𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑶𝑳𝑶 𝟓𝟑

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𝑵𝒐𝒕𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍'𝒂𝒖𝒕𝒓𝒊𝒄𝒆: capitolo con smut.

"Che pigiama porto via? Noioso o più provocante?"

"Tommasino, la smetti di essere così agitato? Viene l'ansia anche a me, a momenti"

"Scusami amico". Sono agitato. Non ho mai passato una notte fuori con qualcuno. E' veramente tutto nuovo. Nuove sensazioni, nuove emozioni e pensieri, per una volta positivi, che ti riempiono la testa. La settimana è volata, e l'agitazione in questi giorni non è di certo mancata. Tutto strano, ma tutto bello, bellissimo.

"Ok, dovrei avere tutto"

"Ti accompagno io dai, così se ti perdi almeno non sei solo"

"Grazie Mat"

Scendo le scale e trovo i miei genitori abbracciati a guardare la televisione, tranquilli e innamorati come non mai. Vorrei trovare una persona come loro, che rimanga al mio fianco per sempre, amandomi sempre, apprezzandomi sempre. Di questo ho bisogno: amore. Non solo amore famigliare, che non è mai mancato in casa Nam, ma di un amore che una persona al di fuori di tutto può offrirti, per tutta la vita.

"Sto andando da Dane"

"Piccolo, chiamami quando sei arrivato e scrivimi ogni tanto"

"Non si preoccupi lo accompagno io. Sono una persona responsabile, posso portarla dove vuole se le va"

"Ma la pianti?", esclamo tirandogli uno schiaffo sul braccio.

"Tranquillo Tommy, mi fa piacere la gentilezza di Matteo"

"La ringrazio bella signora"

"Ok, andiamocene"

"Divertiti ma non troppo nano", dice mio padre.

"Non preoccupatevi"

Sono veramente agitato, pronto a tutto. Mi fido di lui, ma ho paura di non essere abbastanza. E' sempre stato così: non essere abbastanza bravo a scuola, non essere un bravo figlio, non riuscire nemmeno a baciare qualcuno. Il non essere abbastanza è un pensiero fisso, che mi impedisce di vivere serenamente. Matteo mi rimprovera sempre quando non mi fido di me stesso e delle mie potenzialità, ma sono cresciuto in mezzo a compagni di classe sempre sul pezzo con le materie, che prendevano sempre nove e dieci nelle verifiche orali e scritte, sapevano sempre cosa dire quando il prof li chiama. Odio ancora adesso quando si lamentano di una sufficienza. Cazzo, farei carte false per avere i loro voti e le loro capacità. Quando vivi in ambienti del genere, dove ti senti inferiore a tutti, è difficile credere in se stessi. Anche nelle feste che i miei organizzano a casa, insieme a colleghi di lavoro o con semplici amici d'infanzia. Loro si vantano di figli intelligenti, che studiano in Inghilterra, pagelle d'oro dalla prima elementare, responsabili e sportivi. Io mi chiedo sempre su cosa possono vantarsi i miei: di un figlio gay e associale, non credo proprio.

"Siamo arrivati", dico a Matteo, fermandomi davanti a una piccola villetta non lontana da casa mia.

"Se hai bisogno, chiamami. Sai che non mi piace quel tipo"

"Tranquillo. Buona serata amico"

Suono il campanello e il cuore comincia a battere forte quando sento la porta aprirsi. E batte ancora più forte quando mi si presenta davanti un Dane con i capelli mossi spettinati, pantaloni abbassati fino alla vita e canottiera bianca, a piedi scalzi.
"Ciao piccolo. Entra e fa come se fossi a casa tua"

Lascio le mie cose nel salotto, una stanza enorme, penso il doppio di quello che ho io.

"Tutto bene? Ti vedo agitato"

"Tranquillo sto bene. Adoro la tua casa. Amo il grigio dei mobili"

"Grazie. Ho preparato qualcosa da mangiare"

Passiamo il pomeriggio a parlare di tutto, sgranocchiando salatini e bevendo birra fresca.

"I tuoi mi sembrano delle persone simpatiche; sono molto giovani"

"Si lo sono infatti"

"Che lavoro fanno?"

"Mia mamma scrive libri e papà lavora come architetto"

"Wow. Tuo padre è orientale?"

"Si, i miei nonni sono coreani ma hanno vissuto in Italia da quando si sono sposati"

"Ecco da chi hai preso gli occhi"

"Già"

"Sono entrambi molto belli. Ci credo che sei così figo"

"Tua mamma che lavoro fa invece?", chiedo per nascondere l'imbarazzo provocato dai suoi complimenti. Non sono abituato, anche perchè mi sono sempre visto brutto.

"Mia mamma è avvocato"

"Posso chiederti come mai è sola?"

"l miei genitori si sono separati quando è nato mio fratello. Non andavano d'accordo tutto qua"

"Mi spiace"

"A me no. Era faticoso sentirli litigare anche per la minima cazzata. Quando sei bambino ti prende ancora di più, ma poi crescendo si sta meglio", dice accarezzandomi la coscia. "Ora però non parliamo di questo. Saremo soli fino a domani. Soli in questa enorme casa. Non sai quanta voglia ho di stare con te". Mentre pronuncia queste parole, si avvicina, fino a far scontrare le nostre labbra, dando inizio a un bacio bagnato, intenso, tanto atteso.
Mi prende in braccio e mi porta nella sua stanza, molto grande e calda. Mi stende sul letto, lasciandosi cadere su di me senza farmi male con il suo peso, dato che sono minuto in confronto a lui, nonostante la palestra che faccio quasi ogni giorno a casa. Mi toglie la maglia, e io faccio lo stesso con la sua. Lo faccio sedere sotto di me, e gli sfilo i pantaloni della tuta. Capovolge nuovamente la posizione, spogliandomi completamente. Io cerco di coprirmi. Mi sento così nudo di fronte a lui, così piccolo.

"Hey. Sono io piccolo, non devi coprirti"

𝑵𝒐𝒕𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍'𝒂𝒖𝒕𝒓𝒊𝒄𝒆: storia raccontata dal punto di vista di Dane.

E' totalmente nudo, e non posso fare a meno di ammirare il suo corpo perfetto, tonico, scosso dal piacere a causa delle mie mani, che continuano ad accarezzare ogni centimetro del suo petto, fino ad arrivare al suo pene, ormai bagnato, per me.
"Piccolo devo prepararti prima di entrare, visto che è la tua prima volta"

"Fai quello che vuoi", dice ansimando, facendomi eccitare ancora di più. Così, porto le sue dita alla bocca, e lui le succhia per bene, rendendo il tutto così intenso che potrei farlo mio all'istante. Ma non posso, non voglio fargli del male, è l'ultima cosa che voglio.

"Ci sei ragazzino?"

"Muoviti". Faccio scivolare un primo dito, e attendo che si abitui, mentre prendo nell'altra mano la sua intimità muovendomi per distrarlo dal dolore.

"Cazzo", ansima mentre inserisco altre due dita. Continuo ancora per qualche minuto.

"Dane, basta non ce la faccio più"

Mi spingo dentro di lui, stando fermo quel che basta per poi andare più veloce. Aumento la velocità quando sento che ormai il dolore è passato. Le sue gambe che avvolgono perfettamente la mia vita, le sue unghie che graffiano la mia schiena ogni volta che vado a colpire il suo punto debole. I suoi gemiti mischiati ai miei. Il paradiso. Riprende a darsi piacere.

"Sto per venire piccolo"

"Anche io". Vengo sulla sua pancia per evitare guai e lui nella sua mano. Mi stendo accanto al suo corpicino, ancora tremante.

"Come ti senti?"

"Sto bene, davvero tanto". Mette la testa sul mio petto. E' così dolce. Me lo mangerei a colazione.

"Ceniamo ti va?"

"Certo, ma credo che tu debba prendermi in braccio"

"Ci penso io piccolo"

Serendipity 𝓢𝓮𝓬𝓸𝓷𝓭𝓪 𝓹𝓪𝓻𝓽𝓮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora