17. novembre

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Kuroo tornò con il dottore di Kenma, che fu felicemente sorpreso di trovare il ragazzo sveglio. Più i giorni passavano, minori erano le probabilità che si sarebbe svegliato.
Anche la madre fu convocata e la gioia nei suoi occhi fu indescrivibile.

Le ore successive passarono tra controlli, prelievi, test e altri esami che stancavano ancora di più il debole Kenma. Il dottore decise di tenerlo in osservazione ancora qualche giorno prima di mandarlo a casa, sia per monitorarlo che per distribuire gli esami in un lasso di tempo maggiore.

Kuroo e la madre furono mandati a casa, per lasciar riposare il ragazzo. Prima di andarsene, Kuroo carezzò i capelli di Kenma, che aveva inclinato leggermente la testa verso la sua mano, per sentirne meglio il calore, e osservava lo sguardo dolce dell'amico.
Prima di salutare anche lei, Kenma chiese alla madre il suo telefono. Non voleva certamente controllare i messaggi, le chiamate perse, le mail e le infinite altre notifiche che si erano accumulate in un mese, ma non voleva rimanere di nuovo solo in quella stanza vuota.

Quando Kuroo fu a casa ed ebbe riferito la buona notizia alla famiglia, si lavò e si buttò nel letto. Era pronto ad addormentarsi di sasso ora Kenma si era ripreso, ma il suo telefono vibrò.

«sei sveglio?»

Kuroo aveva riletto le sue ultime conversazioni con l'amico moltissime volte, quasi sperando che all'improvviso comparisse un nuovo messaggio e ora che la chat si era davvero mossa gli sembrava quasi assurdo.

«sì, ma tu non dovresti riposare?»
«ho riposato un mese, mi sembra abbastanza.»
Kuroo sapeva che Kenma aveva davvero bisogno di riposare, ma non voleva lasciarlo da solo. «Hai ragione, però io ho sonno. Facciamo una chiamata veloce e poi mi lasci dormire?»
Non voleva far sentire l'amico rimproverato, quindi fingeva di essere lui quello che doveva essere protetto.
«ok, dormiglione».

La "chiamata veloce" durò in realtà più di un'ora e finì con Kenma addormentato dall'altro capo del telefono. Kuroo aspettò a riagganciare, perché gli piaceva sentire il respiro dell'amico che probabilmente era collassato con la faccia sul telefono.
Anche Kuroo dormì con il telefono vicino, per sentirsi più vicino al kohai ed essere pronto a rispondere nel caso lui l'avesse chiamato.

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La mattina seguente i due si messaggiarono: Kuroo era stato costretto ad andare a scuola, non solo dalla sua famiglia ma anche dallo stesso Kenma, che gli aveva però promesso che lo avrebbe tenuto sempre aggiornato sulle sue visite e che avrebbe detto a lui per primo quando l'avrebbero fatto uscire.

Quella sera tutta la squadra saltò l'allenamento, per andare a salutare Kenma.
I ragazzi erano emozionati del suo risveglio e gli avevano raccontato di tutte le partite che avevano fatto senza di lui, dicendogli che senza il cervello della squadra non era la stessa cosa. Avevano perso molto più del solito. "Non appena ti rimetterai in sesto ti aspettiamo in palestra!"

Il tempo passava e Kuroo si stava spazientendo. Kenma vedeva la sua espressione e avrebbe voluto ridere: il ragazzo aveva continuato a vederle i compagni per tutto il mese e avrebbe preferito di gran lunga rimanere da solo con Kenma. Voleva bene ai suoi amici ma quella sera avrebbe voluto catapultarli fuori dalla finestra.
Kenma invece si divertiva. Anche se non amava la confusione, gli amici della pallavolo gli erano mancati e poi sapeva che avrebbe avuto tutto il tempo per stare solo con Kuroo.

Quando finalmente i ragazzi se ne andarono e Kuroo si stava avvicinando a Kenma, l'infermiera bussò alla porta.
"È ora, signorino"
Kuroo fece una finta faccia disperata, facendo ridere Kenma, anche se in realtà era davvero disperato dentro di sé.

I due si salutarono solo con un gesto della mano, mentre l'infermiera controllava che Kuroo effettivamente se ne andasse. Era già capitato che fingesse di andarsene per poi tornare in camera da Kenma, quando ancora il ragazzo era in coma.

Il giorno seguente fu simile, ma questa volta erano venuti dei parenti di Kenma a fargli visita.
Kuroo era rimasto in disparte su una sedia, a osservare Kenma da lontano. Gli era mancato vederlo sorridere e sentire la sua voce, anche se ancora era debole.
Anche questa volta i due non ebbero un momento da soli e quando si salutarono, fu sempre in presenza dell'infermiera. "Domani credi che potremo avere un momento di pace?"
"Scusa ma mi hanno detto che domani avrò ancora degli esami da fare e quindi non potremo vederci."
"Nemmeno nell'orario di visite serali?"
"Temo di no. Non ti preoccupare, verrai dopodomani."

Kuroo tornò a casa con la faccia di un bambino in castigo, cenò e si mise a dormire.

Fu solo quando la sveglia suonò il mattino seguente che realizzò che era il 17 novembre, il giorno del suo compleanno.
"Non potrò nemmeno andare da Kenma. Credo sia la prima volta da quando ci conosciamo che passo il compleanno senza vederlo."

A scuola gli fecero tutti gli auguri e anche Hiroko era passata nella sua classe per augurargli buon compleanno. Colse anche l'occasione per scusarsi: le dispiaceva il modo in cui si erano lasciati e le sarebbe piaciuto rimanere amici. Era contenta che Kenma si fosse risvegliato e sperava che si sarebbe rimesso presto. Kuroo era felice della proposta e i due si erano ripromessi di rimanere in contatto.

In pausa pranzo provò a chiamare Kenma: se non poteva vederlo almeno voleva sentire la sua voce. Si sarebbe ricordato che era il suo compleanno? Non gli aveva scritto nessun messaggio quella mattina, ma in fondo al ragazzo non importava degli auguri, gli sarebbe bastato sentirlo. Kenma però non rispose né lo richiamò.

Quel pomeriggio non c'erano gli allenamenti e così Kuroo tornò a casa presto.
Si stava togliendo le scarpe quando ricevette un messaggio dalla signora Kozume: «Kuroo, puoi venire da me?»
Kuroo si rimise le scarpe mezze sfilate, salutò la nonna e si avviò verso la casa dei Kozume. "Probabilmente avrà bisogno di una mano a fare qualcosa che richiede due persone. O forse vuole darmi un regalo... lei si ricorda sempre del mio compleanno."

Giunto al cancello, suonò il campanello, ma con sua sorpresa non fu la madre ad aprire la porta.

Kuroo quella mattina arrivò in ritardo - κυrοκεnDove le storie prendono vita. Scoprilo ora