Epilogo

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"Agli occhi che risplendono durante la primavera"

Ma è possibile che qui piova sempre?

Mi avevano avvisata di portare tutto il necessario per ogni cambiamento climatico ma io li avevo lasciati parlare. Adesso mi ritrovano a battere i denti con i capelli appicciati alla faccia. 

Ma aspetta quello è Starbucks? Mi fiondai, attraversando le strade con un disperato bisogno di un doppio caffè. Neanche cinque minuti dopo, ed ecco che il sole era uscito di nuovo. Il tempo è mio nemico. Lessi sul giornale le notizie del giorno mentre sorseggiavo il caffè londinese, che non era male anche se, quello di Napoli aveva tutt'altro sapore. Ecco spiegato il motivo del mio sclero quotidiano per il tempo: mi ero trasferita a Londra! Avevo accettato di lavorare come insegnante di lettere in una scuola elementare ma questo non fu il vero motivo del mio trasferimento. In realtà volevo partecipare a un progetto di ricerca al London Metropolitan University, il quale sarebbe durato solo quale mese. Il mio imminente e continuo bisogno di cambiamento, evidenziava tratti tipici del segno del Cancro! Ma a parte tutto... ero entusiasta di iniziare questa nuova avventura anche se mi ritrovavo da sola in città.

Mia madre era rimasta a Bologna e da pochi mesi aveva aperto una pasticceria in pieno centro. Lara e Marco vivevano insieme alla piccola Sofia a Los Angeles, dove Marco ha potuto continuare a studiare recitazione. Diego, invece si fidanzò con una modella polacca con la quale andò a vivere a Roma. La mia raccolta di poesie, invece, aveva riscosso un notevole successo e da poco stavo lavorando a un vero e proprio romanzo. La collaborazione con la casa editrice aveva dato i suoi frutti e tra il libro, il progetto di ricerca e la scuola, avrei avuto bisogno di almeno una giornata da quarantotto ore! Mi stava bene, avevo messo sul fuoco troppa carne e ora non sapevo più cosa volesse dire riposare. Ma non volevo perdermi d'animo.

Fiduciosa nel tempo, decisi di uscire dal bar, approfittando di un po' di sole. Mi sarei dovuta recare all'università ma non potevo presentarmi in quelle condizioni. Sembravo un pulcino bagnato. L'università, per fortuna, si trovava vicino a un parrucchiere il quale, spiegata la situazione, ci mise un attimo ad asciugarmi i capelli e a darmi una piega liscia. Di corsa mi recai all'ingresso dell'università, dove un signore molto gentile mi preparò un badge apposta per entrare «Ecco qui, Miss. L'aula in cui si deve recare è la A89, dove la stanno aspettando i ricercatori e il professore responsabile del progetto». Dopo averlo ringraziato, andai di fretta alla porta, ero già in ritardo di dieci minuti. 

Bussai con delicatezza ed entrai, ritrovandomi davanti circa venti colleghi che mi fissavano come un'intrusa e ringraziai Dio per avermi permesso di andare dal parrucchiere prima di andare in università, altrimenti sarei morta di vergogna. «Sono Oliver, piacere di conoscerti» «io sono Lauren, carina la borsa» abbozzai un sorriso, presentandomi a mia volta. Cercai di rimanere più composta possibile anche se mi sentivo impacciata nello stesso tempo. Qualcuno nemmeno si degnò di presentarsi. 

All'improvviso sentii la porta dietro di me sbattere e qualcuno dei miei colleghi disse «Buongiorno Professore». Doveva essere il professore responsabile, finalmente lo avrei conosciuto. Mi girai e per un secondo il mio cuore si fermò. Rimasi letteralmente pietrificata quando davanti la porta mi ritrovai Enrico. Furono i secondi più lunghi e intesi della mia vita, lo guardavo meravigliata. Sembrava che per lui gli anni non fossero mai passati. Era solo leggermente più brizzolato e aveva qualche ruga intorno agli occhi ma per il resto era identico a come me lo ricordavo. A differenza mia, lui rimase imperturbabile e con nonchalance salutò tutti indistintamente. Rimasi un po' delusa ma subito dopo pensai che eravamo in mezzo ad altre persone, per questo faceva così, oppure no?

Finita la riunione e dopo aver preso appunti su come svolgere il progetto mi affrettai a ritirare tutto, per poi dirigermi a scuola, dove nel pomeriggio avrei fatto lezione. Mentre tutti eravamo già quasi usciti dall'aula, una mano mi afferrò il braccio proprio mentre stavo per varcare la soglia della porta. Una stretta sicura e forte ma nello stesso tempo delicata. 

Nel cuore di entrambi: il filo rossoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora