Libertà

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Quando Ariston si fu calmato, lui e Apollo usarono quel teletrasporto che chiamavano abbagliare fuori dalla sala del consiglio.

"Prima di entrare, Ariston," lo fermò Apollo. "Per favore, controlla il tuo umore, il consiglio parla sempre di più di Percy e dicono tutti che non riusciranno a vincere questa guerra senza di lui, cosa che trovo divertente visto che c'è voluta un'altra guerra perché tornassero in sé."

Ariston prese un momento per calmarsi un po' e andare mentalmente nel suo luogo felice. I brutti ricordi stavano già apparendo, senza richiesta. Poi fece un respiro profondo e annuì, facendo cenno ad Apollo per aprire le gigantesche porte.

Quando lo fece, Ariston riuscì a sentire gli dèi che litigavano. Le vecchie e familiari voci che litigavano portarono un'ondata di rabbia per un momento prima che la reprimesse. Tutti quegli anni. Non sapeva perché si aspettasse che cambiassero.

Eppure, se lo aspettava.

In qualche modo si aspettava che fossero un po' più maturi. Si diede mentalmente dell'idiota.

Prima che si potesse fermare, Ariston superò Apollo e si spostò al centro della stanza. Si creò una sedia e si mise a sedere. Con la coda dell'occhio, vide Apollo scuotere la testa divertito prima di sedersi sul suo trono.

Dei sacchetti di popcorn apparvero sulle gambe di Ariston e Apollo e iniziarono un gioco che consisteva nel lanciarsi i popcorn in bocca tra di loro. L'unica a notarlo fu Estia, che non era molto lontana da dove si trovava Ariston.

A un certo punto ci fu una pausa nella discussione su qualcosa di talmente ridicolo che Ariston non si disturbò a capire cosa fosse. "Vedo che questo non è cambiato," commentò con leggerezza Ariston, lanciandosi altro popcorn in bocca.

"Chi sei?" Chiese Zeus, puntando gli occhi sulla figura con mantello davanti a lui. Il suo viso era nascosto da un cappuccio e aveva una gamba incrociata sopra al ginocchio. Tra le mani aveva ancora il sacchetto di popcorn che era quasi finito fortunatamente.

"Non avete bisogno di me?" Ariston alzò un sopracciglio anche se nessuno lo poteva vedere. Iniziò ad alzarsi, facendo scomparire la sedia. "Perché posso andare a casa se volete."
"Bisogno di te?" Artemis sibilò leggermente. Secondo Apollo, non era più stata la stessa dopo che Percy era morto e Ariston lo notava ogni volta che la vedeva.

"Avevo l'impressione che aveste bisogno del mio aiuto," chiarì Ariston. "Non era così, Apollo?" Si girò verso il dio del sole, allungando le mani in segno di innocenza.

Apollo annuì. "Lord Zeus, questo è l'aiuto di cui ho parlato," gli disse, accettando il sacchetto di popcorn dal suo amico.

"Quale è il tuo nome, ragazzo?" Chiese Ares.

"Oh, sono tutto tranne che un ragazzo," disse Ariston disgustato. "Un mostro se volete, ma mai un ragazzo. Ho visto troppo."

"Chi sei?" Urlò Zeus

Ariston irrigidì la schiena per stare dritto. "Io sono Ariston, dio della caccia, della lealtà e dei semidei," disse con voce ferma. Normalmente non avrebbe tirato fuori i suoi titoli, ma aveva la sensazione che gli dèi dovevano sapere che non era obbligato a inchinarsi a loro. Anzi, non era obbligato neanche a chiamarli 'lord' o 'lady'.

Ci volle un secondo un secondo perché Ariston capisse il motivo per cui tutti guardavano lui e Artemide con sguardi accusatori. "Aspettate, hey, non quella caccia!" Protestò, "Dèi," mormorò prima di continuare, "Intendo dei cacciatori."

"Non esistono i cacciatori," disse Artemide. "Lo saprei."

"Mi permetto di dissentire, mia signora," Ariston si inchinò alla vita verso la dea. "Ci sono molte cose che non conoscete. Una di queste è il mio gruppo di cacciatori."

I Cacciatori di Apollo (Percy Jackson fanfiction) [traduzione di Apollo's Hunt]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora