𝑵𝒐𝒕𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍'𝒂𝒖𝒕𝒓𝒊𝒄𝒆: storia narrata dal punto di vista di Dane.
Sono in camera a suonare la chitarra. La musica è sempre stata la mia passione, ma da quando i miei genitori si sono separati mamma non ha abbastanza soldi per iscrivermi a un corso. Da un'anno, ho iniziato a lavorare di notte in un bar. Uomini che si strusciano su di me quando vado a servire al tavolo, donne che sculettano per ottenere la mia attenzione. Insomma, un posto da schifo che però permette alla mia famiglia di campare. Nessuno sa di questa cosa, nemmeno mia madre. Varie volte mi ha beccato rientrare tardi, addirittura alla mattina un'ora prima del bus per la scuola, ma ho sempre inventato scuse, e quella che sembrava filare di più era: "Sono andato dalla mia ragazza e mi sono addormentato". Ma dopo un pò ha smesso di crederci e, alla fine, di domandare dove fossi stato tutta la sera.
Conserviamo un salvadanaio in salotto dove teniamo tutti i nostri risparmi. Ogni fine mese mamma lo rompe ed è sempre più felice quando vede quello che ho lasciato, non curante che sia suo figlio a riempirlo, pensando che lo stai facendo papà come stabilito il giorno del divorzio. Ma dei suoi soldi nessuna traccia. Per questo mi sono rimboccata le maniche, in particolare per il mio fratellino. La causa della separazione, sembrerebbe. Quando mamma è rimasta incinta, io avevo già 13 anni, perfettamente in grado di capire la situazione. Lui cominciava a tornare dal lavoro sempre più a notte fonda, lei si insospettì e scoprì il suo tradimento. Ricordo la faccia di mia madre, sudata per i continui pianti. Le andai vicino e le dissi questa semplice frase per farla sorridere e rassicurarla: "Farò io da papà a questo bambino". E così ho fatto e sto facendo. Ho mantenuto la mia promessa. Infatti tante volte Davide mi chiama 'papino'.
Sento un boato provenire dal salotto. Trovo mia madre con del vino, per terra.
"Mamma. Ancora bevi?". Le vado vicino togliendole la bottiglia dalle mani.
"Sono una madre orribile"
"Non dire così". Mi fissa, mi osserva e mi accarezza il viso.
"Quanto sei bello Dane. Piccolo mio"
"Dai tirati su". L'aiuto ad alzarsi.
"Chi era il ragazzo di oggi pomeriggio?"
"Un compagno di scuola"
"Ti piace?"
"Non dire sciocchezze"
"Cosa c'è di male?". Mi blocco.
"Tu accetteresti il fatto di vivere con un ragazzo gay?"
"Certo piccolo. Sei il mio bambino. L'unica cosa che voglio è che i miei figli siano felici e che trovino qualcuno che li ama veramente. Meritate una vita perfetta, tu per primo. Davidino è ancora piccolo, lui non sa, ma tu si. Per questo ti devo tutto". La abbraccio forte, piangendo come non mai.
"Grazie mamma"
"Esci con quel ragazzo. Ti farà solo del bene"
"Dici?"
"Sì piccolo mio. Ho visto come lui ti guardava."
"Cioè?"
"Come meriti di essere guardato. Anche tuo fratello gli è saltato in braccio e lui non si lascia toccare da nessuno"
"Secondo me sei solo ubriaca"
"No tesoro. Sto bene. Come non lo sono mai stata", dice sorridendo. E' da un pò che non la vedevo ridere. Ha le guance rosse e un sorriso a trentadue denti.
"Mamma. Perché quella faccia?"
"Ho conosciuto un uomo", esclama mentre la appoggio con delicatezza sul letto.
"Stai scherzando? Chi è?"
"Un mio collega di lavoro"
"E' un brav'uomo?"
"Molto"
"Questo è l'importante. Ne parleremo domani mattina. Notte"
"Hey"
"Dimmi"
"Ti amo tesoro"
"Ti amo anche io mamma"
Torno in camera mia buttandomi sul letto stravolto. L'orologio della mia camera segna le 3.30. Tra solo quattro ore devo salire sulla moto per andare a scuola. Al pensiero mi sale un conato di vomito. Corro in bagno e butto fuori tutto. Lacrime, dolore, stanchezza. Mi guardo allo specchio: sono uno schifo.
Torno a stendermi cercando di prendere sonno quando mi arriva una notifica. E' Tommaso.
Sei sveglio?
Certo piccolo. Brutti sogni?
No, è solo che non riesco a dormire.
Neanche io. Ti chiamo.
Ok.
Cerco il suo nome tra i miei contatti. Trovato.
Uno, due, tre squilli.
Hey. La sua voce è un sussurro, i suoi staranno sicuramente dormendo.
Piccolo come stai?
Bene ma non riesco a chiudere occhio.
Io pure. Ho appena vomitato.
Cosa??, urla costringendomi a spostare il telefono dall'orecchio.
Parla piano ragazzino se no svegli i tuoi.
Scusa hai ragione. Ma stai poco bene?
Ho solo bevuto un pò troppo, dopo tanto tempo, mento.
Non me la racconti giusta.
Giuro.
Farò finta di crederci. Domani ci sei a scuola?
Si, non sono mica malato.
Ok, meno male.
Mi manchi piccolo.
Anche tu.
Mi manca il tuo profumo, le tue labbra, i tuoi gemiti e le tue manine piccole. Vorrei svegliarmi e trovarti in cucina concentrato a preparare la colazione. Sai, quando mio fratello ti è saltato in braccio, ho avuto un tuffo al cuore. Mi è sembrato fossimo una famiglia. Anche a mia mamma piaci. I tuoi cosa dicono di me?
Nessuna risposta, ma solo il rumore del suo respiro. Si è addormentato. Non avrà sentito quello che ho detto, quindi li do la buonanotte, dicendo una cosa che è uscita da se.
Buonanotte piccolo. Ti amo.
E' riuscito a capire che il mio non è dolore fisico, ma mentale. Ha capito che il mio vomito non è stato causato dall'alcool, ma da qualcosa di più grande e dannoso. Finalmente i miei occhi cominciano a farsi pesanti. Mi addormento col sorriso, grazie a lui.
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Serendipity 𝓢𝓮𝓬𝓸𝓷𝓭𝓪 𝓹𝓪𝓻𝓽𝓮
Storie breviTommaso, figlio amato e adorato da tutti, sta per affrontare un nuovo cammino, una nuova tappa della sua vita: le scuole superiori. Per altri un gioco da ragazzi, per lui una tortura. Dovrà superare molti ostacoli, tra i quali la sua omosessualità...