"Ovunque vada e qualsiasi cosa accada, noi due siamo stati qui."
- Respiro solo se tu, Jennifer Niven
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Nives non ascoltava mai le conversazioni degli altri.
Non per privacy, non principalmente per quello.
Solo che l'idea dei pettegolezzi la scandalizzava particolarmente.
Il suo essere fuori dal mondo era tossico, e non si sarebbe potuto negare.
Però a volte, in situazioni del genere, ci si trova per puro caso.
Sola, davanti l'ingresso della scuola, sentì un nome che non sarebbe potuto passare inosservato.
Non a lei.<<Avete notato che da un mese abbiamo supplenza, nell'ora di italiano?>> la voce di Jerry, una ragazza conosciuta per i suoi capelli rosa e la voce squillante, porse questa domanda ai suoi amici.
<<Deficiente! Secondo te?! La professoressa Rana era precaria! Se ne sarebbe andata comunque! L'ha detto l'anno scorso! Non avranno neanche deciso chi la sostituirà...>>.
Il gruppetto continuava a parlare, senza mai fermarsi. Come erano soliti fare gli altri.
Nives aveva smesso di ascoltare.
Non riusciva ad ascoltare.
Si era ripromessa di non ascoltare più in questo modo troppo superficiale, troppo leggero, per essere definito parlare.Si sentì mancare il pavimento sotto i piedi.
Non fece a meno di pensare a quando, vedendola sempre da sola, la professoressa le chiese di trascorrere un pomeriggio in biblioteca. Parlarono di tutto, e Nives si sentì bene. Nessuno l'aveva capita in quel modo, nessuno aveva saputo approcciarsi così bene con lei.
Senza invadere troppo i suoi spazi, ma capendosi con delle semplici e banali metafore.
Ricordava di quando le consigliò 'Respiro solo se tu' di Jennifer Niven.
Le aveva detto: <<Diventerà il tuo libro preferito, ne sono abbastanza sicura>>.
Ed ebbe ragione.Ricordava dell'ultimo giorno di scuola, l'anno prima: la professoressa aveva scritto una lettera per la fine dell'anno scolastico.
Aveva chiamato proprio lei a leggerla.E Nives si sentì male, perché non voleva realizzare che l'avrebbe persa.
Non sarebbe riuscita a realizzarlo, non sarebbe riuscita a metabolizzare l'abbandono.
Si avvicinò alla cattedra titubante, piangendo.
Cercò di concentrarsi sul leggere la lettera e notò per l'ultima volta quanto la sua calligrafia fosse bella, raffinata, precisa.Tuttavia non ci riuscì. Alzò la testa dal foglio e riguardò la donna con sguardo perso, anche lei con le lacrime agli occhi.
Era reciproco.
Le fece un sorriso di incoraggiamento, invitandola a leggere.
Ma la ragazza stava singhiozzando, non riusciva a parlare, e corse fuori dall'aula.Non ha mai saputo cose ci avesse scritto.
Non era una semplice professoressa, non era "la Rana", ma era un'amica.
Un'amica che le aveva dato più di tutto.Ritornò alla realtà, ricordando di essere in mezzo ad altri 400 studenti, all'ingresso principale della scuola.
Una lacrima bagnò la sua guancia.
Poi un'altra, un'altra e un'altra ancora.
Non avrebbe potuto piangere lì, crollare lì.Camminò velocemente, con la sua delicatezza capace di farla risultare inesistente, fino all'entrata posteriore della scuola dove -solitamente- non c'era mai nessuno, essendo chiusa.
Si sedette sul gradino del marciapiede affianco, iniziando a mordersi il braccio pur di non urlare dalla disperazione.
Alcuni avrebbero pensato che fosse davvero strana, alcuni che fosse semplicemente lei e altri che stesse esagerando.
Sapeva sarebbe arrivato questo momento, ma sentirlo dire aveva fatto più male. Come in tutte le cose.
Continuava a piangere, un pianto difficile da trattenere, esasperata dalla situazione.
D'un tratto una figura robusta e alta, con degli occhiali neri e dei capelli biondo cenere, si materializzò di fronte a lei.
Lo riconobbe: il ragazzo del sentiero.
La stava osservando, provando a decifrarla, forse psicanalizzarla, senza riuscirci.
Corrucciò le sopracciglia, senza parlare.
Nives alzò la testa, incrociando i suoi occhi: chiari, così tanto splendidi da potercisi rispecchiare.Uno sguardo freddo, però.
Distaccato, altrove.
Come il suo.Quella della ragazza non era una richiesta d'aiuto, i suoi occhi erano vuoti e -di nuovo- nessuna parola sarebbe stata all'altezza della situazione.
Per quante parole esistano, nessuna è mai abbastanza.
Cosa si dice in questi casi? Le parole sarebbero bastate per eliminare quella situazione di disagio?
Nives avrebbe preferito che non dicesse niente, che stesse zitto e che andasse via. Dimenticandosi del resto.
E lui, in un modo a lei sconosciuto, capì. Andandosene.
🍫🍫🍫
Era arrabbiata, triste e frustrata.
La giornata scolastica era terminata e l'unica cosa che avrebbe voluto fare in questo momento era leggere.Mettere tutto da parte, lasciare che le cose andassero avanti da sole, in fin dei conti il mondo andava avanti con o senza di lei, tentare di scappare dai problemi un'altra volta.
Però era difficile, un'impresa troppo ardua per avverarsi.
Arrivata in biblioteca, si sedette nel suo solito tavolo.
Sistemò lo zaino sulla sedia affianco e aprì la tasca davanti, per prendere il telefono.Mentre lo tirava fuori, cadde un bigliettino dallo zaino. Si abbassò velocemente per prenderlo, senza farsi un'idea di cosa potesse esserci scritto, e lo aprì:
"Ciao. Ti ho vista oggi, ti vedo sempre. Spero tu stia bene e spero di non essere risultato maleducato o insensibile andandomene. Non sapevo come comportarmi. In tal caso, scusami.
- Will :)"
Nives si paralizzò. Aveva dato un nome a quel volto.
Saltando tutto il fine poetico e spiacevolmente romantico, pensò di dovergli rispondere.Girò la testa a destra, cercando quello sguardo.
Una parte di lei era convinta che Will sapesse dove fosse. Era troppo intelligente per non esserne al corrente.S'incrociavano sempre.
Lui era lì, seduto al tavolo un po' più lontano dal suo, che ripeteva un capitolo di 'storia dell'arte' mentalmente.
Nives aveva intuito che fosse l'inizio di qualcosa.
Il destino aveva già scelto il futuro di quei due. Non era un caso che si ritrovassero ogni volta.
-spazio per persone pazienti-
* Curiosità: la vicenda della professoressa non è inventata è vera. L'ho sfruttata per una svolta della trama :) *
Il prossimo capitolo sarà ✨scoppiettante✨
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EPHEMERAL // Will Poulter
Fanfic[SOSPESA - QUASI FINITA] Vivere il mondo dall'esterno, sentirsi diversi, troppo monotoni per questa generazione. Con desideri grandi, aspirazioni a sogni irrealizzabili, la vita viene governata dalle paranoie e l'empatia la rende più difficile. Wil...