Capitolo 1

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Ero sempre stata una persona abbastanza fortunata, per la maggior parte delle volte, almeno

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Ero sempre stata una persona abbastanza fortunata, per la maggior parte delle volte, almeno. Una ragazza che aveva tutto quello che ogni adolescente desiderava. Una bella casa, un buon padre, delle brave amiche, un fidanzato perfetto e dei voti fantastici a scuola ma, sentivo che mancava sempre qualcosa, un pezzo della mia vita che non riuscivo a trovare. Come se avessi perso il tassello per completare il mio puzzle della vita.

Prima pensavo che quel puzzle rappresentasse mia madre, tre anni fa venne a mancare. Per me fu come una doccia gelata, come se Dio mi stesse spiattellando in faccia che era arrivato il momento di maturare, di non dipendere più dai miei genitori e cominciare ad avere un po' di indipendenza. Prima ero una ragazzina che si faceva viziare dai suoi genitori ricchi, ma quando persi mia madre persi anche una parte di me e capì che dovevo cominciare a farmi le ossa da sola.

In un anno divenni il capo cheerleader della mia scuola, mi creai un gruppo di amiche e adocchiai il capitano della squadra di basket. Ryan era bellissimo, la sua altezza mi sovrastava ogni volta mentre mi trafiggeva con i suoi occhi marroni. Non ero sicura che io provassi lo stesso sentimento che provava lui per me, ma ero troppo ingenuaa per lasciarlo. Mi trattava sempre nel migliore dei modi, mi riempiva di messaggi dolci, di vestiti firmati e rose profumate. Era dolce, certe volte anche troppo per il mio carattere però mi piaceva stare con lui.
Le mie amiche lo adoravano, grazie a lui conobbero i loro fidanzati e gli erano eternamente grate.
Eravamo soliti a fare delle uscite in sei. Andavamo spesso al cinema, al bowling, alle feste liceali e le discoteche, insieme ci divertivamo un sacco.

Ma in una sera, a cena sul tavolo grande della cucina di casa mia, non avrei mai pensato che mio padre mi annunciasse una cosa del genere. Seduto a capo tavola, Vince Lawrance, l'architetto più famoso di New York, mi stava annunciando che tra tre giorni avremmo cambiato casa, ma soprattutto città.

La forchetta mi cadde dalle mani, non potevo credere a niente del genere, guardavo l'uomo davanti a me con la bocca spalancata e gli occhi sbarrati. Se questo era uno scherzo, non era affatto divertente.
Renesmee, mia sorella minore di quindici anni, si era letteralmente bloccata, fissava mio padre scioccata e senza parole.

«Papà, non scherzare dai...non è affatto divertente.» pronunciai incredula, scuotendo il capo e raccogliendo la mia forchetta dal tavolo.
«Ma si che sta scherzando. Vero, papà?» disse mia sorella, in preda al panico totale.
Ma mio padre mi guardò con una luce strana, non stava affatto scherzando.
«Eve...» provò a dire «Renesmee...» continuò, ma il tonfo della mia sedia che strisciò all'indietro lo bloccò.

«Non ci posso credere! Sei serio!» sbottai ormai in collera. Mi portai una mano in mezzo ai lunghi capelli rossi ereditati proprio da lui, e lo guardia con tanto odio. Renesmee restò seduta sulla sedia mentre guardava un punto fisso senza proferire nessuna lettera.

«Eve, tesoro, per favore, parliamone.» proruppe mio padre alzandosi e andandomi incontro, ma io mi allontanai facendo dei passi indietro.
«Quando avevi intenzione di dirmelo? Non ti è balenata in testa l'idea di avvertirmi prima?!» ero un fascio di nervi, nella mia testa c'era solo caos e le uniche cose che riuscivo a pensare erano le mie amiche e Ryan. Probabilmente a lui sarebbe solo venuto un colpo al cuore. Chissà cosa sarebbe stato di noi due, della nostra relazione e dei miei amici.

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