13. Nekochan

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-consiglio di leggere questo capitolo ascoltando "Love me" di Yiruma-

Kuroo si avvicinò all'amico. "Ti va di fare due passi?"
Kenma annuì e i due si diressero verso il prato da dove avevano visto i fuochi d'artificio. Arrivati alla postazione da dove avevano osservato lo spettacolo, si sedettero su una coperta che sembrava preparata apposta per loro.

"Senti, Kenma, quella sera... ho capito cosa intendevi. So che sei innamorato di me."
Kenma arrossì e abbassò lo sguardo, temendo che l'amico lo guardasse con disprezzo.

Invece sentì le dita del ragazzo sollevargli dolcemente il mento.

"Ho riflettuto tanto e non riesco a immaginare la mia vita senza di te. Quel bacio che stavo per darti quella sera... non era il mio corpo a guidarlo, ma il mio cuore. Semplicemente la mia stupida mente ancora non l'aveva capito."
Kenma aveva gli occhi lucidi e il volto illuminato dal tramonto rosso fuoco.

"Ti amo, nekochan."

Un pianto liberatorio fece singhiozzare Kenma, che si lasciò andare tra le braccia di Kuroo.

-

La mattina seguente Kuroo aprì gli occhi lentamente, ma fu inondato dai ricordi del sogno di quella notte. Cercò di afferrare ogni dettaglio delle immagini che gli si presentavano davanti, per non farle sfuggire come spesso capita al risveglio.

"Lo amo davvero", pensò. "Sono stato proprio uno stupido a non accorgermene prima."
Quella rivelazione lo aveva reso felice e per un attimo gli aveva fatto dimenticare che quello che era successo era solo un sogno e forse Kenma non avrebbe mai potuto udire quelle parole dal vivo.

Quando andò a fargli visita quella sera, vide che la benda con cui gli avevano fasciato la testa era stata tolta, sostituita da un cerotto. Finalmente poteva accarezzare quei capelli setosi che tante volte aveva avuto l'istinto di toccare dolcemente ma mai aveva osato tendere il braccio per raggiungerli. Ora aveva capito il motivo che si nascondeva dietro a quel presunto istinto.
Allungò la mano e sfiorò delicatamente la chioma del ragazzo, temendo quasi di romperlo se avesse applicato più pressione.

La mano del ragazzo addormentato ebbe un piccolo scatto.

Kuroo la guardò stupefatto per poi correre ad avvertire un dottore.
"Potrebbe essere stato solo uno spasmo muscolare, ma faremo dei controlli."
Anche la signora Kozume era stata avvertita ed era corsa in ospedale speranzosa.

Quel movimento si rivelò un evento isolato.

Quella notte Kuroo incontrò di nuovo l'amico in sogno. Si era ritrovato in casa Kozume e aveva percorso le scale, che erano in tutto e per tutto uguali a quelle vere, con ogni dettaglio chiaro nella mente del ragazzo.

Arrivato in camera di Kenma, lo vide sdraiato sul letto, mentre dormiva. Si avvicinò a lui e gli sussurrò in un orecchio "gattino, svegliati".
Ora poteva tornare a chiamarlo così, anche se in realtà aveva continuato a usare quel nomignolo anche dopo che l'amico gli aveva chiesto di non farlo. Ma ora era sicuro che Kenma gli avrebbe dato il permesso se si fosse risvegliato.

Kenma aprì piano gli occhi e un debole sorriso gli comparve in volto.

"Anche io ti amo, Kuroo" la frase detta così di getto e così distante nel tempo dal loro dialogo precedente colse il senpai di sorpresa, ma solo per un istante.

"Quando torni da me? Mi manchi"
"Sono qui ora con te, non mi vedi?"
"Sì, ma questo è solo un sogno"
"Lo so, purtroppo lo è, anche io vorrei che fosse la realtà, ma non riesco a svegliarmi".

Il sorriso di Kenma era stato oscurato da una nebbia di tristezza e il ragazzo continuò con il suo flusso di pensieri: "E se mi svegliassi, tu saresti davvero lì? Mi ameresti come in questo sogno? Ho paura."
Kuroo si chinò nuovamente, questa volta non per sussurrargli in un orecchio ma per baciarlo.

Kuroo quella mattina arrivò in ritardo - κυrοκεnDove le storie prendono vita. Scoprilo ora