15. Scusami se ci ho messo tanto

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-consiglio di leggere ascoltando "The wisp sings" di Winter Aid-

"Perché non mi hai accarezzato i capelli stasera?" gli aveva chiesto Kenma in sogno.
"Ero imbarazzato."

Kenma rise, ma poi rimase con un sorriso amaro. "Hai ragione. E poi perché avresti dovuto? Il Kuroo che vedo ora e il Kuroo che viene a trovarmi in ospedale sono due persone diverse. Nella realtà Kuroo non mi ama, non è gay e mai mi bacerebbe. Però è bello illudersi almeno in sogno."

Kuroo ci rimase male: "non dire cavolate, sono io il Kuroo che viene a trovarti in ospedale, e ti assicuro che ti bacerei anche nel mondo reale. Ti amo davvero Kenma, semplicemente non l'avevo realizzato prima, perché non ho mai voluto aprire gli occhi."

"Lo dici per consolarmi, ma so bene che non è così. Mentre Kuroo stava per baciarmi quella sera, si è tirato indietro disgustato quando ha realizzato quello che stava facendo."
"Non ero disgustato, ma non mi ero reso conto di cosa stesse succedendo. Non mi ero reso conto di amarti né dei tuoi sentimenti nei miei confronti e non volevo rovinare la nostra amicizia."

"E io cosa dovrei dire ora? Era da settimane che mi trattenevo, da settimane che cercavo di essere solo un amico per non rovinare tutto e poi tu te ne sei uscito con quel bacio, che per te era stato solo un errore", la voce di Kenma tremava.

I due si trovavano seduti sulla panchina dove si erano visti la prima volta in sogno. Dopo un silenzio rotto solo dalle automobili che passavano, Kuroo disse: "mi dispiace. Mi dispiace di non essermene accorto prima e di averti fatto soffrire per tanto tempo. Non volevo, sono solo uno stupido."
Le lunghe braccia del senpai avvolsero l'esile Kenma, che si lasciò consolare da quell'illusorio conforto, perché non aveva la forza emotiva di sottrarvisi.

-

Era passato esattamente un mese dall'incidente e quando Kuroo si svegliò decise che non sarebbe andato a scuola quel giorno. Non se la sentiva.

Si stava vestendo lentamente, stanco, anche se si era appena svegliato dopo una notte di sonno profondo. Ripensando alla conversazione del sogno, un'idea irrazionale e stupida gli balenò in mente.
E se quello del sogno fosse stato davvero Kenma? E se lui avesse davvero avuto bisogno che il Kuroo dell'ospedale gli dicesse di amarlo?

Prese il cappotto e corse fuori casa. Il vento di novembre soffiava, ma lui non lo sentiva. Si mise a correre più veloce che poteva per raggiungere la stazione. Arrivato al binario, i minuti sul display passavano sempre più piano.

Quando finalmente salì sul treno, non riusciva a stare fermo. I pensieri che schizzavano da tutte le parti nel suo cervello sembravano ripercuotersi sul suo corpo.
"Devo dirglielo al più presto. Deve saperlo dal Kuroo dell'ospedale, anche se sono sempre io", le dita della mano tamburellavano sulla sua coscia.
"Perché non gliel'ho detto prima? Come ho fatto a non pensarci?" la punta del piede si muoveva frenetica su e giù.
"E se non funzionasse nemmeno questo? E se non si svegliasse davvero più?" Il suo respiro si faceva di nuovo affannato, anche se il fiatone per la corsa era già cessato.
"Potrei davvero vivere senza di lui?" gli occhi gli erano diventati lucidi.

Questi pensieri continuarono a turbinargli davanti agli occhi e gli stavano offuscando la vista, finché la voce registrata di una signorina non comunicò la fermata dell'ospedale.
Non appena le porte si aprirono, la vista di Kuroo tornò acuta come quella di un'aquila e le sue gambe ripresero a correre come se non si fossero mai fermate.

Sceso dal treno, percorse la strada che ormai aveva imparato a memoria. All'ingresso le infermiere non volevano farlo entrare perché non era ancora orario di visite, ma Kuroo aveva insistito. Era questione di vita o di morte... più o meno.

In qualche modo era stato abbastanza convincente da farsi accompagnare nella stanza di Kenma.
"Potrebbe aspettare qui fuori qualche minuto?", chiese il ragazzo.
L'infermiera aveva ben altro da fare e decise di chiudere un occhio, lasciando Kuroo da solo con Kenma e andandosene del tutto. Il ragazzo le era sembrato davvero preoccupato e sincero.

Kuroo si avvicinò a Kenma, riprese fiato e poi si sedette sulla solita poltroncina proprio di fianco al letto.

"Ciao gattino. Scusami se ci ho messo tanto."

Kuroo quella mattina arrivò in ritardo - κυrοκεnDove le storie prendono vita. Scoprilo ora