NOTE: Volvevo scusarmi con tutti voi per non aver aggiornato la scorsa settimana, ma sono veramente stata impegnata ed è stato difficile fare tutto!! Spero che questo capitolo possa piacervi, se avete critiche o domande sono qua per voi :) buona lettura, Giulia (Pando)
Ero in un vortice di sentimenti, vortice di sentimenti che mi faceva deconcentrare spesso e mi faceva sentire sulle nuvole. Era Sue. Era la sua risata, la sua presenza nella mia vita, il suo sguardo dolce e quel nasino piccolo che arricciava sempre quando faceva il muso.
Mi sentivo piena, sentivo il cuore pieno. Non mi importava cosa mangiassi, le persone che passavano nella mia vita, il mio lavoro: il mio cervello e il mio cuore erano totalmente governati dalla ragazza apparsa da Londra pochi mesi fa. E tutto ciò, mi faceva paura. Era una bella paura, una paura che non mi faceva allontanare da lei, ma tutte le mie sicurezze, il mio savoir faire, il mio brillante modo di fare, non esistevano se lei era con me.
"Io il quadro lo metterei lì comunque", mi guardò, mentre ero immersa a trovare il posto giusto per un quadro a cui Sue teneva. "Sopra il divano, è abbastanza grande e occupa il giusto spazio"
Il divano era già posizionato ed era come lo voleva: di pelle nera, ma di quella screziata, anni'80. Tutti i difetti del divano lo rendevano unico nel suo genere. Il quadro era perfetto perché un astratto dai colori caldi, che davano quel contrasto armonioso. Ero brava a riempire i vuoti, mi era sempre riuscito bene. Lei si concentrò, guardò me e guardò il quadro, lo provò e vidi nei suoi occhi un lampo.
"Tienimelo un attimo", mi disse. Lo presi e lo misi alla giusta altezza.
"Ok affare fatto, hai ragione" io scrollai le spalle, soddisfatta.
"Bada bene, io ho sempre ragione" appoggiai il quadro per terra delicatamente, con un sorriso sornione. La sentii avvicinare, mi prese da dietro e si avvinghiò a me. Appoggiò il mento sulla mia spalla, e dondolammo per un po', in silenzio. Essendo l'appartamento in alto, non si sentivano particolari rumori della strada. In sottofondo la musica che risuonava, con eco, nelle stanze, ancora semivuote.
Chiusi gli occhi, godendomi il momento. Intrecciai le mie mani alle sue e portai il capo indietro, completamente fluida. Era strano dirlo, ma mi sentivo fluida, mi sentivo leggera. Era l'effetto di Sue, solo lei riusciva a farmi sentire così. Dopo un attimo che sembrò infinito, alzò il momento dalla mia spalla.
"E comunque, io ho sempre ragione, non te" si fece una risata e cominciò a farmi il solletico: lo sapeva, quanto lo soffrivo. Cademmo sul divano, un po' impolverato, come d'altronde eravamo noi.
"Basta Sue!" risi fino allo stremo, provando dolore agli addominali per niente allenati: palestra e sport non erano il mio forte. Muoveva le mani sul ventre avanti e indietro, e soffrivo e mi contorcevo sotto il suo corpo.
"Adesso devi dirlo se vuoi che smetta" e non me lo feci ripetere due volte.
"Hai ragione tu, sempre!"
E mentre lo dicevo, mi scappo' una risata poco controllata. Lei smise di farmi il solletico, come promesso.
"Devi sembrare convinta però.."
E non la feci finire. Avevo troppa voglia di baciarla. Presi il suo viso tra le mie mani e le sfiorai le labbra, inizialmente con leggerezza, per poi approfondire il bacio. L'avevo presa in contropiede, e lo capii subito. Accennò un sorriso prima di prendere parte a quello scambio così dolce e sensuale che mi faceva uscire fuori di testa.
Le sfiorai il ventre, portando la mano sotto alla felpa marrone, stile vintage, che le fasciava l'addome. Sentii un gemito e ne fui soddisfatta. Le sue mani erano tra i miei capelli, e le nostre guance erano arrossate e piene. Piene di noi. Ma dopo pochi istanti, una voce, oltre la musica, risuonò nel locale.
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Easy on me
RomansaEmily Dickinson ha sempre voluto scrivere storie, è sempre stata una sua passione. Sue Gilbert si è appena trasferita da Londra, per una nuova avventura in America. L'incontro è ad una festa, e lì scatta qualcosa. Qualcosa che non può essere, perc...