La sfiga mi segue ovunque, silenziosa amica del cuore che si presenta ogni volta che mi trovo in una situazione imbarazzante. Ed ecco che l'interminabile primo giorno di scuola si era concluso con una valanga di pioggia proprio al momento dell'uscita. Non vedevo l'ora di tornare a casa, con i piedi inzuppati mi incamminai per la via di casa finché non trovai un bizzarro negozio di dolciumi. Esitai per un momento ma poi entrai. L'interno appariva come il paese dei balocchi, letteralmente. Erano stati disposti diversi barattoli contenenti caramelle, cioccolati e dolci di ogni genere. Le confezioni regalo erano affascinanti, l'atmosfera avvolgente di quel posto mi scaldò, anche solo per poco. In un piccolo angolo, in mezzo a quella montagna di prelibatezze, individuai del marzapane. Era il preferito di mio padre, lo mangiavamo spesso davanti al camino. Da quando se ne era andato, non avevo più avuto il coraggio di mangiarlo e sentirne il sapore fu come fare un tuffo nel passato. Era come se lo avessi avuto lì vicino.
Tornata ufficialmente a casa decisi di rivedere la lezione fatta con il Professore di Italiano, successivamente svolsi il compito da lui assegnato: fare un tema sugli aspetti importanti della vita. Amavo scrivere, lo trovavo un modo per sfogarmi, così non ebbi particolari problemi a svolgerlo. «Ricordati» mi diceva l'adorata Professoressa Gatti di Italiano, «devi fare un'introduzione, poi svolgere il corpus del testo e infine prendere per mano il lettore portandolo alla conclusione. Tre sono gli spazi che devi creare, solo tre». Ricordando le sue parole, mi accorsi di come in realtà fosse difficile scrivere. I pensieri travolgono la mente come una tempesta. Le dita della mano che accolgono la penna, diventano improvvisamente tue amiche e ti accompagnano verso la liberazione. Le emozioni, i desideri più nascosti, le urla fuoriescono attraverso il tuo sangue, attraverso le tue dita. Il pensiero di seguire il fiume in piena ti impedisce di esprimere esattamente quello che vuoi, finendo per non scrivere nulla. Il blocco dello scrittore. Questo di solito mi succedeva con le poesie e per svuotare la mente facendo spazio unicamente all'inventiva, di solito rammentavo una frase che mi insegnò mia nonna Giusy «pensa positivo, perché a pensare positivo ci si mette la stessa fatica che a pensare in negativo». Quella frase aveva l'effetto di calmarmi all'istante.
Non riuscivo a smettere di pensare al professore, ai suoi occhi, al suo modo di camminare, alle sue labbra... tutte da mordere. Quel giorno indossava un lupetto nero che evidenziava, in modo velato, il suo corpo in perfetta forma, abbinato a dei jeans scuri e scarpe da tutti i giorni. Sicuramente aveva un'aria giovanile che mi ricordava qualche star di Hollywood, data la bellezza spaziale.
Immaginavo avesse meno di 40 anni o almeno lo speravo.
Ma cosa ti dice la testa, Luce! Pensai. Anche se fosse cosa ti interessa? No infatti, proprio niente.
Il secondo giorno di scuola andò decisamente meglio. Nonostante quell'aura di imbarazzo continuasse a persistere, soprattutto se si è nuovi, riuscii a cavarmela abbastanza bene. Quando arrivai all'ingresso dell'aula vidi una ragazza con dei jeans blu e maglietta grigia che mi sorrideva. Mi fece cenno di avvicinarmi per poi dire «Ciao... tu sei Luce non è vero? Mi chiamo Lara, non ci siamo presentate ieri. Spero che tu possa trovarti bene qui, se vuoi ci possiamo sedere vicine d'ore in poi. Sai, questa è una scuola di matti e hai bisogno di protezione. Un bel bocconcino come te non può restare da sola. Sai quanti lupi solitari sono in cerca qui?». Ero esterrefatta. Il suo sarcasmo mi lasciò confusa e la mia certezza la sentii vacillare. Con quanta velocità aveva parlato? Vedendomi titubante, rincarò la dose «Ehilà... pianeta terra chiama Luce!» mi disse gesticolando la sua mano davanti al mio viso. Mi scusai ed entrammo in classe.
La prima ora avevo matematica e io odiavo la matematica, un po' tutti gli studenti o quasi. Mi chiedevo spesso che cosa servisse nella vita ma poi di rimando qualcuno avrebbe potuto dire la stessa cosa per la poesia, perché con questa non ci paghi le bollette e non ci fai la spesa... ma in ogni caso ti trasmette qualcosa! Ti fa pensare, ridere, gioire, piangere... la matematica ti fa solo piangere!
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Nel cuore di entrambi: il filo rosso
RomanceIl viaggio è una meta importante ma per Luce, in quel momento è più importante la destinazione. A soli 17 anni abbandona la sua terra natale per aprire un nuovo capitolo della sua storia. La malattia del padre e la sua perdita l'hanno distrutta e co...