NOTE: eccomi di nuovo, con un capitolo chiamiamolo di passaggio. Spero che vi possa piacere e scusate l'attesa ma un mio collega ha preso il Covid e quindi siamo in meno a lavoro!
Buona lettura, Pando
QUINTO CAPITOLO
Non ero ancora stata in grado di aprire quel maledetto file per scoprire cosa avessi scritto praticamente quasi un mese fa. Avevo paura, ansia da prestazione e giudizio nei miei confronti, quindi da vigliacca ogni santo giorno passavo il cursore sopra al documento ma non cliccavo mai. Lasciavo che rimanesse lì, a guardami, relegato al Desktop.
"Emily, hai finito il lavoro sulla moda Newyorkese?" Ero a lavoro, seduta nel mio piccolo cubicolo aperto, cercando di concentrarmi sui mille lavori che a volte mi passavano i miei colleghi e a volte mi lasciavo a metà per mancanza di tempo. Ero particolarmente stressata.
Jenny si appoggiò sulla mia scrivania, guardandomi dritta negli occhi. Era il mio supervisore, responsabile o come si voleva fare chiamare, ed era lei che controllava che io facessi bene il mio lavoro. Aveva 34 anni, bionda, alta, gambe lunghe e sempre chiusa in tubini e gonne alla "vedo non vedo". Era una donna intelligente, attraente e non poche volte mi ero ritrovata a fissarla da lontano. Ma era anche fuori dalla mia portata e inoltre, sapeva essere perfida quando lo voleva.
Ricordai di aver terminato quel lavoro alle 3 di notte e di averlo riguardato quella mattina stessa.
"Ciao Jenny" anticipai "te lo mando subito per mail" velocemente, inviai il documento e la riguardai.
"Hai bisogno di altro?" Le sorrisi, senza voler essere aggressiva. Lei mi squadrò con un sorriso furbo, osservai le sue mani che tamburellavano sulla mia scrivania, mentre appoggiava il didietro sul ripiano, come se non volesse andarsene.
"Ultimamente ti vedo un po' .. sfuggente" mi disse, mentre con una mano si metteva i capelli dietro l'orecchio. Aveva sempre la manicure perfetta, trucco equilibrato e non pesante, era ordinata e dava l'idea di una persona che voleva avere il controllo di tutto. Però aveva qualcosa, qualcosa che mi attirava. Non conoscevo il suo orientamento sessuale ma a volte sembrava volesse flirtare con me. Sicuramente erano solo che mie impressioni e nient'altro.
Mi sorpresi che anche solo badasse ai miei comportamenti, quindi quella frase mi spiazzò per un momento. Mi girai meglio verso di lei, seduta sulla mia sedia a rotelle.
"No scusami, è un periodo particolare e caotico e quindi a volte mi perdo. Giuro però che prendo seriamente quello che faccio" lei annuì e io presi a giocherellare con una penna che avevo in mano.
"Problemi di cuore?" La fissai io, questa volta. Dove voleva andare a parare?
"Anche" dissi, con un sospiro. Da quella sera, quella sera in cui stavo per fare la cosa più sbagliata e bella allo stesso tempo, avevo evitato a tutti i costi Sue. Erano passate due settimane. Due lunghe settimane di pensieri. Lei aveva provato a scrivermi ogni tanto, senza essere pressante, ma io le avevo sempre risposto in maniera fredda e probabilmente ad un certo punto ci aveva lasciato perdere. Il che era meglio, perché la situazione era complicata e non mi serviva niente di complicato, però era inutile dire che era entrata nella mia testa e difficilmente riuscivo a pensare ad altro durante la giornata.
Presa dai miei pensieri, non mi ero neanche resa conto che si fosse alzata dalla scrivania.
"Beh Emily, se hai bisogno, io sono di là" indicò la porta del suo ufficio e disse quella frase come se fosse un invito ad entrare.
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Easy on me
RomanceEmily Dickinson ha sempre voluto scrivere storie, è sempre stata una sua passione. Sue Gilbert si è appena trasferita da Londra, per una nuova avventura in America. L'incontro è ad una festa, e lì scatta qualcosa. Qualcosa che non può essere, perc...