16.Capitolo

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Sarada aveva sperimentato tantissime volte il dolore. Fin troppe volte, pensando che avesse solo diciotto anni. Eppure per quanto fosse giovane, sapeva benissimo cosa volesse dire stare male, così male da non riuscire ad andare avanti.
Da non riuscire a trovare un appiglio.
Ma poteva passare la sua eterna esistenza a soffrire di continuo?
Se lo chiedeva perché purtroppo non era lei a poter gestire tutto questo. Avrebbe voluto, ma il destino si prendeva sempre gioco di lei. Tremendamente.
Non aveva neanche fatto finire di parlare la sua migliore amica che era scappata verso la sua classe, lasciandola lì. Sconvolta, esattamente come lo era Sarada.
Finalmente tutte le risposte le erano arrivate.
Chiare.
Cristalline.
E taglienti come cocci di vetro.

Boruto non era scomparso per ripicca, o semplicemente perché lei non lo aveva accontentato. Ma perché era tornato con Sumire.
Era un attore nato. Ma cosa aveva concluso? Perché tutto questo?
Per vendicarsi di Sasuke? Probabile...
L'ebrezza della vendetta, servita fredda, ma comunque una dolce vendetta.
E Boruto alla sua vendetta, ci era arrivato eccome.
Infondo aveva spiattellato tutto della loro relazione intima a Sasuke. Senza se e senza ma.

Un sacco di pensieri le riempivano la testa come un uragano nel bel mezzo di una tempesta.

Seduta nel suo banco, come da copione, non faceva altro che singhiozzare.
Ancora nessuno dei suoi compagni era arrivato.
E ringraziava il cielo per questo.
Non poteva farsi vedere debole, ma aveva bisogno di tempo per assimilare.

La cosa ironica è che come sempre era scappata.
Non li aveva affrontati. E come ? Già poteva immaginarsi lo sguardo vittorioso di Sumire e quello indifferente di Boruto.
Due perfetti stronzi, fatti l'uno per l'altro.

Si morse l'interno guancia pur di trattenersi quando iniziarono a fare capolinea in classe gli altri. Si asciugò velocemente le lacrime e si girò verso la finestra.
Come sempre il panorama complice delle sue peripezie.
Sospirò affranta non appena arrivò anche il professore.

Si alzò, come tutti gli altri, in segno di saluto, senza spostare lo sguardo lontano dalla finestra.

Cosa avrebbe dovuto fare, ora?
Come si sarebbe dovuta comportare?

Si risedette ed automaticamente prese il quaderno pieno di appunti di matematica.

Avrebbe fatto una scenata?
No, non avrebbe dato a quei due una tale soddisfazione.

L'indifferenza probabilmente sarebbe stata la migliore scelta.
Ma lei, proprio per com'era fatta, aveva bisogno di spiegazioni. E pure belle chiare!
Ma questa, poteva essere considerata un'arma a doppio taglio.
Sapere la verità la stava logorando, ma allo tempo l'avrebbe profondamente ferita.

Il telefono le faceva apparire numerose notifiche.
Abbassò lo sguardo, era Chocho.
Lo insultava, ed anche pesantemente. Non aveva tutti i torni.
Quel biondino era un bastardo nato. E lei non avrebbe potuto mai farci niente.

Sarada doveva solo pensare a raccogliere i pezzi di puzzle sparsi della sua incasinata vita, pur di andare avanti.
Mandò giù un groppo alla gola, mentre l'insegnante aveva iniziato a spiegare nozioni che non avrebbe neanche capito a casa, e decise.
Aveva bisogno di spiegazioni. Assolutamente.

Non credeva affatto che la sua vita potesse andare peggio di così. Onstamente.
O almeno sperava semplicemente che le cose non potessero peggiorare maggiormente.
Sbuffò affranta. Le ore passavano. Era passata filosofia, ed ora erano arrivate due ore belle piene di matematica da affrontate. Ma con quale testa?

L'immagine di quei due mano nella mano, così vicini, come se niente fosse successo, le si ripresentava
in testa continuamente. Non riusciva a trovare spiegazione.
Boruto le era sembrato tranquillo. Forse troppo per i suoi gusti.
Poteva giurare di aver sentito una crepa farsi spazio nel cuore.
Che un vuoto di memoria gli avesse fatto dimenticare di lei?
No, impossibile. Stava tentando di giustificare l'ingiustificabile.
Poteva capire tutto. Tranne che il capriccio.
Lui non la voleva più perché lei aveva scelto Sasuke?
E quindi era tornato con Sumire, per vendicarsi?
Che cosa triste. Molto triste.
O semplicemente l'aveva presa in giro, tutto quel tempo, proprio come dicevano tutti.
Voleva sbarazzarsi di lei e quindi aveva innescato la scusa dei loro padri.
Sarada mandò giù un groppo alla gola.
Non poteva saperlo.
Non poteva immaginarlo.
Poteva solo andare a farsi spiegare tutto da quel bastardo.
Si girò a guardare nuovamente dalla finestra, poggiandosi con la testa sul banco.
Non aveva voglia di aprire il quaderno per scrivere quelle stupide nozioni matematiche.

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