvi, così potrete ricongiungervi con vostra moglie. Che ne dite? Vi aggrada questo progetto?"

McGrey continuava a fissarlo a bocca aperta, senza pronunciare nemmeno una sillaba. Thom si inchinò, fece un cenno di congedo ed uscì, chiudendo la porta a chiave.

Probabilmente quel sorrisetto ironico gli sarebbe rimasto stampato sul volto per tutta la durata della sua vita, anche nella tomba!

Il segreto dei McGreyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora