CAPITOLO 28

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 Quando Dave aprì gli occhi, il mattino successivo, il primo pensiero che gli attraversò la mente fu se quello che aveva vissuto era stato reale o solo un sogno, un magnifico sogno.

Riconobbe la camera del cottage e le sue labbra si tesero in un lieve sorriso che si accentuò quando, volgendo il capo alla sua destra, trovò i dolcissimi occhi di Emily che lo scrutavano.

Non aveva sognato! Quella splendida creatura era reale ed era lì accanto a lui.

Si girò sul fianco, in modo da averla di fronte a sé: "Buongiorno..." mormorò per poi avvicinarsi a cercare le sue labbra.

Si erano amati per gran parte della notte, ma lui non ne aveva ancora abbastanza. Avvertiva un bisogno bruciante di toccarla, accarezzarla, sentirla, quasi avesse timore che scomparisse da un momento all'altro, che le scivolasse via tra le dita come sabbia o, peggio ancora, che diventasse impalpabile, evanescente come un'illusione.

"Buongiorno anche a te" rispose lei in un sussurro, per poi lasciarsi accogliere dalle sue braccia, che si chiusero intorno al suo corpo con fare protettivo. Era bello sentirsi così, al sicuro, finalmente libera da quella sottile ansia che, la costringeva a essere sempre vigile, con i sensi costantemente all'erta. Ed era ancora più bello poter smettere le vesti di Ruth Gordon per tornare a essere Emily Foster, senza la paura di dire o fare qualcosa di sbagliato che potesse rivelare la sua vera identità. Con Dave poteva ricordare, parlare del passato senza omissioni o mezze verità, poteva condividere la sua vera essenza, senza veli, senza ostacoli e si rese conto che ne aveva bisogno al pari delle sue braccia che la cullavano, delle sue mani che, instancabili, percorrevano il suo corpo e delle sue labbra che continuavano a baciarla.

"Dobbiamo alzarci, non possiamo rimanere a letto tutto il giorno" gli disse alla fine cercando di prendere le distanze da lui.

"E perché mai? In fondo dobbiamo recuperare sette anni... O sei già stanca?" la provocò.

"Non mi stancherò mai di te capitano Wilson, ma credo che dovremmo anche parlare."

"Parlare? E di cosa? Credevo di essere stato abbastanza chiaro questa notte..."

"Dave! Tu ti stavi per sposare!" lo rimproverò "E io non voglio sentirmi responsabile anche di questo..."

"Responsabile di cosa? Davvero non capisco..."

"Non voglio essere il motivo della rottura fra te e la tua fidanzata."

Dave si fece scuro in volto e si mise a sedere nel letto poggiando la schiena alla spalliera: "Emily cosa stai cercando di dirmi? Che è stato un errore? Che sei pentita? Che devo andarmene?" chiese alzando via via il tono della voce perché aveva paura, una dannata paura che gli rispondesse di sì.

Ma lei sgranò gli occhi: "Come puoi chiedermi questo? Non ho mai smesso di sperare che tu tornassi da me... Ogni giorno per sette anni ho desiderato che questo accadesse, ma sapere che la mia felicità prova infelicità ad altri mi fa sentire in colpa..."

A quelle parole l'espressione di Dave si addolcì. "Non sei tu che devi sentirti in colpa. Se c'è qualcuno che ha sbagliato, quello sono io! Sono io che non ho avuto il coraggio di seguirti sette anni fa, sono io che mi sono illuso che quello che provavo per Jennifer fosse amore, e ho illuso anche lei e sono ancora io che ho rinunciato a lottare, credendo stupidamente di poterti dimenticare... Ma quando ho ritrovato i tuoi disegni ho capito che stavo mentendo a me stesso, che la vita che stavo vivendo era una colossale bugia perché solo con te mi sono sentito davvero vivo. E' te che voglio Emily, ho sempre voluto solo te. Anche se tu rinunciassi a noi, io non potrei mai tornare da lei perché non la renderei felice e non lo sarei neppure io..."

IDENTITA' NEGATADove le storie prendono vita. Scoprilo ora