Prologo

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Silenzio.

Mi circondava il silenzio mentre un raggio di sole penetrava dalla finestra, scaldandomi il viso. Il suo calore accarezzava ogni centimetro del mio corpo, un lento invito a destarmi.

Con la mano destra mi coprii il viso, nel tentativo di sfuggire da quella luce, così intensa. Rivolsi lo sguardo altrove.

Non c'era nessuno.

I miei occhi ripercorsero il sentiero illuminato dal sole. Notai i miei vestiti per terra, sul mio viso si manifestò un sorriso appena abbozzato mentre ricordavo la sera precedente.
I battiti del mio cuore accelerarono al solo pensiero.
Mi lasciai coccolare da quelle emozioni che avevano scatenato il ritmo frenetico del mio cuore.

Mi alzai dal divano, stiracchiandomi. I miei capelli corvini mi avvolgevano la schiena come un mantello, solleticandomi appena la pelle nuda.

Nuda, ero ancora nuda.

Coprii le parti essenziali con una sua camicia, ben riposta su una sedia, al contrario del miei vestiti, per terra e ridotti in stracci.

Una strana sensazione si impossessò del mio petto mentre mi preparavo la colazione. Silenzio, troppo silenzio.

Dov'era finito?

La morsa si fece più intensa e quella pace che mi aveva accolta in quei primi attimi del risveglio si trasformò in una lenta agonia.

Le mani mi formicolavano, il respiro leggermente in affanno divenne eccessivamente irregolare. Le pareti così ampie e luminose intorno a me, divennero improvvisamente anguste.

Persino il sole, consapevole del mio cambiamento, lasciò spazio a una nuvola oscura che affievolì i suoi raggi.

Guardai l'orologio, mentre mi massaggiavo il polso usando invano una tecnica che avevo imparato per dominare l'ansia. Era tardi, decisamente tardi.

L'odore del caffè mi invase le narici, inspirai il suo profumo con ampi respiri.

Il gorgoglio prodotto dal liquido nero ricopriva quel silenzio assordante.
Spensi il fuoco della Moka, il mio cuore continuava a battere a un ritmo sempre più veloce. Uno stato di inquietudine mi dominava, mentre cercavo in tutti i modi possibili di calmarmi. Il caffè non avrebbe di certo aiutato. Lo lasciai lì, con tutto il suo aroma, rinchiuso all'interno della Moka, come la sottoscritta si sentiva rinchiusa in quelle mura.
Aria, avevo bisogno di aria.

Mi avvicinai alla finestra, la spalancai con decisione. Il vento mattutino trasportava con sé il profumo del mare. L'odore della salsedine mi accarezzò la mente. Nemmeno questo mi aiutò.

Squillare.

Sentii squillare il mio cellulare, lo avevo lasciato da qualche parte nella stanza. Seguii il suono.
Più lo seguivo, più l'ansia cresceva.

Finalmente presi il telefono, un numero sconosciuto apparve sulla schermata.
Terrorizzata, presi coraggio. Il mio dito trascinò l'icona verde verso destra.

Rimasi in attesa.

Una voce di un uomo mi parlò, mi maledissi per aver risposto. Se non lo avessi fatto, quell'incubo non si sarebbe avverato.

Era la polizia, l'uomo che amavo era stato arrestato.

Nel cuore di entrambi: il filo rossoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora