Capitolo ventitré.

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A svegliarmi sono le voci che provengono dal piano di sotto. Prendo il cellulare e controllo l'orario: sono le dieci di sera.
«Merda», dico con la voce impastata dal sonno e con tutte le mie forze scendo di sotto. Riduco istintivamente gli occhi in due fessure a causa della troppa luce che illumina la mia cucina.
«Ben svegliata», mi saluta mio fratello «hai fame?» mi chiede e scuoto la testa, guardando loro tre mangiare cibo spazzatura.
«Voglio il caffè prima, devo svegliarmi. Lasciatemi qualcosa, tra un po' mangio anche io», dico.
«Sbrigati, che qui Nash si sta divorando tutto», scherza Zayn e mi mette da parte un panino e delle patatine fritte. «Come stai?»
«Peggio di prima, forse. Ho dormito troppo e appena sveglia la mia mente ha subito pensato a Taylor», sbuffo mentre sorseggio il mio caffè. «I bambini dove sono?» domando.
«Hanno cenato e ora sono in camera di Grace a giocare», risponde Jade e annuisco.

Passo il resto della serata davanti al computer, in quanto sono rimasta indietro con il lavoro e devo ammettere che non ho proprio la testa al momento per pensarci.
«Che ne dici se domani dopo il lavoro andiamo all'ospedale da Taylor?» mi propone Zayn.
«Ma non devi tornare a Mooresville?»
«Ho già chiamato il capo, gli ho raccontato tutto e mi lascia un'altra settimana, ha capito la situazione», mi spiega.
«Bene, allora sì, domani facciamo così», rispondo e Zayn mi lascia un bacio sulla testa.
«Noi andiamo a casa, sperando di dormire un altro po', Ci vediamo domani, buonanotte», ci saluta Nash. Ricambio il saluto, bacio Justin sulla guancia e li lascio andare.

Sono le undici del mattino e sono nel bagno dell'università a piangere, non riesco a controllarmi.
«Alison? Sei qui?» riconosco la voce di Logan, che sta bussando a tutte le porte.
«Cosa ci fai nel bagno delle donne?»
«Ti stavo cercando, ovvio. Dai, vieni fuori e parla con me», insiste e decido di accontentarlo. Esco dai bagni e lo vedo con un bicchiere d'acqua in mano e me lo porge.
«Grazie», gli dico mentre passo il dorso della mano sul mio viso, per rimuovere le ultime lacrime uscite.
«So che è una domanda scontata, ma... come stai? Come ti senti? Non parlano d'altro in tutta la contea di Los Angeles. Anzi, in tutta la California e oltre»
«Non lo so come sto, so solo che sto provando molti sentimenti contrastanti. Sono triste, amareggiata, delusa, incazzata... soprattutto l'ultima»
«Non è colpa di Taylor, Alison, o almeno non del tutto, non possiamo sapere come si sentono queste persone o quello che gli dice la testa»
«Lo so, lo so. Magari se ci avesse ragionato un po' di più forse non lo avrebbe fatto»
«Credo che in quel momento lui pensasse solamente a porre fine alla sua astinenza e non credo sia stato facile per lui, avrà avuto una grande battaglia emotiva interna... chissà cos'ha passato»
«Non voglio nemmeno pensarci che mi sento male. Quest'attesa mi distrugge, non so se vivrà, se morirà, sono in uno stato perenne di ansia», rispondo e sospiro.
«Andrà tutto per il meglio, Alison, non puoi agitarti troppo nelle tue condizioni»
«Ci sto provando, ma purtroppo non posso controllare le mie emozioni. Comunque grazie, Logan. Sei veramente un grande amico», dico e lo abbraccio.
«Ci sono sempre, lo sai. E ora vai ad insegnare prima che ti licenzino», cerca di sdrammatizzare e ubbidisco al suo ordine, incamminandomi verso la mia aula.

Sono le tre del pomeriggio e io sono appena uscita dall'università. Come organizzato il giorno precedente, salgo in macchina e guido verso l'ospedale e una volta entrata vedo Nash, Jade, Zayn e i Jacks seduti.
«Novità?» domando e tutti e cinque scuotono la testa.
«Niente di niente, continuano a rispondere sempre la stessa cosa, ovvero che non si sveglia e che le sue condizioni sono critiche e bla bla», aggiunge mio fratello, evidentemente scocciato.
«Fantastico, cazzo», rispondo e mi siedo anche io, prima di scaraventare sul muro il vaso che si trova accanto a me.
«Quest'attesa mi uccide», sbuffa JackG e si alza, uscendo fuori.
Restiamo fino alle sei del pomeriggio, ma decidiamo di alzarci e tornarcene a casa. Oggi di Cameron nemmeno l'ombra, meglio così.
Decidiamo comunque di rimanere insieme a casa mia e mangiare in totale silenzio qualcosa d'asporto, adesso dobbiamo essere più uniti che mai, per Taylor. E io non posso rimanere sola con i miei pensieri, impazzirei.
Ad interrompere la nostra cena è il suono del campanello della porta. Aggrotto la fronte, non sapendo chi ci fosse dall'altra parte.
«Vado», mi limito a dire e cammino verso la porta d'ingresso.
«Audrey. Volevo dire Scarlett, che sopresa», la saluto.
«Ciao, Alison. Ti disturbo?» mi domanda, vedendo gli altri alle mie spalle e noto che ha un sacchetto in mano.
«No, entra. Vuoi qualcosa da bere?» la invito e nel mentre che fa un saluto generale, annuisce alla mia proposta. «Vino. Rosso, se ce l'hai».
Annuisco e in pochi secondi le porgo un calice con la bevanda all'interno.
«Ti chiederai perché sono qui dopo un mese che sono sparita»
«Immagino per Taylor», rispondo e annuisce.
«Già, volevo vedere come stavi. E ho portato un regalo», risponde e poco dopo svela il contenuto della busta: pasticcini.
«Lo sai che non resisto a questi», le dico e ne afferro due.
«Lo so, per questo li ho portati», mi sorride e la ringrazio.
«Mi dispiace per tutto quello che stai passando, Alison, davvero. Sei una donna molto forte»
«Beh, in qualche modo devo continuare a sperare che Taylor sopravviva e questo mi succhia via tutte le energie», ammetto e Scarlett annuisce in silenzio.
«Come va con Logan?» cambio argomento.
«Molto bene, ora viviamo insieme. Violet è molto felice», annuncia entusiasta e sorrido con lei.
«Sono molto contenta, te lo meriti», rispondo e mi sorride, mentre continua a bere il suo vino.
«Per tua informazione, non ha mai voluto sapere niente di suo padre», dice e un brivido mi percorre la schiena.
«La cosa non mi riguarda. Non più, ormai, quindi...»
«Oh, ho capito, non vado oltre», risponde e la ringrazio mentalmente.
Continuiamo a parlare del più e del meno, del mio lavoro all'università, del suo in ufficio e della sua convivenza, che la entusiasma molto. Sono felice che abbia finalmente trovato la sua strada.
«Sì, amore, torno subito», dice a sua figlia, presumo, e afferra borsa e giacchetto.
«Scusami Ali, devo scappare. Violet non riesce a dormire senza la mia buonanotte»
«Oh, certo, ti capisco. Grazie ancora per i dolci, ne avevo davvero bisogno»
«Figurati, era il minimo. Ci sentiamo, allora»
«Con piacere. Grazie di essere passata», le dico e mi sorride, uscendo di casa. Devo dire che mi aveva fatto piacere passare del tempo con lei.

Non appena varca la soglia, entra Cameron agitato e si fionda in sala.
«Ragazzi, dobbiamo correre in ospedale.»

Il migliore amico di mio fratello 3 || Cameron Dallas.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora