Capitolo 18 - Firenze

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"A volte si percorrono strade che il cuore non capisce e la mente non sa spiegare.

Ma l'anima lo sa."

-Fabrizio Caramagna-

I mesi invernali passarono velocemente all'istituto di scuola superiore tra verifiche, interrogazioni ed eventi scolastici. 

In particolare ci furono molti seminari per introdurci nel mondo del lavoro e nel mondo universitario a secondo delle prospettive di ciascuno. 

Molti dei miei compagni, tra cui Lara, avevano il desiderio di andare a lavorare, mentre io e pochi altri volevamo andare all'università. Lara aveva un'inclinazione per i dolci e da sempre ne era appassionata così aveva deciso di frequentare un corso di pasticceria. 

Marco, invece, aveva la passione per il teatro e alla fine della scuola sarebbe partito per Roma con l'intento di frequentare un'accademia di recitazione. 

Quando entrambi mi comunicarono le loro intenzioni i momenti diversi, la mia domanda fu la stessa ma il bambino? Non volevo forzare le cose così lasciai che Lara fosse libera di parlarmi della situazione. 

La gravidanza sembrava non turbarli anzi, ai miei occhi sembrava stessero al meglio gestendo la situazione ma non mi sentivo particolarmente fiduciosa di questo. Lara si comportava come se non fosse incinta, bevendo continuamente e facendo serate per poi passare le notti a vomitare. Marco si preoccupava di organizzare il suo imminente trasferimento a Roma, insomma, sembrava che il bambino occupasse non il terzo e nemmeno il quarto ma il decimo posto nella loro classifica di priorità. 

Ritornando a me, in quei giorni mi guardai intorno per cercare un'adeguata università con un soddisfacente corso di lettere.

Molte università della zona di Napoli si presentarono nella nostra scuola, ognuna delle quali proclamandosi come la migliore. Di certo frequentare una facoltà nella città sarebbe risultato comodo ma da tempo mi sentivo fuori posto. 

Enrico era sempre più impegnato e sempre più spesso tornava a casa molto tardi dal lavoro. La mattina ci scambiavamo un bacio veloce e per tutto il giorno calava il silenzio. I primi tempi aveva l'abitudine di chiamarmi verso il pomeriggio tardo per sapere come fosse andata la giornata ma ultimamente aveva interrotto quell'abitudine. Per giunta mia madre non poteva ancora scendere per via dei preparativi del matrimonio che si sarebbe fatto da lì a breve.

Eravamo tutti impegnati a raggiungere i propri obiettivi che a stento, non coltivavamo più quelli già raggiunti composti dall'affetto. 

Non li biasimavo. 

D'altronde, anche io mi ritrovavo sempre sommersa da una serie di cose da fare come la spesa, la scuola, i compiti, sistemare casa e qualche volta vedere Enrico. In quel periodo concentrai tutte le mie forze sullo studio per non far emergere il mio disagio. Circondarmi di tutte le persone che amavo nella mia vita, mi avrebbe rasserenato. Come se non bastasse subentrò un momento di tristezza perché mi mancava mio padre. A volte pensavo a come starebbe stato se fosse stato ancora qui con me. Avrei voluto vedere il suo sguardo fiero il giorno della mia maturità o della laurea o di quando mi sarei sposata. 

La mancanza di un padre non verrà mai colmata, di questo ne ero cosciente.

Una domenica, mentre Enrico si trovata dalla madre e dalla figlia, mi dedicai a cercare qualche spunto per la tesina di maturità finché dei banner pubblicitari non colsero la mia attenzione. Uno di questi diceva: Laurea Triennale in Lettere - Università degli studi di Firenze- clicca qui ora.

Nel cuore di entrambi: il filo rossoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora