Capitolo 6 - Piccolo segreto

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Le giornate proseguirono come al solito. Andavo a scuola; colazione con il babà rigorosamente il lunedì mattina; compiti; lezioni; interrogazioni e verifiche. In breve, la vita normale di qualsiasi adolescente, tranne per una cosa: di giorno alunna e professore, la sera amanti. Ogni notte uscivo furtivamente da casa per andare nella dimora di Enrico, passavamo delle ore magiche insieme. Ci piaceva leggere romanzi, scrivere poesie, guardare la partita di calcio (entrambi tifosi del Napoli) oppure mangiando snack e dolciumi vari davanti a un bel film. A volte gli ripetevo le battute della recita e faceva del suo meglio per interpretare Danny, altre volte ancora ci lasciavamo andare a baci lunghi e intensi. Ogni mattina mi svegliavo, colazione e con due strade diverse raggiungevamo la stessa destinazione, la scuola. Mi infervorava tantissimo l'idea di avere una relazione con il mio professore anche se i primi tempi fu strano realizzarlo. 

Quando entravo in classe per fare lezione, mi dimenticavo di essere la sua fiamma. In quei momenti pensavo solo ad apprender da un uomo altamente seducente e dalla mente brillante. Le sue lezioni divennero ancora più interessanti e per non dare nell'occhio non intervenivo mai durante le sue ore. Nemmeno lui, per quanto fosse possibile, cercava di rivolgermi la parola. Passarono così i mesi del mio quarto anno, con l'ansia e l'eccitazione di essere scoperti tra verifiche ed eventi straordinari organizzati dalla scuola come seminari, momenti di svago e gare.

Un giorno all'entrata della scuola, aspettavo l'arrivo di Lara e in quel momento arrivò lui. Lo vidi parcheggiare la sua Mercedes, poi scendendo dall'auto con assoluta calma prese la sua 24ore e si avvicinò alle scale dell'ingresso, indifferente. Con il sorrisetto che tanto avevo usato durante le sue lezioni, lo salutai con presunzione «Buongiorno, professore!» «Buongiorno» ricambiò con estrema fatica, senza sapere che un attimo dopo, prima dell'inizio della seconda ora ci saremmo ritrovati nel bagno della palestra, priva di anima pia, a baciarci intensamente. Non mi fece ribrezzo essere in un luogo discutibile dal punto di vista dell'igiene perché quel momento andavo oltre il luogo, oltre la mia età, oltre al fatto che io fossi sua alunna, oltre al fatto che fossimo a scuola. Mi lasciai andare al piacere e lui con me. Una volta ricomposti dopo pochi minuti ma intensi, se ne andò velocemente pronto per andare a presenziare nella mia classe, io invece, me la presi con calma. Per prima cosa mi spazzolai i capelli con una piccola spazzola ripieghevole dentro la mia trousse; indossai di nuovo un rossetto rosa-violaceo sulle labbra; controllai di non avere la camicia fuori posto e per ultimo rivolsi lo sguardo allo specchio, e mi osservai profondamente. Mi accorsi in quell'istante di quanto fossi follemente e incondizionatamente innamorata di lui.

C'era una cosa o meglio qualcuno del quale ancora non mi ero occupata. Marco. Ebbene sì, dopo che mi aveva mollata, tra la vita e la morte, in mezzo a quei farabutti, non aveva avuto più il coraggio di rivolgermi la parola, nemmeno un cenno di sguardo. Amareggiata da quanto fosse successo non ebbi intenzione di approfondire, dato che ero troppo occupata per altre cose... ad esempio non farmi scoprire. 

Una mattina di marzo sentii che era arrivato il momento di affrontare la cosa. Non poteva essere tutto finito così, non potevo essere stata solo "una bella serata" addirittura poco degna di essere aiutata in quella situazione di necessità, avevo pertanto bisogno di risposte. La sera prima non ero stata da Enrico, perché doveva ritornare nella sua città Natale, Amalfi, in visita dalla sua mamma. La signora Teresa era stata poco bene ultimamente e si sospettava avesse qualche carenza di vitamine così, essendo sola, Enrico preferì raggiungerla per assicurarsi che avesse tutto il necessario. Anche in questa occasione si era dimostrato un uomo attento e premuroso. Data la situazione, quella mattina ne approfittai per entrare prima a scuola. 

Quando raggiunsi la porta della mia aula, trovai Marco intento a rileggere gli appunti di fisica poiché quel giorno avrebbe avuto l'interrogazione. Non si aspettava di vedermi così presto e quasi non si ribaltò insieme al banco, sembrava avesse visto un fantasma. Erano mesi che mi evitava come la peste, evitava qualsiasi occasione di incrociarmi, tranne ovviamente, a teatro. Lì erano le battute a guidarci ed erano in grado di estraniarci dalla vita reale, solo per alcune ore. La sua insana reazione non mi fermò e intenta a chiarire la situazione, mi avvicinai prendendo una sedia. Un respiro profondo mi diede la determinazione necessaria e mi sedetti davanti a lui. Nel linguaggio del corpo, il genere maschile preferisce sedersi a fianco della persona con cui parla e non di fronte, mentre noi femmine preferiamo l'opposto. Cadde ancora più imbarazzo e non fece cenno di dire assolutamente nulla ma dopo averlo fissato per qualche secondo dissi «Come hai potuto lasciarmi lì da sola?» «Non ti sei nemmeno preoccupato di sapere come stessi, il giorno dopo!» Silenzio «Allora? Vuoi dire qualcosa?» Ancora silenzio. In preda a nervoso, uscii dall'aula a prendere aria. Non aveva idea di quanto mi avesse fatto stare male il suo abbandono e di come sarebbe potuta andare se non fosse intervenuto Enrico, ma questo non lo poteva e non lo doveva sapere. «Luce» sentii dall'aula, quando mi girai, Marco era in lacrime «Ti prego Luce scusami... davvero. Non so cosa mi sia preso, ho avuto paura» continuò a singhiozzare «Non ti ho più rivolto la parola perché mi sentivo in vergogna per ciò che avevo fatto».

Avrei voluto dire tante cose, ma in questi casi si rimane talmente esterrefatti che non si sa che cosa dire. Quindi pensai al fatto che fossi viva e vegeta e optai per fare una cosa che non ero solita fare, ovvero lo perdonai, chiudendo quel capitolo. Ora avevo Enrico con me e questo mi bastava. Quando passavo del tempo con lui mi sentivo invincibile ed ero in grado di fare viaggi oltre oceano attraverso le sue storie vissute e racconti dei suoi romanzi preferiti. Sfioravo la leggerezza con le dita della mano durante la stesura delle poesie create insieme. Enrico ne stava creando una raccolta, per hobby. Molte parlavano di me e altre parlavano al suo intimo, alla sua versione da bambino. Quando leggeva queste poesie, entrava in trans, il suo sguardo si calava dolcemente sul foglio di lettura ed era in grado di entrare in un altro mondo tutto suo, certamente beato e privo di perversione, puro. Raccontava al suo bimbo interiore di quanto il mondo degli adulti fosse imperfetto, circondato da odio, rabbia, individualismo e tristezza. Raccontava di quanto fosse importante godersi il suo mondo roseo e fortunato che racchiudeva tuttala felicità della terra. Un mondo incontaminato dalle debolezze umane. Vederlo aprirsi nella sua più grande intimità, aveva il potere di farmi incantare ogni singola volta.


Punto Autrice:

Ciao ragazz@!

Come state? Chiedo scusa per il capitolo un po' noioso, serve solo come transizione.

Avviso già che il prossimo sarà spicy ;)

A presto wattpadiani :)


Ps: vi ricordo di lasciarmi un like se vi è piaciuto il capitolo e di seguirmi sul mio profilo per gli aggiornamenti. Su TikTok mi trovate sempre come Serenella DM

-Sere

Nel cuore di entrambi: il filo rossoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora