11. Torna da me

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-consiglio di leggere questo capitolo ascoltando "Color me blue" di Akane-
fatemi sapere nei commenti se vi è piaciuto il suggerimento di un sottofondo 🤍

Erano ormai le 10 e mezza quando la porta della camera si aprì e dall'altro lato comparve Kuroo, che era riuscito a fermare le lacrime, aveva preso dei respiri profondi e poi era riuscito a ricomporsi, per quanto avesse potuto.

Nella piccola stanza singola vide la signora Kozume seduta accanto a un letto, su cui giaceva l'esile ragazzo. Si scorgeva solo la testa fasciata, mentre il resto del corpo era sotto le coperte.
Il candore della federa faceva risaltare ancora di più il pallore del viso di Kenma, che sembrava dormire e potersi risvegliare da un momento all'altro.

Kuroo prese l'ennesimo respiro e fece il primo passo verso l'amico. La madre, che ormai doveva aver terminato tutte le lacrime, era riuscita a sorridergli. "Vi lascio un po' soli."
Il ragazzo non le aveva risposto, ma lei sapeva che non ce n'era bisogno.

Kuroo si sedette al posto della madre. Ogni suo gesto sembrava a rallentatore: i passi verso la sedia e il movimento fatto per sedersi sembravano compiuti da un corpo distaccato dalla sua mente.
Una volta accanto all'amico, gli prese la mano. "Mi dispiace, è tutta colpa mia. Se non ti avessi chiamato non ti saresti girato e tutto questo non sarebbe successo."

Quasi aspettandosi una risposta, Kuroo si fermò ad ascoltare e osservò ogni muscolo del corpo dell'amico, nella speranza di un movimento da parte del kohai.

Nulla.

"Ti prego, torna presto da noi. Torna da me."

-

Dopo un po' la madre era tornata, con un'altra sedia, sapendo che Kuroo non se ne sarebbe andato tanto presto. Del resto, era domenica e il ragazzo non aveva scuola.
I due rimasero in silenzio tranne per le poche parole di conforto con cui la signora Kozume cercava di tranquillizzare il ragazzo.

Kuroo apprezzava i gesti dolci di quella donna che per lui era come una madre. Lui viveva con il padre e i nonni e aveva trascorso talmente tanto tempo a casa di Kenma che anche la signora Kozume lo considerava un secondo figlio.

Quando fu ora di pranzo, la donna lo invitò a mangiare qualcosa insieme e dovette insistere, perché sapeva che Kuroo di certo non aveva fatto colazione. Il ragazzo accettò con riluttanza, non volendo lasciare la mano dell'amico, che ancora stringeva dal primo momento.
I due pranzarono insieme, mentre la signora Kosume cercava di farsi raccontare qualcosa dal ragazzo per distrarlo quel tanto che bastava per non vederlo così cupo in volto. Ovviamente però il pensiero di Kuroo andava sempre al suo kohai.

Tornati in camera, ripresero le postazioni iniziali, fino a che non fu ora di andarsene.

La signora Kozume lo riaccompagnò a casa e si avviò anche lei alla sua abitazione, dove avrebbe riposato un po' prima di tornare dal figlio.
"Ci vediamo domattina", le disse Kuroo prima di salutarla.
Lei aveva sorriso e aveva messo in moto l'auto, ma quando fu abbastanza lontana si mise a piangere a dirotto, rendendosi conto che quella sarebbe potuta diventare la sua routine e il suo bambino sarebbe potuto non tornare mai più a casa".

-

Kuroo entrò in casa che il tramonto stava finendo. Si lavò, mangiò due bocconi su insistenza della nonna e poi si sdraiò sul letto. "È tutta colpa mia!", disse di nuovo ad alta voce.

La tristezza e la stanchezza come dei pesi gli fecero abbassare pian piano le palpebre. Si addormentò, ancora sopra le coperte.

La prima cosa che vide fu un gattino, che assomigliava al suo Kenma. Lo seguì mentre lui saltellava in una direzione ancora ignota. Kuroo cercava di prenderlo, ma il micetto faceva degli scatti improvvisi proprio quanto il ragazzo lo stava per sfiorare con la punta delle dita.

Il gatto lo guidò fino a una grande strada.
Kuroo la riconosceva, era quella maledetta strada dove era avvenuto l'incidente, solo che questa volta era illuminata dalla luce del sole. Stava per voltarsi e tornare indietro, quando su una panchina accanto al semaforo vide da dietro una chioma setosa, bionda con una lunga ricrescita color castano scuro.

Kuroo quella mattina arrivò in ritardo - κυrοκεnDove le storie prendono vita. Scoprilo ora