Capitolo 4

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Cosa c'era peggio di un lunedì mattina? Niente, sicuramente

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Cosa c'era peggio di un lunedì mattina? Niente, sicuramente. Come la sveglia che suonava alle sette di mattina in una città che non era tua. Non era passata del tutto una settimana, ma ogni giorno che mi svegliavo qua, nessuno mi toglieva le lamentale.

Stavo andando a scuola ed ero appena uscita dalla mia camera, quando mia sorella piombò in camera mia con un viso sconvolto.

Indossava l'accappatoio e il turbante intorno ai capelli.

«Non so cosa mettermi. Ti prego, Eve, aiutami.» piagnucolò sedendosi sul mio letto e congiungendo le mani come in una preghiera. Sbuffai, era solita a non saper mai cosa indossare, a differenza mia che su questo avevo le idee abbastanza chiare. Veniva ogni mattina da me e mi implorava di aiutala.

«Madonna, ma ogni giorno non hai idea di cosa indossare? Sei stancante!» ad un certo punto spalancò gli occhi e come se le fosse appena venuta un'idea. «Oddio, so benissimo cosa mettere! Grazie lo stesso, Eve!» esclamò euforica prima di catapultarsi fuori la mia camera con velocità.

Rimasi scioccata spalancando gli occhi: «Okay, va bene...non ho una sorella pazza che urla in continuazione. Decisamente no, è solo un brutto sogno.» mi guardai per l'ultima volta allo specchio.

Indossavo dei jeans semplici, con una T-shirt con uno scollo V bianca e ai piedi portavo le converse basse dello stesso colore della maglietta. I capelli erano semplicemente lisci. Avevo truccato poco gli occhi con del correttore e il mascara, cercando in tutti modi di coprire le mie lentiggini, ovviamente con scarsi risultati.

Mi guardavo allo specchio toccando quei puntini neri sulla pelle e mi dissi: «Sei bella lo stesso, Eve, non ti fare mai buttare giù dagli altri.» in realtà queste erano le parole che mi diceva sempre mia madre.

Come tutte le ragazze nel mondo, anch'io avevo dei giorni in cui non mi piacevo, soprattutto a causa delle mie lentiggini, non era una caratteristica molto diffusa per le ragazze e per questo mi sentivo diversa. Ma quando ne parlai con mia madre, lei mi disse che la bellezza stava nelle piccole cose e che non dovevo mai farmi abbattere. Così era quello che mi ripetevo ogni volta che non mi piacevo. Funzionava  sempre.

Guardai l'ora nel mio orologio al polso, dovevo andare giù a fare colazione, stavo per scendere fin quando non mi ricordai che sul naso portavo ancora i miei occhiali da vista. La miopia era sempre stata una delle caratteristiche che avevo fin da piccola, ma che nascondevo dietro le lenti. Le portavo da quando avevo tredici anni, certe volte mi scordavo di toglierle e mi addormentavo con esse ancora indosso.

Corsi in bagno sfilando i miei occhiali e posandoli sulla mensola sopra il mio lavandino. Presi la mia scotola delle lenti e in un attimo ne infilai una per occhio. Incomincia a vedere a trecentosessanta gradi, e in un modo più limpido di un paio di occhiali sempre sporchi.

Una volta finito, scesi subito in cucina. Mio padre, come sempre, aveva preparato i suoi amati pancakes.
«Buongiorno.» lo salutai non appena entrati dentro la stanza. Lui si girò con una pezza poggiata sulla spalla e mi sorrise. Avevo smesso di avercela con lui, ero ormai grande per questa cazzate.

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