Capitolo 44

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 Emily aveva la sensazione di vivere una vita a metà. C'era il presente, in quella casa, insieme a quelle persone, Andrew e Diana, che si professavano sue amiche, ma verso le quali non nutriva sentimenti se non una sottile riconoscenza; c'era il futuro, che tuttavia non riusciva a immaginare in alcun modo, ma non c'era il passato.

Se Emily si guardava indietro, i suoi ricordi non andavano al di là di qualche settimana, quando si era svegliata proprio lì in quella casa. Se cercava di andare oltre trovava solo il buio o, al massimo, poche indistinte immagini dai contorni sbiaditi, come vecchie fotografie ingiallite dal tempo, che non riusciva a collocare in un ordine cronologico. Era come leggere un libro al quale mancavano numerose pagine, per cui la storia che ne veniva fuori era piena di lacune, di ammanchi e non aveva un senso.

Andrew le aveva detto che era sposata, ma che suo marito era un violento. Possibile che non ricordasse nulla?

Si tolse la fede e guardò l'incisione all'interno: "con tutto il mio amore Dave 25/03/2020." Non era passato neppure un anno e il suo matrimonio era già arrivato al capolinea?

Si portò la mano al collo, cinto da una sottile catenina d'ora con appeso un curioso ciondolo raffigurante due mani intrecciate. Lo rigirò pensierosa tra le dita e le sembrò di ricordare qualcosa: un mercato, delle bancarelle, dei disegni... Forse l'aveva acquistato lì?!

C'era un'altra immagine che le si presentava ricorrente alla memoria: quella di un cottage che si affacciava sul mare, con un piccolo giardino sul retro. Non sapeva dire dove fosse e se fosse reale, o solo frutto della sua fantasia, ma quando ci pensava, provava una sensazione di profondo benessere e si ritrovava a sorridere tra sé e sé.

Un leggero bussare alla porta della camera la distrasse: "Avanti!" disse.

Era Diana con un vassoio e due tazze fumanti. "Come ti senti? Ho pensato che gradissi del tè..."

"Ti ringrazio. Fisicamente sto molto meglio, ma..."

"Ma?"

"Ho tante domande che non trovano risposta e mi sento così confusa..."

Diana sorrise incoraggiante: "Hai avuto un brutto incidente, lo sai! Ma non preoccuparti io e Andrew ti aiuteremo a ricordare ogni cosa... anche se non credo sia un bene."

"Che intendi dire?"

Diana sembrò incerta se continuare o tacere, poi decise di parlare: "Tu amavi molto Dave, ne eri profondamente innamorata. Ma dopo il matrimonio lui è cambiato o, più semplicemente, si è dimostrato per quello che realmente è: un violento e un traditore. Dopo la morte dei tuoi genitori ti sei affidata completamente a lui e lui ne ha approfittato. In meno di un anno ha speso tutti i tuoi soldi rendendoti dipendente da lui, ti ha impedito di vedere i tuoi amici; praticamente ti ha rinchiuso in casa, ma la cosa peggiore è che ti picchiava senza ragione e ti tradiva... Tu hai tenuto duro per un po', ma poi non ce l'hai più fatta e sei scappata... Il resto lo sai."

"E tu e Andrew?"

"Noi ci eravamo offerti di aiutarti. Il giorno in cui sei fuggita dovevamo incontraci per portarti fuori dalla contea e non vedendoti arrivare ci siamo preoccupati. Siamo venuti a cercarti e ti abbiamo trovato priva di sensi sbalzata fuori dalla tua auto."

"C'era qualcuno con me?"

Diana non rispose ed Emily ripeté la domanda: "Ero sola o c'era qualcun altro insieme a me?"

"Tuo figlio... In auto c'era tuo figlio... Ma, purtroppo, non ce l'ha fatta."

Emily sbarrò gli occhi: "Io avevo un figlio?"

"Sì!"

"Io avevo un figlio e l'ho ucciso?!"

"E' stato un incidente Ruth... Abbiamo saputo che Dave ha denunciato la tua scomparsa, ma se ti dovesse ritrovare non ho idea di cosa potrebbe farti."

A quelle parole un brivido di paura corse lungo la schiena di Emily che però disse: "Forse è quello che mi merito!"

"Non è vero! Tu hai cercato solo di mettere in salvo te e il tuo bambino. Hai agito pensando di fare il meglio per entrambi, ma il destino ha voluto diversamente... Ora, però, è opportuno che ti lasci riposare. Parleremo ancora questa sera a cena."

Una volta rimasta sola Emily si interrogò a lungo sulla sua famiglia. Diana le aveva detto che nell'incidente era morto suo figlio. Ma come poteva essere che non provasse nessun senso di colpa, nessun dolore? Che razza di donna era? Capiva la perdita di memoria, ma come poteva aver cancellato dal proprio cuore anche quel legame così speciale, che unisce una madre al suo bambino? Le avevano anche detto che i suoi genitori erano morti, ma aveva dei fratelli? Delle sorelle? O altri parenti? Dov'era cresciuta? Che scuole aveva frequentato? E Dave, come lo aveva conosciuto?

Si ripromise di porre tutte quelle domande ad Andrew, perché se voleva andare avanti aveva assoluto bisogno di capire chi era e qual era la sua storia.

Con orrore si rese conto di non conoscere nulla di sé. Se le avessero chiesto cosa le piaceva, qual era il genere di musica che ascoltava o che tipi di libri amava leggere, lei non avrebbe saputo rispondere.

Lentamente si avvicinò allo specchio posto sopra il tavolino da toilette e si guardò. Una giovane donna la osservava: il viso era regolare, come tanti, il naso piccolo, con le narici forse un po' troppo grandi, era sormontato da un ponte di lentiggini che sfumavano verso gli zigomi, le labbra erano piene e rosate e conferivano a quel volto un'aria di dolcezza. Una cascata di riccioli castani lo incorniciavano e ricadevano disordinati sulle spalle. Gli occhi, leggermente a mandorla, avevano un colore indefinito: un misto di verde, oro e marrone. Ma non fu quello a colpirla, quanto ciò che vi lesse dentro: il vuoto... Eppure quegli occhi avevano sorriso, pianto, si erano sorpresi e incupiti per quello che avevano visto, ma non era rimasto nulla, come se all'improvviso una colata di grigio avesse cancellato tutti i colori della sua vita.

"Ciao Ruth..." mormorò, alzando una mano a toccare la sua immagine riflessa, che le sorrise triste.

"Perdonami, non mi ricordo di te, ma di te mi prenderò cura e ti prometto che insieme usciremo da quest'incubo."

IDENTITA' NEGATADove le storie prendono vita. Scoprilo ora